"Non
cercata, ho una prova che l'Evento non è una chimera, un'invenzione mia. In
mezzo ai binari vedo sfilare una famiglia di camosci. Due femmine, un maschio,
e i cuccioli. Scesi a valle dai monti. Mai accaduto a memoria d'uomo. Del resto
ho notato qualche altro segno di buon auspicio. Gli uccelli fanno un baccano
indiavolato, si sono moltiplicati. Sono ricomparsi molto numerosi, con mio
piacere perché li ho sempre apprezzati, in senso musicale, i notturni. Le
strigi, i gufi, gli allocchi, e le civette, s'intende. L'istinto li avverte di
una novità in cui certo non speravano; il grande Nemico si è ritirato. Non ci
sono più fumi nell'aria, a terra non ci sono più puzzi o frastuoni. (O genti,
volevate lottare contro l'inquinamento? Semplice: bastava eliminare la razza
inquinante). Può darsi che questo scorcio di primavera freddo, nebbioso, li
incoraggi. Ieri a tramonto un duetto, più espressivo di quello di Lévy e
Malinowski, fra civette. Una delle due, la femmina?, teneva il suo verso
distinto dal verso del compagno, di un semitono, e non variava se non a
intervalli piuttosto lunghi e press'a poco uguali. La melopea ha del primitivo,
non del lugubre, come tutti dicevano. Ho interloquito, senza cercare di
imitare, insistendo su una nota bassa, appena accordata alle loro, in bordone.
Ho anche tentato una dissonanza. Pare che non gli dispiacessi. perché si sono
avvicinate. Abbiamo gusti in comune, il bosco e la notte; sono nittalopo e
nottivago quasi come loro, e anch'io, se canto, canto di notte. A parte che le
mie corde vocali, a differenza delle loro, sono state trattate alla nicotina.
Così
vado commentandomi, esorcizzandomi, la fine del mondo. O quel tanto di analogo
che si svolge sotto i miei occhi." (Guido Morselli, Dissipatio H.G., Adelphi, Milano 1977, pagg 55-56)mercoledì 21 gennaio 2015
Sparizione della specie umana e sopravvivenza degli animali
Frammento tratto da Dissipatio H.G. di Guido Morselli
venerdì 2 gennaio 2015
In che senso dico che i miei romanzi sono anoressici?
Rifiutano
di nutrirsi, di lievitare, di diventare voluminosi. Come? Per esempio, disdegnando
l'accumulo di particolari. Non amo i cosiddetti dettagli, considerati dagli estimatori
del cosiddetto realismo segnali determinanti per ancorare il testo alla realtà (o meglio, all'apparenza visibile,
poiché che cosa sia veramente la realtà
non so fino a che punto interessi al narratore comune). Non si tratta di un semplice gusto o capriccio. Un certo numero di particolari mi paiono proprio inutili e assurdi. Prendiamo questa frase di Charles D'Ambrosio, autore americano contemporaneo per molti aspetti di talento, un buon autore tradizionale (cito lui perché gli appartiene il libro che sto leggendo adesso, ma gli esempi sono dappertutto, soprattutto nelle innumerevoli narrazioni extradiegetiche): "Drummond portava un vecchio cappello di feltro con una penna rossa sulla fascia, e un cappotto beige chiuso con la cinta." (Il museo dei pesci morti, Minimum fax, Roma 2014, p 50). Che cosa può voler dire questa frase? L'abbigliamento descritto a me non suggerisce alcuna informazione in più sul personaggio. Non mi dice niente, perdipiù riferito a un ambiente sociale, quello occidentale contemporaneo, in cui le persone più conformiste possono vestirsi in modo eccentrico o strano così come persone fuori dal comune o addirittura folli possono presentarsi nella maniera più ordinaria. Oltretutto, moda a parte, non crediamo più nella fisiognomica.
Saltato
completamente il maquillage e tutto il solito posticcio finto realismo di cui
sono infarcite tante scene narrative, tipo descrizioni dell'aspetto fisico dei
personaggi, descrizione di questo o di quel particolare che possa dare un senso di realtà… (per non parlare
dell'abolizione completa della presentazione classica dell'ambiente sociale, il milieu ottocentescamente
determinato/deterministico)… ecco che le pagine sono già un bel po' scarnite...
Inoltre
la soppressione dei gesti minimi della vita quotidiana, che occupa così tanta
parte di molti romanzi (egli si alzò, si sedette, prese il bicchiere, si
versò, preparò, andò alla finestra, vide, uscì, si diresse, rincasò, si coricò
eccetera) significa anch'essa disfarsi di una certa zavorra.
Iscriviti a:
Post (Atom)