venerdì 28 dicembre 2012

Ragni e formiche

Si associa spesso la trama alla tela del ragno. Ma
trama è anche il formicaio, raccolta di briciole, spargersi per i sentieri...

lunedì 27 agosto 2012

Un po' foresta un po' giardino incantato


Lo sapevate che Macao City è piena di giardini?

Nuovo centro per l'arte e la cultura a Milano, viale Molise 68

domenica 10 giugno 2012

Arte e società

Brano tratto dall'articolo "Interpretazione come costruzione" di Mario Farina

"In un saggio letterario scritto alla fine degli anni Cinquanta, Adorno dimostra l'importanza di un Discorso su lirica e società. La società, infatti, viene riconosciuta come l'impulso primario dell'arte, come il suo contenuto oggettivo. (...) Ma nella lettura adorniana l'arte non si limita - come voleva Lukàcs - a rispecchiare, a riprodurre in negativo la realtà sociale, bensì in virtù della sua costituzione autonoma enuncia ciò che viene celato dalla configurazione empirica della società: 
' ... l'arte, che come la conoscenza riceve tutto il suo materiale e in definitiva tutte le sue forme dalla realtà, e precisamente dalla realtà sociale, per trasformarle, è irretita dalle sue inconciliabili contraddizioni. La sua profondità si misura dalla sua capacità di sottolineare, attraverso la conciliazione che la sua legge formale fa delle contraddizioni, la loro reale inconciliatezza.' (T.W. Adorno, Note per la letteratura).
Le contraddizioni della società sono, quindi, il vero e proprio impulso dell'arte. Il lavoro dell'arte perciò è quello di rielaborare questa scissione interna al reale e mostrare ciò che non è possibile vedere nella struttura oggettiva della società, ossia il fatto che la sua unità è segnata dalla contraddizione. L'arte pertanto offre all'inconciliabilità sociale una struttura formalmente conciliata e, grazie a questa, indica la possibilità di interpretare ciò che la società nasconde: le sue fratture. In questa dinamica è possibile leggere il rapporto che Adorno stipula tra arte e sogno e che avvicina l'interpretazione adorniana al processo dell'Interpretazione dei sogni elaborato da Freud. (...) In Introduzione alla psicoanalisi - passaggio più volte citato da Adorno - Freud afferma che la materia dell'attività psicoanalitica è spesso costituita da quelli che egli chiama rimasugli del mondo dei fenomeni. I lapsus, gli atti mancati, i sogni: questi scarti, questi residui, formano il materiale dell'interpretazione. Il testo su cui l'interprete deve esercitare il proprio lavoro non è costituito dunque da elementi significativi che ne garantiscono il senso, bensì da frammenti distorti per i quali bisogna costruire una configurazione nuova, senza che il risultato dell'interpretazione vada inteso come il senso dell'enigma."
"L'oggetto freudiano si offre all'interpretazione come un testo inaccessibile da costruire. Testo, perché l'oggetto si dà in un lavoro di interpretazione; inaccessibile, perché è un testo non semplicemente estraneo, o nascosto, ma irriconoscibile nella sua dimensione di senso: ed è quindi da costruire, non da ricostruire," secondo le parole di Silvia Borutti (Teoria e interpretazione. Per un'epistemologia delle scienze umane, Guerini e associati, Milano 1991).
Nell'idea freudiana d'interpretazione Adorno trova dunque una metodologia in grado di evitare l'assunto ontologico dell'ermeneutica, che rimandi a un mondo dotato di senso.

Costruzioni psicoanalitiche, n 23, Milano, maggio 2012

lunedì 21 maggio 2012

Metamorfosi Macao

Macao torre Galfa, piazza Macao, Macao palazzo Citterio, Macao città mobile... Il movimento di occupazioni Macao di Milano è una realtà metamorfica, un virus mutante che si propagherà per la città mettendone in evidenza le contraddizioni.

lunedì 23 aprile 2012

Se chi ci governa non sa immaginare il futuro, proveremo a farlo noi

Siamo lavoratrici e lavoratori della conoscenza, dello spettacolo, della cultura e della comunicazione, della formazione e della ricerca, autonomi e precari del terziario avanzato. Lavoriamo con la partita IVA, i contratti di collaborazione, in regime di diritto d'autore, con le borse di studio, nelle forme della microimpresa e dell'economia collaborativa. Siamo cervelli in lotta, non in fuga, ovunque ci troviamo. Ci occupiamo di cura della persona, della tutela del patrimonio artistico. Ogni giorno produciamo beni comuni intangibili e necessari: intelligenza, relazioni, benessere sociale.

Siamo il grande assente nel dibattito sulla riforma del mercato del lavoro, tutto concentrato sullo strumentale dibattito sull'articolo 18. Questa riforma sta facendo passare, in sordina, la decisione di aumentare l’aliquota previdenziale per le partite IVA di 6 punti, dal 27 al 33%. Una scelta gravissima, che inciderà sulla vita delle lavoratrici e dei lavoratori iscritti alla gestione separata INPS. Già dal prossimo settembre almeno un milione e trecentomila persone vedranno il proprio reddito nuovamente tagliato, senza alcuna speranza di percepire in futuro una pensione dignitosa.

Ecco l’anomalia scandalosa del mondo del lavoro italiano: dove di fatto, a chi non ha un contratto da dipendente a tempo indeterminato, non viene riconosciuta piena cittadinanza costituzionale. In questo stato di discriminazione vivono almeno altri quattro milioni di persone la cui condizione di precarietà, tanto nella pubblica amministrazione quanto nel privato, non viene affrontata dal ddl in discussione in Parlamento se non mediante un contratto di apprendistato valido fino ai 29 anni di età. Ossia con una misura che da una parte complica il panorama delle forme contrattuali atipiche – già oggi 46! - dall’altra tenta di occultare una realtà ineludibile: nei prossimi vent’anni la nostra società sarà sempre più fondata sul lavoro indipendente.

giovedì 19 aprile 2012

Quando arrivarono gli alieni

Frammento tratto da un testo di Gherardo Bortolotti

45. Dai documenti risultava evidente che diversi strati della popolazione erano ossessionati da un costrutto metafisico complesso e implicito, denominato “salario”, la cui estensione concettuale innervava le giornate dei singoli, il loro sovrappensiero, le ore di inazione che precedevano il sonno – dedicate per lo più a fruizioni coatte di eventi semiotici complessi, come notiziari, reality show, programmi di satira politica. Il medesimo costrutto parassitava i processi cognitivi, in modo tale che anche i livelli biologici degli individui venivano corrosi nel corso tempo, logorati dalla continua rielaborazione di un concetto mostruoso, sordido, inesauribile. Il gesto di aprire una porta, quello di accarezzare il figlio, erano segnati, negli immediati paraggi spazio-temporali, da una sbavatura livida, da un sistema di sottili estensioni di senso, simile a una muffa filamentosa che si riannodava, attraverso le pieghe quadridimensionali del mondo, alle mattine in tangenziale, alla cessione della propria forza-lavoro, alle pause sigaretta sul retro di edifici prefabbricati della prima fascia periferica.

19-4-2012, su Nazione Indiana

venerdì 6 aprile 2012

Il corpo di nessuno

Un mio racconto inedito della raccolta Mannequins

Il mio neropensare… me lo trascino dietro come un cane fedele (il mio Smorfia morto due anni fa, caro, caro vecchio Smorfia)… Eccoci finalmente dove volevamo arrivare: qui sul ciglio.
Ce ne stiamo così per ore e ore a guardare giù, eh, vecchio mio… Quel fondo che non è più il fondo di niente tanto è lontano... Un'impressione… laggiù dove non si vede. Proprio vero che non è poi così facile toccarlo… Quando si dice toccare il fondo… Qui va già meglio comunque, vero, caro? Questo è un momento bellissimo in realtà, un attimo di respiro per noi due vecchi stanchi. Mi trovo addirittura sopra il mio ponte preferito, la mia autostrada preferita; qui si sta bene. Potrei quasi campeggiare da queste parti in attesa… La caduta libera in sé e per sé dev'essere strepitosa. Perdere quota rapidamente fino a ridursi a un punto, cosa c'è di più leggiadro, di più magico? Un gesto d'umiltà dopotutto. Meglio sarebbe, certo, venir colpita in volo, trafitta come un uccello da un pallino da caccia, nel becco un insetto, il cibo per… Ma che ne sarà di Susan? Che idea! Se l'è sempre cavata egregiamente senza di me, anzi meglio… Il corpo non lo troveranno neanche. Sì, nei paraggi c'è l'auto, ma chi si calerà fin là sotto, in mezzo a quei rovi, a quelle spine? Magari nel frattempo riuscirà a mangiarselo qualche animale. Preferirei. Meglio di un funerale in piena regola con tutte quelle frasi fatte. Soprattutto quel "sentite condoglianze" mi irrita all'inverosimile... Altroché cordoglio, le mie amiche giurerei che saranno contente. Quel senso di sollievo al pensiero riposto: non è toccato a me. "Eppure era ancora giovane… più giovane di me…" Subito i calcoli sull'età, una rapida associazione all'aspettativa di vita… Vediamo… Cosa posso riuscire ancora a fare? E' fuor di dubbio che non ho combinato gran che… La previsione di mia madre: "Meno male che ho tuo fratello, lui non mi deluderà." Lo sconcerto quand'è nata Susan: "… ti rendi conto che non hai neanche finito il liceo? Non riesco neppure a immaginare che ti è saltato in mente… Possibile che ti abbia fatta senza cervello?" Mio fratello è stato più fortunato, grazie… Lui ha avuto l'intelligenza, troppo facile… Facile per lui dire "sei una stupida"… Se una è stupida, cosa deve fare? Se una è stupida, cosa può…? La cosa mi dà persino allegria, se ci penso. Un po' di euforia ci voleva. Cadere mentre andavo in vacanza, durante quel volo a Rio con Bob, per esempio, non sarebbe stato male… Quello sarebbe stato addirittura il momento perfetto…

mercoledì 4 aprile 2012

Bio in spiccioli: frammento di cruda realtà

E' successa una cosa traumatica che ha interrotto bruscamente le mie scritture e letture: il mio principale (per esattezza, il capufficio, del piccolo impiego che mi garantisce la sussistenza) mi ha dato uno schiaffo e umiliata pubblicamente sul luogo di lavoro in orario d'ufficio. Ho sperimentato come le vittime spesso e volentieri per vari motivi di convenienza vengano lasciate sole. I colleghi non hanno solidarizzato. Ho soltanto una testimone timorosa di eventuali conseguenze.
Dallo schiaffo ricevuto dal padre in punto di morte da Zeno Cosini nel celebre romanzo di Svevo allo schiaffo ricevuto sul luogo di lavoro, quasi che il mondo patriarcale e autoritario si sia spostato e occupi tenacemente ormai il mondo del lavoro come suo spazio centrale.

lunedì 12 marzo 2012

Somiglianze

Mi sento più simile a Julien Sorel del Rosso e il nero e al Werther che a Madame Bovary o a Molly Bloom.

mercoledì 7 marzo 2012

Pensiero-e-azione


Non è raro constatare l’ininfluenza di articoli e appelli lanciati dai giornali. Un esempio? Il celebre appello di Saviano “Presidente, ritiri quella norma” (2009), che raccolse centinaia di migliaia di firme senza impedire che in Parlamento venisse in seguito approvata la norma sul processo breve. In quel caso la partecipazione collettiva richiesta fu ampia ma a bassa intensità, consistendo semplicemente in una firma on-line da apporre in calce all’appello. Ancor meno si richiede attraverso la pubblicazione di articoli di giornale: l’articolo viene letto, apprezzato quindi posato sul tavolo o sulla scrivania, anche se in alcuni casi, affiancato quotidianamente da articoli dello stesso tenore, può contribuire a condizionare l’opinione pubblica.
Più originale e suggestiva mi è parsa un’operazione mediatica di discreta risonanza in questi anni, legata a un’azione di lotta ma che non passò principalmente per la carta stampata. Mi riferisco all’Isola dei cassintegrati. Fu costruita anch’essa da “operatori della conoscenza”, sebbene meno in vista di Saviano. Due  blogger, Michele Azzu, laureato in comunicazione e musicista, e Marco Nurra, giornalista, decisero di sostenere con la creazione di un gruppo Facebook e successivamente con un blog (www.isoladeicassintegrati.com ) la lotta di un gruppo di cassintegrati della Vinyls di Porto Torres occupanti l’ex carcere dell’Asinara (2010). Inscenando e mandando in rete un’abile parodia del seguitissimo reality televisivo L’isola dei famosi, riuscirono a ottenere l’attenzione di stampa e tv e a tenerla viva per mesi. Il blog è attualmente aperto e segnala varie lotte di lavoratori sparse sull’intero territorio nazionale. 

giovedì 23 febbraio 2012

Una tartaruga

Brano tratto da un romanzo inedito di Giovanni Chiara

Spioveva. Le ultime gocce cadevano cerchiando pozzanghere quasi placate. Stefano camminava da una ventina di minuti lungo la banchina, le scarpe impregnate d’acqua, i pantaloni fradici dal ginocchio in giù. Attraversava la piazza e saliva oltre le ultime case, per ridiscendere e portarsi fino all’attracco del piroscafo, sotto le mura del penitenziario, nell’aria umida del mare e negli aghi di freddo che attraversavano gli abiti per toccargli le ossa. Aspettava. A tratti guardava nel nero che stava soffocando la baia. Quando smise del tutto di piovere chiuse l’ombrello, lo scrollò mandando un ventaglio di gocce a rompere le altre che brillavano sopra le piante di una fioriera. Le luci dei lampioni, fredde, facevano piccole quelle dei negozi e delle insegne, e smorzate le poche che doravano le finestre delle case; e facevano più scuro il mare, candida la schiuma che si perdeva nella sabbia della spiaggia, sotto la piazza. 

Giocare con le figurine

Continuo a vedere molti romanzi narrati in terza persona, nonostante la crisi in cui dovrebbe essere caduto il narratore onnisciente. Mi sembra un giocare con le figurine... Non voler portare tutto il peso di una mente umana.

martedì 21 febbraio 2012

Specchio delle mie trame...

Le mie trame sono labili, forse psicolabili...

venerdì 17 febbraio 2012

L'explicit

"Un'altra forma di explicit che la narrativa del secondo Ottocento sperimenta e trasmette alla letteratura modernista è il finale rapido, aperto o tirato via. Il precursore di questa tecnica è Stendhal. Nella seconda metà del secolo, il processo di destrutturazione dei finali si intensifica e anticipa le soluzioni del primo Novecento. Virginia Woolf ammirava le chiuse inconcludenti e casuali di Cèchov, giudicandole più vicine alla vita degli explicit classicamente ottocenteschi, sigillati da quei fatti assoluti che la realtà di solito non offre."

Da Guido Mazzoni, Teoria del romanzo, Il Mulino, Bologna 2011, p 320

martedì 7 febbraio 2012

Uomini perduti nello spazio


Tommaso Landolfi, Cancroregina (Adelphi, Milano 1993)
Tommaso Pincio, Lo spazio sfinito (Fanucci, Roma 2000)
Enrique Vila-Matas, Esploratori dell'abisso (Feltrinelli, Milano 2011)

E' stato osservato di recente da Alfonso Berardinelli che precursore dello Spazio sfinito di Tommaso Pincio avrebbe potuto essere il Landolfi di Cancroregina, se solo fosse stato conosciuto allora dall'autore, che invece non l'aveva letto. Avrebbe potuto trattarsi in effetti di una proficua influenza. Sia in quella che è considerata una delle prime opere di fantascienza italiana sia nel romanzo uscito per Fanucci nel 2000 cogliamo la medesima sventura dello smarrimento nello spazio. In entrambi l'aspetto propriamente fantascientifico è irrilevante: l'interesse per le innovazioni tecnologiche o per l'incontro con altre forme di vita nell'universo, nullo. L'astronave che va alla deriva e si perde è più che altro un pretesto per parlare della condizione umana. Con una sostanziale differenza.
Nel lungo racconto di Landolfi prevale un interesse psicologico. Lo spazio più sconosciuto e inquietante si rivela quello della mente.
Riprendo qui osservazioni già presenti su questo blog in un articolo dal titolo “Primo Novecento dimenticato”. Scritto da Tommaso Landolfi nel 1949, dapprima pubblicato su rivista, poi in volume da Vallecchi nel 1950, Canrcroregina pare tragga interesse e nutrimento più che altro dai risvolti surreali che il genere fantascientifico consente.

venerdì 3 febbraio 2012

Aurea mediocritas

La mediocrità piace. Perché? Una delle risposte più semplici è questa: perché è aproblematica. Prendiamo per esempio il minisuccesso (mini perché la casa editrice è piccola) di Seventy sex (Transeuropa 2011). Più che un libro trattasi di una "macchinetta di marketing": autrice inventata, quiz fasullo sull'identità dell'autrice che accompagna il lancio, presentazione a Canale 5 intorno al quiz più che al libro, promesse contenute nel nome e nel titolo ampiamente deluse... Sì perché nel titolo si allude a temi scottanti: i tormentati anni settanta e l'erotismo, un bel condensato di complessità, insomma. Invece sugli anni di piombo si glissa alla grande e sulle ambivalenze dell'eros tanto di più, dal momento che è trattato come acqua fresca. Per non parlare poi dello stile: lo pseudonimo alluderebbe addirittura a Joyce... Scavalcate quindi a pie' pari tutte le possibili problematiche vagamente accennate, ci si libra in un bel lancio da talk show, che porterà magari fortuna.

venerdì 27 gennaio 2012

Intervista a Effe di Self Publishing Lab

Ho scoperto il sito di Self Publishing Lab seguendo in rete alcune discussioni sul self publishing. Innanzitutto un chiarimento: che cosa offre questo “laboratorio” a un aspirante scrittore? 

Il sito del Self Publishing Lab (http://www.selfpublishinglab.com/un-laboratorio-per-autori-e-lettori/ ) NON è il sito di un’agenzia di servizi editoriali o di Print On Demand; noi non pubblichiamo assolutamente nulla, ma ci “riuniamo” in Rete per discutere ed approfondire le tematiche (e le pratiche) legate al self publishing. Si tratta di un “lab”, appunto, di un workshop permanente, di un luogo di formazione e diffusione culturale, che nelle nostre intenzioni vuole offrire delle conoscenze e delle competenze a quegli autori che volessero far da sé, cercando di coniugare l’autonomia operativa con una costante ricerca di qualità editoriale. 

L’editoria digitale è destinata a cambiare il volto dell’editoria tradizionale? Si può azzardare l’ipotesi che sottrarrà il monopolio della produzione libraria alle attuali case editrici? 

L’editoria digitale non cambia solo il volto dell’editoria, ma anche della stessa esperienza di lettura. Questo significa che la diffusione del sapere passa per nuovi canali ed esperisce nuove modalità: un processo a cui bisogna prestare grande attenzione. L’editoria italiana attuale - caratterizzata, alle sue estremità, dalla presenza deformante di pochi giganti che controllano tutta la filiera produttiva, e da una miriade di editori a pagamento - può sicuramente trovare nel digitale la possibilità per creare nuovi spazi a favore di tanti altri soggetti. Il digitale però ha una sua grammatica, richiede delle competenze e soprattutto un cambio di visione: non si può più vivere di rendite (materiali e simboliche) ma bisogna comprendere che sono mutati gli stessi concetti di qualità, di autorità, d’intermediazione. 

lunedì 23 gennaio 2012

Barbablù, una fiaba molto realistica

La strage di donne nel mondo continua 


Barbablù è il contrario della Bella e la bestia: la seconda, fiaba per eccellenza dell'innamoramento, della capacità di vedere bello ciò che per gli altri è ordinario o addirittura orribile; la prima, fiaba della disillusione, della capacità di riconoscere i difetti, talvolta gravi e minacciosi, di chi si era visto colmo di pregi nella fase dell'innamoramento. Raccontando un passaggio dal meglio al meno peggio, da un climax a un anticlimax, si presenta come una fiaba delle più terribili e realistiche; non per niente affonda le radici in molti racconti e cronache di fatti realmente avvenuti nei secoli. Divenuto soprannome di celebri serial killer del passato, Barbablù si può considerare un personaggio quanto mai attuale, intramontabile. 
Il 7 gennaio di quest'anno sul Corriere della sera è comparso un breve articolo di Lea Melandri a commento dell'interminabile scia di delitti che continuano a essere perpetrati contro le donne da fidanzati, mariti, innamorati. Sebbene per molti aspetti la condizione femminile risulti migliorata nel tempo, si legge che l'aggressività maschile contro il gentil sesso è la prima causa di morte per le donne di età compresa fra i 16 e i 44 anni in tutto il mondo e che comunque l'abitudine di porle in posizione secondaria e subalterna, anche nei luoghi di lavoro dove dovrebbero avere pari opportunità, si ripete costante. Lea Melandri nel recente libro pubblicato da Bollati Boringhieri col titolo Amore e violenza. Il fattore molesto della civiltà (2011) non si limita ad avvalersi delle ampie ricerche sociologiche di Pierre Bourdieu sul dominio maschile, ma fornisce anche una sottile interpretazione psicologica dell'inestricabile ambivalenza che spesso accompagna le relazioni affettive fra i sessi a partire da quegli eventi forti e indimenticabili che sono per tutti la nascita da un essere femminile e l'infanzia a esso legata, con implicito riferimento all'analisi della psiche che condussero così acutamente Sigmund Freud e Melanie Klein. La teoria kleiniana in particolare si concentra sul rapporto con la madre nei primi mesi e anni, sull'enorme potere che essa rappresenta per un essere piccolissimo che le è completamente affidato e che può destare nel bambino sentimenti consci e inconsci di paura, invidia, odio, a seconda di come viene percepita. 

giovedì 19 gennaio 2012

Giocare a mangiarsi

Incipit di un romanzo apocalittico di Mariano Bargellini

Su questo tormentone del videogioco degl’insetti, chiamato confidenzialmente “giocare a mangiarsi”, su questa febbre contagiosa (e perniciosa per la nostra società), finora le televisioni e i giornali ci hanno detto il meno, mi sembra. Ah sì? Vuoi scherzare! E gl’indugi raccapriccianti della telecamera sulle pozze di sangue negl’interni della gente normale, nelle case di famiglie tranquille, felici, e talora la veduta persino (benché rapida, da guardoni timidi) di quei corpi stritolati (orrore!) da avvinghiamenti spinosi, da abbracci irti d’aculei, o dai colpi di mandibola di un microcosmo zoologico ingranditosi a scala umana, e le facce delle vittime sfigurate gonfie livide per i baci maritali filiali fraterni, non già dati, dardeggiati inferti con il pungiglione e il veleno? Insomma, non siamo informati ancora abbastanza? Gl’imitatori degli insetti e i discepoli dell’arte di uccidere loro propria sono seguiti e quasi adulati, semmai, dalle televisioni e dai giornali. E godono di spazi televisivi e hanno dei ritagli da sventolare (le sbrodolate degli opinion makers) più che qualsiasi seguace d’altre mode e setta d’assassini convenzionali. Come si fa a sostenere che i mass media occultano la verità? O una parte. E che ci abbiano detto il meno su certe conseguenze delittuose (entro le mura domestiche, principalmente) della passione nazionale, della mania dilagante inarrestabile per questo videogioco degl’insetti: che a chiamarlo “giocare a mangiarsi” adesso vengono davvero i brividi. Purché si sia immuni, ancora, da un contagio furioso. Purché si sia ancora, oltracciò, dotati di coscienza umana, non dell’istinto infallibile di un automa qual è l’insetto, virtuale, siamo d’accordo, ma diventato nostro padrone, nostro pilota cibernetico, dacché abbiamo deciso, stolti, di chiuderci nella sua corazza e di aprire un sito (scusate il bisticcio di parole), d’aprire (tra gli insetti!) un sito-internet, e, va da sé, di chiuderci (noi uomini!) in quelle loro corazze d’ombra. Là, nel Theatro degli entòmati. Là, nel Theatro degli autòmati.

domenica 15 gennaio 2012

Preferirei di no

Era già la quinta che vedevamo, ma era prevedibile che non trovassimo subito. Troppo cupa, angusta... Si sarebbe potuto cambiare il colore delle pareti ma, si sa, la prima impressione è quella che conta. Il cliente mi disse che, entrando, era riuscito solo a immaginare candele accese, letture a lume di candela, lugubri veglie notturne. Certo quel soppalco, un senso di claustrofobia, lo dava… All'esterno tirammo entrambi un sospiro di sollievo. 
Se la prima visita gli avesse fatto una buona impressione, mi avrebbe proposto di fare un secondo sopralluogo insieme con la ragazza. Dovemmo aspettare l'ottava visita per avere l'onore della sua compagnia, che in effetti ravvivò notevolmente l'entusiasmo della ricerca. 
Nel corso della perlustrazione dei vani di quell'immobile sito in un quartiere residenziale, lei ebbe addirittura una folgorazione: "Ho visto i bambini! Caro, credimi, questa è la nostra casa!", non fece mistero di esclamare abbracciando il mio cliente per la gioia. Mi spiegò che nel vano cucina, stretto ma luminoso, aveva visto chiaramente loro quattro seduti al tavolo centrale, cioè loro due con i figli futuri: la grande finestra allargava notevolmente il senso dello spazio. Si provò a parlare di compromesso, ma la proposta non fu accettata dai proprietari. La ragazza restò così delusa che non comparve per un po'. Lui invece, flemmatico, sistematico, proseguì con una o due visite la settimana. 
Gli piacque un appartamento che trovai anch'io molto grazioso. Le piastrelle dietro l'acquaio ricordavano gli azulejos portoghesi; inoltre la cucina dava su un'ampia veranda straripante di piante e di utensili da giardinaggio. In un angolo così curato persino lavare i piatti avrebbe potuto riservare occasioni contemplative, occasioni che il mio cliente era ansioso di cogliere, a quanto pareva. Da parte sua la ragazza, ancora "in lutto" per la visita precedente, non volle venire a vedere lo stabile. In attesa che si riprendesse, passammo ad altri appartamenti.

mercoledì 11 gennaio 2012

Perché vengono?

Un discorso di James Hillman


Chi sono, gli animali che compaiono nei nostri sogni, e perché vengono a noi, proprio a noi che abbiamo trascorso gli ultimi due secoli a stermi­narli regolarmente, a un ritmo sempre più rapido, senza pietà, specie per specie, in ogni parte del mondo? 

Eppure, con quanta incrollabile fiducia conti­nuano a entrare nella nostra anima del sogno, nel­le nostre fantasie infantili, nel nostro immaginario artistico - e a spezzarci il cuore con le loro soffe­renze. Un cormorano cosparso di petrolio, la car­cassa di un rinoceronte macellato per il corno, i maiali che gridano nei recinti dei mattatoi, il pe­sce capovolto che galleggia, le balene arenate, morenti. 

Chi sono, loro che hanno formato il massimo sistema simbolico della coscienza umana dai tem­pi di Altamira? E noi come viviamo con loro, ora che questa intimità con il loro mondo e con la no­stra animalità ha ceduto completamente il passo alla separazione? Pur separati dalle nostre vite - a eccezione dei cuccioli che coccoliamo, feticci residuali di una comunione arcaica - essi ci perse­guitano nei sogni e nelle fantasie artistiche delle nostre poesie, dei film e dei romanzi.

lunedì 9 gennaio 2012

Work-in-blogger

Intervista ad Alessandro Raveggi

Cominciamo dal tuo work-in-blogger, come tu stesso l’hai soprannominato, il blog Nella vasca dei terribili piranha, che avevi pensato potesse essere un piano di lavoro visibile e interattivo, un’area amplificata e socializzata dell’omonimo romanzo che stavi scrivendo. Che bilancio hai tratto da quel primo esperimento di “blog-spia” sul lavoro segreto e preparatorio di uno scrittore?

Mi sono divertito un sacco. Ho aperto la scrivania di materiali consultati per comporre il romanzo (musiche, immagini, testi, saggi, manoscritti antichi) nell’arco di due anni, dal 2008 al 2009. Ho finito di scrivere il romanzo nel luglio del 2009, dall’altro lato dell’Oceano Atlantico, e ho praticamente interrotto il blog, lasciandolo come archivio aperto. In questo modo, condividendoli, li ho anche distanziati, quei materiali: li ho alleggeriti per permettermi di usarli all’interno della narrazione. Il blog ha avuto un discreto seguito, anche se ci tengo a precisare che sul blog difficilmente si trovavano pezzi del romanzo e lo considero un’elaborazione autonoma – non è un romanzo on-line, o un ipertesto, ma appunto un desktop aperto. Il romanzo omonimo è invece ancora in giro, molti editori importanti l’hanno letto con entusiasmo, ma l’hanno ahimè considerato troppo complesso per struttura e scrittura, per il loro pubblico. Gli editori medio-bassi in generale, salvo illuminazioni, hanno lettori troppo sottopagati per avere la pazienza di leggere un libro con molteplici storie incrociate. Vedremo, magari uscirà tra venti anni, anche se aumentano i suoi estimatori, e non si sa mai... Intanto, mi sto dedicando anima e corpo al nuovo romanzo, che credo sia anche una nuova fase della mia scrittura e si distanzia dal primo. E ho altre proposte che stanno girando per qualche editore, come un libro di memorie di viaggio messicane, apparse alcune su Alfabeta2, Carmilla e Il Reportage. 

mercoledì 4 gennaio 2012

Intervista a me stessa


Roberta, perché questo blog, dal momento che ami i libri, hai studiato sui libri, leggi e scrivi spesso e volentieri su carta, vivi circondata da libri eccetera eccetera…?

Una svolta nella mia vita di scrivente è avvenuta qualche anno fa (nel 2008), quando alcuni miei brani narrativi o interventi su letteratura e attualità iniziarono a essere pubblicati sul sito del Primo amore, mentre i primi articoli erano comparsi sui numeri cartacei come era avvenuto per tutte le altre collaborazioni con le riviste. Ho interpretato il passaggio dalle riviste cartacee al web come una maggiore possibilità di raggiungere gli altri. La prima parte di questo blog comprende tutti (o quasi) i pezzi apparsi su vari siti e riviste on-line e vuole essere un mio nuovo tentativo di rivolgermi al mondo saltando il tradizionale passaggio editoriale, con tutti i suoi filtri, limiti e tempi d’attesa.

Perché il titolo Lettere a nessuno, seppure un po’ modificato?

Queste lettere sono scritte al mondo da parte di una “nessuno” (dove “nessuno” è inteso nel senso di persona non riconosciuta). Mi ritengo una scrittrice non riconosciuta, che non può pubblicare. Gli articoli e i frammenti del blog sono inviati a tutti e a nessuno, a chiunque sarà curioso di leggere. Si tratta del classico messaggio in bottiglia o di sassi gettati nello stagno del web nella speranza che producano delle onde, come ho detto altrove.
Nel celebre libro di Moresco l’autore scriveva lettere non spedite ad interlocutori del mondo della cultura che sapeva non gli avrebbero mai risposto, poiché lo ignoravano, non l’avevano ancora riconosciuto loro pari. Erano lettere a nessuno perché immaginarie, impossibili sia da mandare che da ricevere proprio perché non esisteva il rapporto umano necessario alla corrispondenza. Un dialogo inesistente. Lettere a nessuno e, per riflesso, da nessuno, dal momento che il riconoscimento da parte di un ambiente sociale è necessario per esistere. Più in generale quel libro di Moresco è il diario dell’esclusione da una società letteraria chiusa e pressoché impenetrabile come un castello feudale (il libro di Moresco, soprattutto la prima parte, l’edizione del 1997, è anche più di questo, si colloca sulla scia dei romanzi del Novecento che parlano della solitudine dell’uomo contemporaneo all’interno di una società fondamentalmente indifferente e ostile, ma approfondire l’argomento ci porterebbe fuori tema). La sensazione di un’esclusione ingiusta e arbitraria da un ambiente ristretto, indifferente o addirittura geloso dei suoi privilegi, l’ho avuta anch’io in molti anni di tentativi vani di pubblicazione.

lunedì 2 gennaio 2012

Non sono nata da una costola né dalla casta


Fino a non molto tempo fa una scrittrice nota e considerata era in numerosi casi la moglie di uno scrittore noto e considerato (Elsa Morante, Dacia Maraini, Carmen Llera, per citarne almeno tre, furono in momenti successivi mogli dello stesso scrittore, Alberto Moravia) oppure una personalità bizzarra e isterizzante, talvolta un vero e proprio caso di psicosi conclamata (Alda Merini e Amelia Rosselli, per fare due esempi arcinoti). Nel primo folto gruppo possiamo includere tranquillamente tutte le figlie e parenti d'arte (citiamone una famosissima, Margaret Mazzantini, e una giovanissima Viola Di Grado). I casi parentali sono facilmente spiegabili. Come spiegare invece quello della deferenza verso la follia?
In passato esisteva il fenomeno della glossolalia: il delirio psicotico veniva interpretato come lingua degli dei. Ecco, l'ammirazione per molte poetesse deriva a mio parere anche da qui: la donna-poeta, la donna-folle si situa nel solco delle sibille. Molti personaggi femminili del mito e della letteratura antica sono "pazze" che dicono il vero, spesso non credute, mezze imparentate con gli dei mezze disprezzate dagli uomini: Cassandra e Antigone sono due esempi eccellenti, ma di striscio entra nel gruppo anche la Sfinge, colei che pone indovinelli irrisolvibili, colei che conosce verità inaccettabili… Alla donna è concessa la poesia, restiamo nella tradizione, anche perché, come si sa, la produzione di raccolte, opuscoli e carte poetiche non s'intreccia coi grandi giri d'affari dell'editoria. Più legata a dinamiche di mercato, carriera e successo è invece la produzione di narrativa.