1) Dai tuoi studi, dalle tue riflessioni su alcuni
testi di poetesse del secondo Novecento emergono tre archetipi culturali, in
qualche modo discendenti dall’unico mito di un’antica dea greca lunare dai
molti nomi (Artemide, Ecate, Diana, Lucina…) dal doppio volto di protettrice
delle fanciulle ma anche, talvolta, di persecutrice-vendicatrice. Mi piacerebbe
che ti soffermassi su ognuna di queste sfaccettature che potevano connotare la
figura della poetessa/scrittrice ancora fino a molto di recente. Iniziamo con
il suo essere parthénos, termine che anticamente valeva per “nubile”, “non
sposata” ma anche “lesbica”, “adolescente”, non destinata alle nozze. (Inciso mio: questo tema, peraltro, non appartiene esclusivamente al tempo passato: Ingeborg Bachman ancora nel 1989 sostiene che il matrimonio "è impossibile per una donna che lavora e che pensa e che vuole lei stessa essere qualche cosa."*). La necessità di separarsi dal destino comune delle donne e dai fortissimi limiti
esistenziali, che la condizione femminile certamente comportava, per concentrarsi sulla scrittura, poteva avere pesanti
ricadute sulla sua vita emotiva, affettiva… sulla sua vita tout court.
2) Da “diversa, lontana, distaccata” a “pazza” il
passo è breve. Questo binomio, poetessa pazza, concretizzatosi così spesso, è
in parte collegato, a mio parere, anche all’antica presenza nei miti e nei riti
di pizie, sibille, “cassandre”, maghe, indovine le quali, in quanto donne (ipersensibili)
considerate nei secoli meno razionali degli uomini, si ritenevano più vicine al
mondo altro degli dei, dei segni, dei simboli. Tuttavia questa che sembrerebbe
essere stata una separazione forzata, ingiustamente imposta, dei ruoli e delle
possibilità intellettuali fra i sessi forse dopo la scoperta freudiana ha rivelato
i suoi vantaggi: la donna poeta è stata tanto più accettata e apprezzata in
quanto ritenuta particolarmente ricettiva dei segnali che manda l’inconscio e
persino capace di parlare la lingua dell’inconscio, così come secoli fa era capace,
nei vaticini, di parlare l’oscura lingua degli dei. Ci sarebbe naturalmente
molto da dire sul legame tra follia e scrittura, che non riguarda solo le donne…
Desideri mettere a fuoco qualcosa in merito, visto che ti sei occupata a lungo
di Sylvia Plath, Anne Sexton, Amelia Rosselli?