Intervista ad
Alessandro Raveggi
Cominciamo dal tuo work-in-blogger,
come tu stesso l’hai soprannominato, il blog Nella vasca dei terribili piranha,
che avevi pensato potesse essere un piano di lavoro visibile e interattivo,
un’area amplificata e socializzata dell’omonimo romanzo che stavi scrivendo.
Che bilancio hai tratto da quel primo esperimento di “blog-spia” sul lavoro
segreto e preparatorio di uno scrittore?
Mi sono divertito un sacco. Ho aperto la scrivania di materiali
consultati per comporre il romanzo (musiche, immagini, testi, saggi,
manoscritti antichi) nell’arco di due anni, dal 2008 al 2009. Ho finito di
scrivere il romanzo nel luglio del 2009, dall’altro lato dell’Oceano Atlantico,
e ho praticamente interrotto il blog, lasciandolo come archivio aperto. In
questo modo, condividendoli, li ho anche distanziati, quei materiali: li ho
alleggeriti per permettermi di usarli all’interno della narrazione. Il blog ha
avuto un discreto seguito, anche se ci tengo a precisare che sul blog
difficilmente si trovavano pezzi del romanzo e lo considero un’elaborazione
autonoma – non è un romanzo on-line, o un ipertesto, ma appunto un desktop
aperto. Il romanzo omonimo è invece ancora in giro, molti editori importanti
l’hanno letto con entusiasmo, ma l’hanno ahimè considerato troppo complesso per
struttura e scrittura, per il loro pubblico. Gli editori medio-bassi in
generale, salvo illuminazioni, hanno lettori troppo sottopagati per avere la
pazienza di leggere un libro con molteplici storie incrociate. Vedremo, magari
uscirà tra venti anni, anche se aumentano i suoi estimatori, e non si sa mai...
Intanto, mi sto dedicando anima e corpo al nuovo romanzo, che credo sia anche
una nuova fase della mia scrittura e si distanzia dal primo. E ho altre proposte
che stanno girando per qualche editore, come un libro di memorie di viaggio
messicane, apparse alcune su Alfabeta2, Carmilla e Il Reportage.