lunedì 26 dicembre 2011

Milano mare e monti

Il passo di questo brano è un passo svelto, contrario al racconto. Non è infatti un racconto ma una visione o una sensazione.
Per la città mi muovo sempre velocemente. Non passeggio. Ho l'andatura di chi ha fretta di arrivare al lavoro o un appuntamento, di chi ha degli impegni da sbrigare. Il contrario del flâneur, che non ha niente da fare, almeno per alcune ore, e si guarda intorno, si sofferma sui particolari, sorride alle cose o si abbandona ai suoi pensieri. Il flâneur è una figura anacronistica nelle nostre metropoli, il suo corrispettivo potrebbe essere l'homeless, che è però il più delle volte un flâneur forzato, degradato e irrequieto, un flâneur ansieggiato da innumerevoli problemi, anche lui diverso nella sostanza dall'artista stile Baudelaire, un privilegiato anche se ribelle.
Nemmeno il disoccupato è un contemplatore. Dedica molto tempo a leggere le inserzioni di lavoro, a scriverne o a fare il giro dei supermercati cercando quelli che fanno più sconti. E' un ottimo conoscitore dei mercatini di quartiere e, con l'andar del tempo, se non trova qualche occupazione in nero, assume le abitudini della casalinga, figura sociale nient'affatto priva di lavoro, ma al contrario superoccupata in diversi lavori non pagati, perno del ménage familiare, punto cui si riferiranno tutti i componenti della famiglia allargata per le più varie commissioni e incombenze.
Le mie immagini di Milano sono proprie di una lavoratrice a tempo pieno, colte con un colpo d'occhio e subito archiviate come cose interessanti su cui tornare a riflettere in un secondo momento. Attimi sottratti al tempo che scorre precipitosamente e alla realtà presente in cui mi trovo, tuttavia prive di rielaborazione ulteriore: immagini prive dell'accompagnamento di pensieri, perché appunto mancava, nell'attimo della loro percezione, il tempo per pensare.
Un mattino ero capitata in via Valtellina, dopo il ponte di via Farini, un ponte che fra l'altro è sgradevole attraversare a piedi, su uno stretto marciapiede a lato di una strada molto trafficata e rombante di chiasso automobilistico. Ma era una di quelle giornate di primavera piene di vento che presagiscono l'estate e danno una luce diversa alle cose. In quell'aria straordinariamente pulita e frizzante si profilava davanti ai miei occhi la spianata della Dogana, paesaggio inconsueto poiché non vado mai da quelle parti. Proprio quell'orizzontalità ampia e luminosa, totalmente inattesa, creò un lieve senso di straniamento tale da suggerire la sensazione della vicinanza del mare. Era in me l'idea gioiosa, quasi esaltante, che al di là delle linee dell'orizzonte potesse dilatarsi la distesa del mare.
In un'altra circostanza mi trovavo sul rettilineo di via Palmanova, che accompagna per chilometri gli automobilisti fuori dalla metropoli, in una mattina tersa dopo la pioggia. Laggiù in fondo, nelle giornate limpide, s'indovinano le vette innevate delle Prealpi, stagliate nette oppure ombreggiate dal rosa del tramonto.
La sensazione era quella di trovarmi in un paese di montagna a respirare l'aria frizzante d'alta quota.


(9-8-11, Doppiozero)

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