venerdì 16 dicembre 2011

Prove di caccia al clandestino

Agosto 2009: nonostante le polemiche, i numerosi appelli, le raccolte di firme su Facebook, le lettere al Presidente della Repubblica, pare che sia proprio cominciata sulle spiagge italiane la caccia ai clandestini.
In una tranquilla mattina vacanziera, nella massima calura estiva sospesa su di un mare appena ventilato, sbuca  di sorpresa da dietro le cabine di una spiaggia ligure affollatissima un manipolo di guardie di finanza vestite di tutto punto, comprese pistole nella fondina e un manganello in mano a uno di loro. Si dirigono in ordine sparso verso i muretti e dietro le barche che costeggiano la spiaggia libera delle vecchie 'fornaci' di Savona, talvolta luogo di sosta dei vu' cumprà durante i loro lunghi e sovraccarichi percorsi sul lungomare. Un "rastrellamento" davvero paradossale, considerato che i giudici di pace, già allarmatissimi per la mole di lavoro che si prospetta, hanno dichiarato di non volersi occupare del reato di clandestinità se non dopo il 16 settembre. Ma la manovra così spettacolare sembra fatta più che altro per intimidire. Negli anni scorsi passavano moltissimi venditori ambulanti in confronto a quest'anno, si erano cominciate a vedere anche alcune donne africane sovraccariche di vestitini e asciugamani, che riuscivano perdipiù a tenere in equilibrio sulla testa, oltre che sulle braccia, ancora altra mercanzia. Ma quest'anno, spariti quasi tutti.
Quelli rimasti si notano ancora sugli autobus negli orari serali del ritorno dalle coste più turistiche oppure sui treni per Genova.
Proprio alla vigilia di ferragosto, su uno di questi autobus che rientra da Finale Ligure, così carico di turisti, bagnanti e lavoratori stagionali che ad alcune fermate non è stato possibile raccogliere altri passeggeri, ecco un'altra sorpresa che lascia tutti sbigottiti. L'autobus viene fermato e fatto accostare a destra da un uomo in borghese che si rivela poi evidentemente un poliziotto. Viene aperta soltanto una porta e l'uomo in borghese comincia a gridare senza preamboli: «Hai i documenti? Fammi vedere i documenti! Scendi subito! ». Senza salire si rivolge all'uomo di colore che vede più vicino alla porta. Accanto a quest'ultimo si notano altri due o tre africani con le sacche piene degli oggetti del loro modesto commercio e sparsi per la vettura se ne conteranno al massimo altri due o tre. Più mimetizzati nella folla, di bassa statura, silenziosi e appartati, osservano la scena anche due indiani o cingalesi con le loro tavole ripiegate grondanti gioielli artigianali o bigiotteria. Uno zainetto sparisce velocemente sotto un sedile, ma non si notano gesti scomposti o particolarmente agitati.
Gli indiani mostrano un distacco orientale esemplare: non fanno una piega. Quando l'autobus, passata questa lunga attesa, ripartirà, loro saranno rimasti ai loro posti con le loro borse e tavole regolari o irregolari che siano.
Tutti indistintamente siamo stupiti per questa inusuale fermata: un autobus stracarico fermo sul ciglio della strada senza che sia successo niente, tutti fermi all'interno, nessuno che scende, un uomo che grida da basso con una radio in mano, gli automobilisti che, sorpassando, si affacciano incuriositi, il traffico rallentato… ed è quasi ora di cena. I minuti passano ma continua a non succedere niente. Si aspetta di vedere che cosa accadrà. Gli indiziati clandestini, ben lontani dall'obbedire alle grida di scendere, a poco a poco scivolano tutti verso la coda dell'autobus, ma sono imbottigliati, la loro situazione sembra senza uscita. Forse tra poco l'uomo in borghese o qualche guardia salirà sull'autobus, comincerà a chiedere a tutti i documenti (tra parentesi non so se io li ho portati…), le persone assiepate si accalcheranno ancor di più, i numerosi bambini e ragazzini di una colonia rideranno o piangeranno, non si sa, può darsi che scoppi anche qualche tafferuglio. Una delle guide del gruppo di ragazzi comincia a preoccuparsi, ne fa spostare alcuni di lato; un'altra invece fa una battuta su uno dei ragazzini sotto la sua custodia che ha la pelle scura: «Attento, ora prenderanno anche te!». «Ma io sono italiano!» risponde lui immediatamente. I compagni ridono e continuano a giocare coi loro giochi elettronici e telefonini.
L'uomo che aspetta fuori dell'autobus invece continua a essere particolarmente concentrato sui neri, persiste nel fare le stesse domande sui documenti o sull'identità, cui nessuno risponde.
Sarà già passato un quarto d'ora o venti minuti e l'uomo con la radio pare sollevato. «Finalmente! Era ora!» Sulla corsia opposta sta lentamente procedendo una volante della polizia, si profila poco distante anche un'auto dei carabinieri. Non riesco a seguire più bene dal finestrino i movimenti dell'uomo, che dev'essersi diretto insieme con l'autista ad accogliere gli altri poliziotti sopravvenuti.
Ma i colpi di scena non mancano su questa corriera trasformata per una manciata di minuti in una diligenza del Far West… Inaspettatamente qualcuno riesce a forzare con il solo impiego delle braccia la porta posteriore: gli africani si dileguano velocemente a lunghe falcate. I ragazzini, che hanno visto meglio la scena, mi dicono che sono riusciti ad aprire la porta spingendola tutti insieme. Nessuno li insegue, guardandosi intorno non si scorgono nemmeno più.
Ripartiamo senza che salga nessun controllo.


(28-8-09, Direfarebaciare)

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