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giovedì 1 dicembre 2011

Oblòmov, Bartleby e la generazione X

Nella Russia agraria di metà ‘800 il proprietario Oblòmov se ne sta disteso tutto il giorno nella sua stanza; dall’altra parte dell’oceano, negli stessi anni, nel quartiere della Borsa di New York, l’impiegato Bartleby all’improvviso smette di lavorare e inizia a fissare per ore e ore il muro di fronte alla scrivania. A distanza di più di un secolo, vari personaggi di romanzi contemporanei rivelano un atteggiamento di fronte al lavoro che li assimila molto a questi problematici antenati letterari.

Prenderò in considerazione i protagonisti di alcuni best-seller generazionali americani di questi anni,Generazione X del canadese Douglas Coupland, uscito nel 1991 (Mondatori ’96), eIndecision dell’esordiente statunitense Benjamin Kunkel, che fa il punto della situazione una decina di anni dopo (2005, Rizzoli 2006).
I ragazzi di Generazione X, che si rintanano in una cittadina del deserto per sfuggire “alla volgarità della vita dei ceti medi” coi suoi ritmi schiaccianti e competitivi, e il trentenne Dwight di Indecision, afflitto da abulia, mostrano una singolare somiglianza col celebre personaggio russo Oblòmov di Goncaròv. Fin nel primo capitolo del romanzo, composto fra il 1831 e il 1851, questi ci è presentato coricato e avvolto nell’amata veste da camera: “Per Ilja Ilijc, rimanere sdraiato a letto non era una necessità, come per un ammalato, come per chi ha sonno; non era un caso, come per chi è stanco dopo aver lavorato molto; né un godimento, come per un pigrone: era il suo stato normale”. Più avanti si trovano le seguenti considerazioni: “Quasi nulla lo attirava tanto da uscir di casa, sicché ogni giorno più fortemente e tenacemente si radicava nel suo appartamento”; “Che faceva dunque? Continuava a tratteggiare il disegno della propria vita…”; “Gli avvenimenti della sua vita si sono rimpiccioliti fino a raggiungere dimensioni microscopiche: ma neppure così egli riesce a dominarli”.