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mercoledì 7 dicembre 2011

Le leggi non scritte

Esistono delle leggi non scritte, diceva Antigone al tiranno della sua città, che non le permetteva di seppellire il corpo del fratello, reo di aver combattuto contro la patria. L'argomento di una tragedia greca molto antica (V secolo a.C.), una delle prime di Sofocle, si rivela oggi di straordinaria attualità. Queste leggi profonde dentro di noi pare che reclamino universalmente, in tempi e luoghi diversi, sotto qualunque sistema o regime, rispetto per i morti e per i loro familiari. Come hanno dimostrato negli ultimi decenni le vicende di Nancy Cruzan negli Stati Uniti, di Ramòn Sampedro in Spagna, di Vincent Humbert in Francia, di Piergiorgio Welby in Italia, o il drammatico caso di Eluana Englaro non ancora concluso, è sentimento generale che tali leggi debbano estendersi anche a chi non può vivere in condizioni degne di essere vissute e invoca una morte che la società tecnologicamente avanzata gli ha tolta, o a chi è tuttora sospeso in un limbo premortale mentre diversi macchinari collegati a parti del suo corpo espletano funzioni che il suo organismo nel complesso non è più in grado di organizzare. Piergiorgio Welby, nel suo libro, chiama morti insepolti coloro che giacciono anni e anni, persino decenni, in uno stato vegetativo permanente.
Il coro di filosofi, medici, giuristi, opinionisti che in questi anni si sono espressi in materia di diritti del morente è l'eco di un sentire che viene da molto lontano, dalla tragedia antica come dalle riflessioni di pensatori di tutti i tempi, amici della conoscenza e del genere umano.
Ho voluto lasciare a questo coro di voci la sua voce, poiché è come se ci trovassimo ancora di fronte a una tragedia.