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domenica 29 giugno 2014

Nipotine di Virginia

Si tende a dire che le scrittrici sono meno sperimentali degli scrittori, per costituzione (femminile) più conservatrici, meno portate all'esplorazione, all'avventura, al nuovo. C'è del vero, per questioni antropologiche e storiche.
Non mancano tuttavia le eccezioni, come quella della celebre Virginia.
Mi è già capitato, su questo sito e altrove, di citare per gli aspetti sperimentali Marosia Castaldi (nel post Inventio) e il brillante caso della giovane Heather Mc Gowan (nel post Splendidi tessuti).
Inoltre, felice scoperta, sfogliando le opere delle ultime generazioni (italiane!) mi è capitato d'imbattermi nella notevole originalità stilistica di Emmanuela Carbé. (Mi scuso con le autrici che non ho letto, che non mi è accaduto d'incrociare mai su riviste, antologie o nella grande e dispersiva rete, autrici che sicuramente esistono, stanno sperimentando, stanno lavorando magari con risultati interessanti ma che nessuno o pochi sono arrivati a conoscere.) Si sarebbe detto che, soprattutto a causa del potente influsso conformistico del mercato editoriale, oltre che per la situazione storica di particolare stallo, immobilismo, riflusso, gli ultimi decenni non avrebbero potuto produrre grande innovazione. Invece qualche fermento c'è, magari non proprio sotto i riflettori offerti dalle maggiori case editrici, come dimostra l'ampia e articolata antologia La terra della prosa, curata da Andrea Cortellessa e uscita per i tipi dell'Orma (Roma 2014), che pesca abbondantemente da medi e piccoli editori.

lunedì 26 dicembre 2011

Inventio

Singolari invenzioni narrative di Giuseppe Bonaviri, Marosia Castaldi e Antonio Rezza


Da quando la scrittura è diventata una professione borghese, aspirante come tutte le professioni a una retribuzione regolare e possibilmente elevata, la serialità di molta produzione narrativa, segnata dai ritmi incalzanti (e al contempo impiegatizi) dell'industria libraria, ha quasi cancellato la parte più fantasiosa e brillante delle opere: l'inventio, l'inventività, l'idea da cui scaturisce tutto. Un'idea originale è più facile che sorga da qualcosa d'inaspettato anziché su commissione o in obbedienza ai cliché commerciali.
Tuttavia si trovano ancora libri ricchi d'invenzione.
Era il 1969 quando uscì La divina foresta di Giuseppe Bonaviri, favola scritta fra il 1965 e il 1967 e recentemente ristampata da Sellerio (Palermo 2008)
Molti scrittori l'accolsero con entusiasmo, da Caproni a Manganelli a Calvino, che parlò di un'insolita storia naturale.
L'incipit rievoca la nascita della vita e la metamorfosi degli esseri: il protagonista da organismo unicellulare si evolve in pianta di borragine quindi in avvoltoio. Il problema, fin dalle forme più primitive, è il rapporto col mondo, dal momento che egli si pone in atteggiamento interrogativo e dialogante con le altre forme di vita; tutti gli esseri viventi, per parte loro, si rivelano parlanti e filosofanti. Un gruppo eterogeneo di volatili, che fanno amicizia, fonda addirittura una scuola di pensiero su un carrubo in una mitica Sicilia incontaminata. Così scelgono il luogo: "Attratti da certi sparsi riccioli di gravitazione, senza nessuno sforzo ci trovammo in una terra (che poi diventò la mia dimora) coperta di un vasto mare e di foreste infinite in una mutevolezza di scogliere e montagne.