martedì 22 luglio 2014

Andare a piedi o in seggiovia

Dev'essere un po' come prendere la seggiovia: staccarsi da terra stando comodamente seduti, con posto singolo però, un posto solo per te; non come in aereo dove ci sono tanti posti. La maggior parte di noi deve compiere a piedi i percorsi in salita, impiegando tempo e fatica per raggiungere la meta. Qualcuno invece improvvisamente si trova in seggiovia, è baciato dalla fortuna, il destino viene mutato miracolosamente per intervento di qualche deus ex machina, il cui nome resta nell'ombra. E' raro che gli scrittori scendano nei particolari di come è avvenuta la loro pubblicazione decisiva, quella che li ha resi famosi. Un giorno il libro appare in libreria e questo è tutto ciò che vi è da sapere. Forse maggiori dettagli emergeranno in una futura biografia in caso di autori passati alla storia.
Ecco, penso che così avvenga per quasi tutti gli scrittori. Improvvisamente pubblicano, sono baciati dalla fortuna. Nessuna parola sul deus ex machina.

Bio in spiccioli

Per estrazione sociale, secondo la definizione marxiana, sarei proletaria, in quanto figlia di lavoratori salariati e io stessa salariata. Loro tuttavia, i genitori, classe lavoratrice agevolata dal boom economico, hanno potuto usufruire di alcuni vantaggi e godere di qualche soddisfazione pure in ambito lavorativo. Io invece, avendo trovato un lavoro che non ha nessuna relazione coi miei studi o col titolo di laurea, ho fatto un passo indietro anziché in avanti, in questo pienamente parte del mio tempo. 

giovedì 17 luglio 2014

Microtraumi

Dei grandi traumi, magari accaduti in epoca remota e infantile, è difficile parlare perché il linguaggio con cui narrarli risulterebbe presumibilmente alterato, sconnesso, lacunoso, minacciato da amnesie e rimozioni, poco razionale, difficilmente referenziale. I grandi traumi si prestano idealmente al racconto spostato, camuffato e deformato della narrativa, dell'invenzione, della "menzogna" letteraria.
Al contrario dei piccoli traumi, di cui forse è costellata la vita di molti, si può parlare in maniera più disinvolta. Il mio piccolo grande trauma dell'età adulta è stato il lavoro. Ebbi un licenziamento, o meglio un'interruzione improvvisa del rapporto di lavoro, emotivamente quasi paragonabile, per come la vissi personalmente, a un licenziamento in tronco, a ventinove anni, dopo due anni che lavoravo stabilmente, continuativamente in una casa editrice. Mi si disse semplicemente che non si aveva più bisogno di me da un momento all'altro. Non ero regolarmente assunta, ma una collaboratrice che si recava in sede tutti i giorni e faceva orario d'ufficio come se fosse assunta allo stesso modo degli altri, fatto un po' anomalo ma non poi tanto se confrontato con la vasta gamma di particolarità offerte dal lavoro irregolare che contraddistingueva l'editoria già nel passato. La mia situazione era sempre stata "appesa a un filo", tuttavia con le speranze tipiche dei giovani pensavo che le cose si sarebbero sistemate col tempo, nonostante avessi assistito pur in quel breve periodo a un caso di licenziamento vero e proprio, e fossi al corrente del fatto che il settore editoriale era già in piena ristrutturazione, con la progressiva esternalizzazione di redattori approdati prematuramente alla pensione o decisi a mettersi in proprio, che avevano costituito services editoriali e continuavano a lavorare a pieno ritmo con l'azienda. Anni novanta.