domenica 24 aprile 2016

Perché Luigi Di Ruscio e Mariano Bargellini?

Perché ho intervistato e mi sono occupata in diverse occasioni di due autori arrivati fino a tarda età pressoché ignorati nelle vesti di prosatori, come Luigi Di Ruscio* e Mariano Bargellini*? Perché mi sono parsi subito degni di nota, fin da quando mi sono imbattuta nei loro testi. In quest'epoca di restaurazione mi è parso più interessante valorizzare autori estremisti, forse eccessivi nel loro anticonformismo, piuttosto che l'aurea mediocritas.
Luigi Di Ruscio per i suoi romanzi assai poco romanzeschi, secondo le sue stesse parole: per le sue iscrizioni o historiae del presente esposte in forma trasgressiva, volutamente sgrammaticata e portatrice della voce degli oppressi.

Mariano Bargellini per gli aspetti immaginativo e linguistico propri del suo stile. L’immaginazione è ricca e ampiamente sviluppata nei suoi romanzi e racconti, ritenendosi l’autore stesso erede del genere fantastico (o della fantascienza italiana alla Landolfi). L’aspetto linguistico è quello che meriterebbe maggiore attenzione poiché è complesso, dichiaratamente barocco o neobarocco che dir si voglia, tuttavia applicato a materiali persino ultramoderni a volte, comunque strettamente imparentati con la nostra vita ora e qui. Si crea dunque un contrasto interessante nell’accostamento fra la ricerca e la parziale riproduzione dell’italiano ricco e sonante della tradizione più illustre (fra i maestri: Leopardi, Manganelli, vari autori del Seicento) e alcuni caratteri della contemporaneità come la realtà virtuale, i media e così via.

domenica 10 aprile 2016

Macchine immaginative di Mariano Bargellini

La metafora sottostante La setta degli uccelli di Mariano Bargellini (Corbo editore, Ferrara 2010) prendeva spunto da una visione cittadina (un intero condominio di Milano avvolto da pannelli pubblicitari su cui giganteggiavano le foto di uccelli predatori dagli occhiali griffati) per sviluppare l'intera realtà immaginativa del romanzo, ambientato appunto in un edificio quasi completamente chiuso e isolato con un suo supermercato interno e addirittura una sua cripta, la cui unica evasione possibile pareva costituita dal trasformarsi in uccelli, e di questi in anime trasmigranti, di diversi inquilini. Qui i volatili, gli uccelli-anime, avevano la funzione di elevare, liberare l'uomo incatenato ai falsi valori degradati della società-caverna che lo rinchiude.
Anche nel romanzo Giocare a mangiarsi (Effigie, Milano 2015), del medesimo autore, si parte da una visione: quella apocalittica, archetipica dell'invasione del mondo umano da parte d'insetti. Gli animali in questo caso arriverebbero per distruggere. Si scopre però non trattarsi propriamente di animali, che nel loro habitat naturale sarebbero sottoposti alle leggi ferree, equilibratrici della natura, bensì di avatar fuoriusciti dagli schermi dei nostri pc, in particolare da un videogioco alla moda che vede ogni sera l'intera collettività seduta al computer, occupata a fronteggiarsi, a duellare, a eliminarsi vicendevolmente con tecniche spietate mutuate dalla classe antica e fortissima degli insetti. Le caratteristiche vincenti di questi animali valorizzate dal videogioco di successo sarebbero la totale anaffettività, la conseguente spietatezza e velocità non intralciata da dubbi o ripensamenti, la grande varietà e adattabilità a ogni ambiente; caratteristiche efficacemente rappresentate dal rivestimento corporeo coriaceo e cheratinoso simile a corazza, oltre che dagli apparati connessi alla predazione ingegnosi e ipertecnologici.
Sull'albero della metafora centrale di un mondo invaso dagli insetti-contrappersone umane s'innestano altre trovate originali.