domenica 18 febbraio 2018

Cellulari contro libri

Spesso ci si chiede come mai telefonini e smartphone abbiano avuto un impatto così negativo sulla carta stampata, al punto che siamo costretti a riconoscere con amarezza che ormai tutti i passeggeri di metrò, treni, mezzi pubblici, nonché i passanti per le strade, hanno gli occhi fissi sul loro proprio telefono portatile, divenuto l'oggetto d'intrattenimento principe, con cui si può giocare in modi svariati in ogni momento, o più semplicemente sono occupati in una lunga telefonata, mentre è raro trovare qualcuno che sfogli un giornale o sia immerso fra le pagine di un libro. Uno dei motivi è certamente il condizionamento mediatico. Ma non può venire del tutto rimosso il ricordo culturale di lontane diatribe a proposito di parola scritta e parola orale, laddove vinceva pienamente l'oralità. Non è il caso tuttavia di scomodare Platone o antiche questioni filosofico-religiose legate al tema della voce. Per la grande quantità della popolazione globale vince comunque l'oralità perché è immediata, spontanea, meno intrecciata all'istruzione e a percorsi culturali più complessi. Le voci, i suoni, i rumori, le immagini, reali o veicolate da quella propaggine multimediale che ormai teniamo tutti in tasca o in borsetta, costituiscono l'ambiente in cui l'uomo contemporaneo, autoctono o straniero che sia, si trova immerso. La parola scritta viene ignorata più facilmente di un segnale acustico o di una fonte luminosa, come dimostra per esempio la pubblicità televisiva che ha sostituito la cartellonistica laddove possibile, per esempio nelle stazioni ferroviarie e metropolitane. L'oralità si conferma più viva e attraente della lettera scritta, invece più associabile al passato, alla morte. E' più normale conversare con amici e parenti anche lontani, all'altro capo del mondo, oppure concentrarsi sulle parole scritte da un autore secoli fa e rivolte all'umanità futura o magari scritte da uno studioso riguardo a problemi attuali? Per quanto interesse possa avere la risoluzione di problemi che in varia misura ci circondano, il legame più forte resta quello con la voce parentale o amica, con la persona viva che si rivolge a noi. E tutto il contorno di pubblicità, distrazioni, informazioni e disinformazioni veicolato insieme con le voci amiche viene servito come su un piatto d'argento a distogliere da forme comunicative impostate su approfondimento, critica, riflessione. La presenza viva degli affetti trascina il suo strascico di caos e distrazioni. I libri non sono neanche più acquistati dal pubblico delle letture di poesia.
Potrebbe essere che la civiltà della scrittura per un certo periodo torni a essere latente, dimenticata, trascurata.