Invece, di fatto, sono sola come un cane nella facoltà di lettere e filosofia senza le porte per entrare e senza neanche le porte per uscire. Con qualche strada che va a qualche ora nella facoltà murata, cammino verso la facoltà, si direbbe vita, invece non lo è perché gli appunti tirati giù sono monumenti alla ripetizione e penne di pappagallo. Alessandra Saugo
... In una città straniera, estranea a tutto...
avvolta nei pochi stracci dei miei lutti... quasi una mendicante: notte, dammi
la tua moneta di silenzio...
Perché sono sempre in viaggio? Qual è il mio nome?
Esiste un nome al quale io possa rispondere? Esiste qualcosa per cui valga la
pena essere chiamati? Io non sono nulla... Non ho neanche ricordi, neanche un
luogo da cui provenire... Ah sì, c'è qualcuno che abita con me questo angolo
sporco: è uno dei miei amanti. Sta ancora qui perché non sa dove andare.
Intanto io non li distinguo, per me può restare. Può anche invecchiare qui, se
vuole, e diventare infelice proprio dove lo sono io. Tanto non me n'accorgo, e
neanche lui si accorge di me. Neanche gli amanti m'appartengono più.
Eppure qualcosa sono venuta a fare in questa città
straniera. Sì, a prendere appunti. Seguo il corso di un professore
all'università. E di che cosa si occupa? Di una teoria tutta sbagliata. Perché
lo sto seguendo? Mi piace, a volte, ascoltare la voce delle persone. Al mattino
vado in facoltà ad ascoltare voci: faccio la spesa di voci... La spesa? E chi
mi mantiene? Parenti in pensione. Loro hanno lavorato tanto tempo fa, e hanno
anche vissuto. Io non ho lavoro né casa. Sono una studentessa, un'eterna
bambina-che-impara. E' strano: sono una bambina pur non essendo figlia di
nessuno. Non sono quasi mai stata figlia. I miei non li ricordo: sono morti
prima che li potessi ricordare. Gli amanti non li ho mai guardati in volto.
D'altronde, non sono neanche una donna: uomo a me stessa, donna a me stessa,
quando è il caso.