venerdì 23 dicembre 2011

Milano romanzesca

Immagini tratte da alcuni romanzi italiani degli ultimi dieci anni

Mariano Bargellini, La setta degli uccelli, Corbo editore, Ferrara 2010
Gherardo Bortolotti, Tecniche di basso livello, Lavieri, Caserta 2009
Giuseppe Catozzella, Alveare, Rizzoli, Milano 2011
Giorgio Falco, L'ubicazione del bene, Einaudi, Torino 2009
Luigi Grazioli, Lampi orizzontali, Greco & Greco, Milano 2003
Ferruccio Parazzoli, MM rossa, Mondadori, Milano 2003
Alessandro Zaccuri, Milano, la città di nessuno, l'ancora del Mediterraneo, Napoli 2003


La visione della città di Mariano Bargellini nella Setta degli uccelli (Corbo 2010) è insolita ed enigmatica.
In una Milano fantasma, avvolta dalle nebbie e da turbinose nevicate, città soft della moda e dell'apparenza che tuttavia può riservare sorprese terribili, come la morte di freddo di un leggendario barbone dandy, persino i palazzi sono impacchettati da pannelli pubblicitari, su cui svettano, gigantesche, le icone di uccelli predatori che inforcano occhiali griffati. In uno di questi condomini, divenuto mondo a sé, dotato di un supermercato e di una cripta cimiteriale incorporata, abitano personaggi bizzarri e misteriosi, che nella quotidianità intrattengono rapporti effimeri mentre cercano una vita più piena nei sogni. Lo scrittore ha dichiarato a una presentazione pubblica del romanzo che si è posto l'obiettivo di rappresentare una realtà frattale, molteplice ed evanescente: i suoi personaggi appaiono in sogno oppure possono morire improvvisamente senza un perché, lasciando incompiuto il loro lavoro; alcuni hanno sembianze simili a quelle degli uccelli e talvolta terminano i loro discorsi con autentici gorgheggi, che magari si perdono confusi nel rumore della metropolitana.
La "gente piccola e canora", con cui si avverte così forte la somiglianza, è qui emblema di un'umanità a rischio, cacciata da ogni parte, inseguita da potenze rapaci e schiaccianti. Questo, un suggestivo brano del libro: "E' lecito dedurre (o no?) che la Città degli Uccelli, Nefelokokkyghìa, la aristofanesca Città dei cucùli fra le nuvole, è stata già fondata, a Milano, sotto gli occhi dei suoi cittadini? I quali non se ne sono accorti! E che questa, che essi vedono ancora, un'altra, una Milano da realtà virtuale, man mano le si va sovrapponendo. Finché, evviva, la nuova non ne prenderà possesso come una foresta delle rovine di una città morta. (…) Le parlavo nei capelli, acconciati e da cincia con il ciuffo e da strega, alla Duda: rabbrividendo, le labbra, a un contatto come di piume. Ma lei, nel mio orecchio, non m'attacca per caso, a battere il becco, a zirlare? Mi ha sparato, qui nell'orecchio destro, scompigliandone i peli (le piumette del gufo), una raffica di trilli. Parole d'una lingua sconosciuta, arcaica, aurorale, fatta di soffi d'una concinnità stridula, di flauto uccellesco, e insegnata alla tribù dallo sciamano, dal Grande Sciamano dell'Isola di Pasqua, e ricalcata sulla declamazione di qualche popolo dell'aria, sui loro suoni sui loro metri e sui loro cursus; delle parole chiuse, morte, risuonano, di nuovo lingua viva, al mio orecchio stupefatto, nella pronuncia della Duda. Non ne capivo un'acca: ma l'ascoltavo deliziato. Noi due in fuga dalla Torre su questo treno sotterraneo, un fragoroso ed infero shuttle, in una calca infernale." (pag 206).  
L'aspirazione all'immateriale è una vocazione che Milano ha sempre avuto secondo Alessandro Zaccuri, autore del saggio romanzato Milano, la città di nessuno (ancora del Mediterraneo 2003), un reportage visionario, come cita il sottotitolo. Secondo l'autore rende bene l'idea "una pubblicità di quelle che vanno per la maggiore: un uomo e una donna, giovani e belli, che fluttuano entusiasti nel vuoto davanti a un televisore ultimo modello, superextrapiatto. Quasi immateriale, come i corpi dei due che galleggiano nello spazio bianco. E' così che Milano pensa se stessa: una città incorporea e leggera, senza un peso che la affatichi rivelandone la natura terrena. Un flusso ininterrotto di informazioni, come i pixel che cambiano di posizione sullo schermo dell'ultrapiatto, rimandando l'ombra di corpi che vivono altrove. Posto che quei corpi vivano davvero e non siano, a loro volta, il risultato di una rielaborazione virtuale. Tutto vola verso l'alto, prendendosi gioco della legge di gravità, dimostrando in modo definitivo che per far levitare il denaro non occorre il peso ingombrante dell'industria. Una città sempre alla moda, perché la moda è apparire senza essere, esibire corpi che sono soltanto il simulacro di se stessi. Fino al prossimo schianto." (pagg 16-17).
Zaccuri sente fragile tutta la leggerezza virtuale e tecnologica della città e la mette in relazione con gli eventi tragici che l'hanno segnata all'inizio di questo millennio: lo scontro fra due aerei nell'aeroporto di Linate, dovuto alla nebbia e a un disguido tecnico, che costò la vita a centodiciotto persone (8-10-2001); ma soprattutto lo schianto contro il grattacielo Pirelli di un velivolo da turismo che costò la vita a un minor numero di persone (18-4-2002) e tuttavia colpì molto l'immaginario collettivo per via della tentata emulazione, su scala ridotta, dell'11 settembre americano. L'immagine deturpata del Pirellone ferito da uno sconcertante suicidio-omicidio-vendetta, rimasto indefinito in tutte le sue motivazioni, evoca il fantasma di Luciano Bianciardi, che nella Vita agra (1962) sognava l'esplosione (nel suo caso, simbolica e senza vittime) proprio di quel torracchione di vetro e cemento, simbolo del capitalismo, che faceva prosperare la comunità ma che costava pure tanti morti sul lavoro.
Ancora più apocalittico, un altro scrittore evocato da Zaccuri: il Testori degli Angeli dello Sterminio (1992), nel cui finale Milano è ormai invasa da un incendio indomabile e percorsa da orde di motociclisti devastatori.
Secondo Giuseppe Catozzella, autore del romanzo-inchieta Alveare (Rizzoli 2011), dietro la città soft del benessere si nasconde la realtà hard del potere criminale, cresciuto a dismisura soprattutto grazie al commercio della droga. Da decenni la città e la regione più ricche d'Italia sono colonizzate dalla criminalità organizzata attualmente più forte di tutte, la 'ndrangheta, ormai sviluppatasi a vari livelli e giunta, grazie agli immensi guadagni, a infiltrarsi nella grande economia. Quello che conta e muove tutto è il potere, tanto più vero quanto meno superficiale. L'autore, vissuto fin dall'infanzia in un quartiere popolare in cui le cosche si combattevano per la spartizione del territorio di spaccio ed estorsione, ha potuto constatare la progressiva affermazione della 'ndrangheta in particolare nello smercio di cocaina, la droga più trendy da un po' di tempo a questa parte. I metodi più discreti, meno eclatanti, della 'ndrangheta rispetto ad altre associazioni criminali le hanno dato ragione nella lunga durata. Riflettendo e studiando documenti e atti dei processi, il narratore-protagonista comprende come mai la Lombardia e il suo capoluogo, con la loro altissima concentrazione di società di ogni tipo pressoché impossibili da controllare, siano il luogo ideale per il proliferare degli affari illeciti. "Non c'è niente di più semplice, per far perdere le tracce di un'impresa, per farla nascere e mantenerla nel buio, che impiantarla in Lombardia e dichiarare lì la sua sede fiscale. Un pensiero mi sorprende. Il vero paradiso fiscale non sono le isole Cayman, Santa Lucia o Antigua, ma è Milano. Ricordo che una volta anche Ada mi aveva detto una cosa simile. Solo adesso ne capisco il perché. Non ci può essere nascondiglio migliore del posto stesso in cui stanno tutte le aziende, come il famoso ago nel pagliaio. In questa selva di invisibilità, il traffico di capitali in nero nella contabilità di un'azienda e il riciclaggio di denaro sporco diventano difficilissimi da intercettare. In due ore si può fondare o chiudere una holding con sede in via Dante, movimentare montagne di soldi, aggiustare i resoconti del dare e dell'avere che possono servire per modificare bilanci fasulli o per generare coperture finanziarie nella quasi totale sicurezza di non essere controllati." (pagg 22-23). E "in un periodo di grave crisi di liquidità, in un momento in cui le banche si fanno indietro ed emettono sempre più difficilmente prestiti o mutui, le cosche fanno da salvagente sociale ed economico del paese (…) Le cosche come salvagente che tiene viva l'economia. Che infatti, da parte sua, fa tutto tranne che denunciare. (…) La finanza creativa e la depenalizzazione del falso in bilancio aiutano molto bene a far quadrare i conti del dare e dell'avere." (pag 102). In questo modo il denaro sporco viene facilmente riciclato.  
Al confronto con l'impero del crimine il mondo infero della metropolitana e dintorni fa sorridere. Infatti è interrogato con serenità e benevolenza da Ferruccio Parazzoli in MM rossa (Mondadori 2003), dove si susseguono incontri casuali e fuggevoli lungo i percorsi di tutti i giorni. Il viluppo degli incontri ha il suo punto di discesa e raccordo, il suo ombelico, in piazzale Loreto: "Un polipo gigante con otto tentacoli. E' piazzale Loreto. Lo osservo da quassù, dall'ottavo piano. Eccolo là sotto, largo; spiaccicato, anche se quello che vedo è soltanto la cupola del polipo e l'inizio dei tentacoli lì dove si innestano e dipartono dalla cupola, non quello che c'è sotto che ha tutta un'altra vita anche se organicamente fa parte del polipo, respira, s'intoppa, ansima con lui." (pag 13). L'umanità multiforme e multietnica che si muove in questa zona tentacolare della città resta in parte nascosta e imperscrutabile nelle sue intenzioni e motivazioni, tuttavia affascina e commuove: "In mezzo a uno slargo di viale Brianza c'è una macchina posteggiata e questo sarebbe abbastanza normale se, dentro la macchina, non ci fosse una ragazza che prega con le mani giunte appoggiate al volante, lei sta lì, non si muove e prega e intanto, a completare la scena, passa un trasporto aperto con quattro grandi cavalli di cartapesta colorati e imbizzarriti che dondolano nell'aria le quattro teste levate al cielo. Tutto qui? Tutto qui. Cose che ciascuno di noi può vedere specie se sapremo usare il compasso, la bilancia, la clessidra, la sfera, il poliedro e il quadrato magico della Melancholia di Durer." (pag 20).
Tutto scorre e nulla permane, nei torrenziali flussi metropolitani come in una breve passeggiata al parco. Il romanzo di Luigi Grazioli Lampi orizzontali (Greco & Greco 2003) si svolge nello spazio di cento metri e nel giro di cinque minuti (nei pressi di un imbocco dei giardini di Porta Venezia), dove s'incrociano gli sguardi di vari personaggi, ognuno preso dai suoi pensieri. I percorsi s'incrociano ma le persone restano chiuse in se stesse, raramente entrano in sincera comunicazione fra loro, persino quelli che già si conoscono e si trovano sul luogo di un appuntamento. I destini non si fondono, anzi, il narratore onnisciente, che li illumina con lampi di preveggenza, ne lascia intravedere il più delle volte gli esiti fallimentari e deludenti. Emblematica dell'amarezza di fondo che sottende il testo è l'immagine del colombo schiacciato che i passanti schivano con indifferenza o con orrore, non sapendo o intuendo solo inconsciamente che esso rappresenta in qualche modo anche la loro vita: "Mentre attraversa la strada approfittando di una momentanea pausa nel traffico, per poco non calpesta un colombo il cui corpo giace spiaccicato sull'asfalto. Le ruote che da qualche ora gli passano sopra l'hanno ridotto allo spessore di uno straccio sporco ma stirato, e quindi non provoca pena né ribrezzo; solo un'ala è stata lasciata miracolosamente intatta e libera di agitarsi al minimo refolo di vento o al risucchio provocato dal passaggio delle vetture, come se conservasse la memoria del volo e continuasse a provarci; o come se neppure l'annientamento fosse definitivo e la morte non consistesse che nell'infinita ripetizione dello spasimo del trapasso; o viceversa come a indicare che morire è niente perché la vita resta; o altro ancora a piacere, che non ha rapporto alcuno con la causa del movimento ma che nessuno può impedire di strologare a chi lo voglia non appena cominci a pensarci, e anzi per il fatto stesso di pensarci." (pag 53).
Una significativa pietà per gli animali, oggetto di accurate disinfestazioni e derattizzazioni, rivela pure Giorgio Falco nell'Ubicazione del bene (Einaudi 2009). L'autoreambienta tutti i suoi racconti in una zona residenziale della provincia, in particolare in un comune dal nome inventato ma dall'aspetto tipico di alcuni paesi dell'hinterland, quasi interamente fatti di villette a schiera. A Cortesforza la pace e il silenzio di tanti pomeriggi domenicali sono insidiati da potenti forze dissolutrici, come le termiti che divorano lentamente un'antica villa (e che saranno distrutte con scientifica programmazione da un esperto) o come l'ansia che corrode la mente del protagonista del racconto intitolato Onde a bassa frequenza, il quale tenta di fare il salto di qualità dal lavoro dipendente al lavoro autonomo mettendo su in poco tempo una ditta di disinfestazione. Dovendo investire in macchine supertecnologiche e dovendo pagare anche laute bustarelle agli amministratori di condominio per trovare committenti, finisce per indebitarsi più del previsto, mentre la sua vita è ormai completamente assorbita dal lavoro, che lo ossessiona pure nei giorni di festa, trascorsi in solitudine nel capannone separato dalla famiglia. Per disperazione, non potendo contare sull'appoggio dei parenti, arriverà al punto di staccare assegni dal conto privato della moglie, contraffattane la firma. Rapporti umani esili, caratterizzati dal calcolo o dall'incomprensione, segnano le coppie perennemente in crisi, a cui la ricerca del bene immobile (alluso ambiguamente nel titolo), o la decisione di mettere al mondo un figlio, si offrono come scommesse ricche di presagi sullo sfondo di un'incancellabile incertezza.
L'anonima periferia che si snoda lungo le tangenziali e intorno ai centri commerciali è anche oggetto dell'attenzione di Gherardo Bortolotti in Tecniche di basso livello (Lavieri 2009). Questo non è un romanzo tradizionale; potrebbe definirsi un romanzo frammentato o un racconto a mosaico per la composizione a brevi paragrafi, che descrivono una situazione statica, destinata a rimanere priva di sviluppo. Un esempio: "Incontri, con le avanguardie della distribuzione al dettaglio, come l'Ikea, o gli outlet lungo la tangenziale, che ci mettevano in posizione di attesa, ci spingevano a ipotesi più articolate. L'accessibilità della merce appariva come la controparte di un accordo rispettabile. Le campagne promozionali in corso ci procuravano una serenità più generale, quasi oggettiva." (pag 13). Significativamente i personaggi non possiedono neppure nomi propri bensì nomignoli simili ai codici seriali delle macchine (bgmole, kinch). In alcune occasionali meditazioni intuiscono vagamente la loro condizione subumana senza che però venga tratta alcuna conclusione: "Negli angoli dell'appartamento venivano ad accumularsi questioni irrisolte, concernenti la migliore o peggiore qualità della vita che conducevamo. Le distanze tra lo stato delle cose e la curva dei nostri progetti aumentavano il senso di una conclusione incongrua, di una specie di grosso equivoco sull'estensione ed il valore della nostra vita. Senza morali da trarre, guardavamo il telegiornale, affascinati dalle immagini in movimento." (pag 69).   
Il paesaggio delineato da Bortolotti non ha un riferimento geografico preciso anche se l'autore è lombardo e l'hinterland milanese è stato probabilmente il contesto ispiratore. Si colloca, più genericamente, ai margini di una ricca metropoli, lì dove più forte si percepisce il senso della delusione e del fallimento.

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