Il forte calore ha incollato parte delle pagine,
alcuni volumi si presentano come mattoncini di carta compattata, dalla
copertina plastificata mezza fusa. I risvolti di copertina sono saldati ad
alcuni fogli, i margini sono carbonizzati ed emettono un odore acre.
Per un doppio salvataggio, materiale e simbolico,
trascrivo qui alcuni passi di volumi andati a fuoco nella cantina-magazzino
dell'editore Giovannetti, incendio cui ho già fatto riferimento nell'articolo "La trilogia in fiamme".
Dario Lanzardo, nell'Ombra della Gulfstream (Effigie 2010) racconta un'allegria di
naufragi da cui si possono salvare anche bambini nella culla, marinai malinconici
diventati folli per la troppa solitudine, un singolare assedio di cavallette in
mare aperto, traffico d'armi e d'oro su imbarcazioni che battono bandiere ombra,
morti che scivolano silenziosamente in mare. E' la solitudine uno dei temi
più interessanti del libro, solitudine o nostalgia per le quali si può anche
impazzire oppure per le quali si può entrare in una più profonda intesa col
mondo animale. Durante la risalita del corso dell'Orinoco si crea la convivenza
fra un marinaio e una scimmietta. Questi, "memore della sua passione
giovanile per i film di Tarzan, cominciò a darle un'identità chiamandola con il
nome di Cita. Le parlò nominando le cose che toccava e che sembravano
interessarla maggiormente. Un giorno le raccontò qualche episodio delle sue
avventure scoprendo il piacere di ascoltare la propria voce evocare fatti
realmente accaduti o sognati. Le parlò di Beppe e dell'amicizia, di Pinto e del
tradimento, della rivoluzione che avrebbe riportato gli uomini ad amare la
natura e della donna che gli aveva fatto tremare i polsi; le descrisse il Porto
delle nuvole dove non sarebbe più tornato. Non aveva mai parlato con tanta
facilità come di fronte al piccolo primate che, per qualche gesto della mano o
particolari luccichii degli occhi, sembrava capirlo. Quando poi la scimmietta
si addormentava sulla stuoia che fungeva da scendiletto o sul cuscino sopra la
sedia, Tullio s'inteneriva come un padre di fronte al sonno della sua
bimba." (p 86).