Potrebbe trattarsi di una mia ossessione, potrebbe darsi che la mia antipatia per la terza persona narrativa contenga qualche aspetto nevrotico. Me ne assumo la responsabilità o l'irresponsabilità, se preferite.
Il fatto ha dell'incredibile per me. Definirlo strano è un eufemismo (ma bisogna avere il riguardo di non urtare la suscettibilità dei conformisti: questa sarebbe la regola generale del quieto vivere da rispettare sempre).
Non finisce di stupirmi che si continuino a leggere libri che paiono scritti nell'Ottocento con l'obiettivo del fotografo-scienziato-documentarista-sociologo puntato sulla scena da cui il narratore rimane asetticamente escluso, quasi si trovasse in un empireo astratto e irrelato. Questo è l'empireo dei conformisti incontestabili, cioè lo status quo in cui il potere esercita la sua tradizionale pacifica influenza. Determinismo-positivismo come cornice di un potere immodificabile.
I corsi e ricorsi della storia non dovrebbero costituire una novità per nessuno. Perché dunque meravigliarsi del fatto che viviamo in un'epoca di Restaurazione? Gli anni Sessanta e Settanta furono più sbilanciati nel movimento, nell'innovazione, nella contestazione, nel cambiamento, nella sperimentazione e ora ci tocca (ma già da troppo tempo) l'esatto contrario. Non è giunto il momento di cambiare?