martedì 21 gennaio 2014

Mannequins: commenti suscitati

Mariano Bargellini, in una nota speditami il 16-1-2014:
"Il lettore intendente di letteratura, letto 'Top model d'oltretomba', racconto d'apertura di Mannequins di Roberta Salardi, si interroga su un mistero o enigma la cui soluzione è alla sua portata, essendo letterario, non da detective e lasciato irrisolto, tale enigma o mistero. Che cosa ti fa dire: questo racconto è bello e levigato come Enora e Nell e le altre ragazze-statue? Su quali virtù dello stile e dell'immaginazione si fonda la tua sentenza? Allora, per le spicce: la pipistrella Salardi, grazie al suo radar, ha evitato tutti gli ostacoli mortiferi contro i quali, viceversa, va a sbattere il romanzo italiano d'oggi, postmoderno. Ossia? Beh, la Roberta ha evitato le puerilità del plot, i personaggi stancati (loffi), industria idiota di figurinai e figurinaie, il ricalco (la stracca mimesi) di nient'altro se non la buccia della realtà, i luoghi comuni gli stereotipi le convenzioni dettate dagli editori, e poi tutto quello scrivere così maledettamente male ecc. O anche, detto altrimenti, grazie al suo radar ha imbroccato fenestram evasionis. E' evasa dalla casa del Sonno. Cioè dalle angustie e dal soffoco del romanzo italiano d'oggi, postmoderno e postletterario. Qui, in 'Top model d'oltretomba', circola l'intelligenza (in ogni frase), un pensiero immaginativo articolato e sottile, e il senso del testo è complesso, naturalmente ambiguo, starei quasi per dire multivoco (non mica univoco e piatto, come sapete spremerlo voi dalle vostre storie, voi che non nomino). E sempre qui in 'Top model', per una scrittura così precisa nitida evidente, com'è questa di Roberta Salardi, volevo dire, la parola stilista, per l'autrice, può essere usata, tranquilli. Ritolta ai griffatori e restituita a certi scrittori e a certe scrittrici."

Giorgio Mascitelli, in un messaggio inviatomi il 3-6-2013:
"Mi sembra che sotto lo scintillante mondo delle modelle e l'altrettanto fastoso, ma in senso diverso, universo pulp si nascondono le meditazioni sulla vita offesa e su quanto ci passa il convento in questi tempi di speciosa abbondanza, ormai forse anch'essa superata. In questo senso mi restano impressi più facilmente quei personaggi come la commessa del negozio alla stazione Centrale ('La cubista prigioniera del cubo'), il triangolista desideroso di entrare nella coppia lesbo e disposto, in nome della realizzazione del proprio sogno proibito, ad accettare anche in camera da letto la propria minorità sociale e lavorativa ('Centottanta secondi'), o la fidanzata mancata del racconto finale col suo disperato e disperante razionalismo a fronte della marea montante della solitudine ('Passeggiata al cimitero'), insomma l'umanità dolente che risuona del proprio dolore senza enfasi."


Il commento di Luigi Grazioli, reperibile sul blog A spasso nella caverna (http://grazioliluigimario.blogspot.it/2014/01/libri-di-amici-1-4-marco-ercolani.html), era già stato riportato su questo sito nel post del 25-8-2013 "Una recensione apparsa su Facebook".

Silvio Bernelli, in uno scambio di messaggi su Facebook del 25-9-2013 suggerisce, per un'eventuale prossima raccolta, di calarla in una cornice, al fine di darle più omogeneità e più forza. Consiglia anche di ponderare bene l'uso degli aggettivi e degli avverbi, che, se troppo precisi, rischiano di dare l'impressione di essere usati come scorciatoie per dire tutto velocemente, lasciando magari fuori qualcosa.

mercoledì 8 gennaio 2014

Sorpresa per la mancanza di sorpresa

Ricercatrice universitaria occupatasi più volte di letteratura novecentesca, con frequenti incursioni in testi sperimentali e d'avanguardia, trattati in chiave tematica (In luoghi ulteriori. Catabasi e parodia da Leopardi al Novecento, Giardini, Pisa 2005) o con particolare attenzione alla struttura (Polemiche letterarie. Dai Novissimi ai lit-bolg, Carocci, Roma 2012, dove celebri romanzi degli anni sessanta, Hilarotragoedia, Capriccio italiano, Tristano, Il serpente e L'anonimo lombardo, vengono messi decisamente in primo piano), Gilda Policastro compie scelte completamente opposte nei propri romanzi (Il farmaco e Sotto, Fandango, Roma 2010 e 2013). Considerate le premesse, ci si sarebbe aspettati strutture narrative alternative e perfino spiazzanti, o perlomeno una soluzione di compromesso che accostasse elementi tradizionali a tentativi meno convenzionali. Nella narrativa Policastro invece sceglie un impianto ottocentesco, con il tradizionale succedersi di scene narrate da un narratore extradiegetico; un recupero dunque del ruolo di un narratore-dio che osserva dall'alto i suoi personaggi e li manovra come marionette.
D'altra parte in una presentazione a Milano del suo ultimo libro (un evento di Bookcity del 22-11-2013) è lei stessa a dichiarare: "Riscriverei Madame Bovary"!
Ovviamente non si pretendono da nessuno spericolatezze innovative, semmai sorprendono piacevolmente quando si trovano. Tuttavia l'impressione che si riceve è simile a quella che avrebbero potuto provare i compagni dell'Ulisse dantesco se, dopo l'esortazione al folle volo (Inferno, Canto XXVI), egli avesse detto loro: "Restiamocene a casa".


  • P.S. - Sorpresa per la sorpresa. Ricevo invece incoraggianti impressioni a un primo approccio alla lettura del nuovo romanzo di Gilda Policastro, Cella (Marsilio 2015). Con questo romanzo mi pare che l'autrice, sganciandosi decisamente dalla struttura tradizionale dei romanzi precedenti (narratore extradiegetico), abbia finalmente trovato se stessa, o la sua vena migliore.