R.S. Quali suggestioni letterarie hanno
avviato il motore della fabula di questo romanzo sugli insetti digitali di un
videogioco, traboccati dagli schermi, inspiegabilmente, nella realtà? Come non
pensare (ma forse è fin troppo facile e semplicistico e vago: dunque
fuorviante) a La metamorfosi di Kafka…
M.B. Di fatto, La metamorfosi di
Kafka, per quello che io ne so, è il primo ed è rimasto, fino ad oggi, l’unico
esempio di metamorfosi in insetto della letteratura. Ivi inclusa la fiaba di
magia. La storia di Gregor Samsa, ciò detto, non ha in verità proprio niente in
comune con questa di Giocare a mangiarsi. Qui la classica (ma del tutto
nuova) perdita del sembiante umano ha delle modalità delle cause una cornice ed
un senso (o meglio dei sensi) alquanto diversi. In primo luogo: la iattura,
temporanea o definitiva, qui riguarda non già una persona, il protagonista del
racconto, ma tutti. Secondariamente, causa del fenomeno da incubo è un
videogioco. E ancora, che tale fenomeno, cioè la metamorfosi del giocatore nel
proprio avatar entomologico: alter ego il più alieno dall’umanità e maschera da
idolo di un computer game nefasto; sia una minaccia incombente ogni giorno
sopra di te, e poi, a un tratto, ti piombi addosso davvero, iattura paventata
inspiegabile e inaudita, è denegato dai più. Addirittura dalla maggioranza.
Forse da tutti, escluso il fabulatore. E per concludere: Giocare a mangiarsi,
quanto al suo carattere, si presenta come una storia comica e quanto al genere
come un romanzo fantascientifico satirico. Tranne il finale, repentino e
catastrofico. La metamorfosi di Kafka è una catastrofe, vuoi figurale
vuoi esistenziale, dalla prima all’ultima riga.
R.S. Tu però sei solito affermare che
la lezione di Kafka è stata fondamentale per te. Se ce lo spiegassi, e lo
mettessi in chiaro, ora, una volta per tutte…?