Racconto
Il critico mi telefona nel cuore della notte per dirmi che non ne può più, mi denuncerà in quanto stalker.
- Vuoi smetterla di mandarmi libri da leggere? Lo sai che per me
questa è una tortura!
- Ciao, sei davvero…? Non credevo…
- Vuoi capirlo che mi opprimi? e pure mi deprimi? Solo vedere una
tua copertina da lontano mi fa venire l’ansia di prestazione (sai cos’è?).
Riesci a immaginare quanti libri devo leggere, sfogliare, agucchiare, tastare
anche solo per la consistenza della carta, per la qualità della rilegatura, per
non parlare delle copertine, che sono già metà del significato del libro, e io,
modestamente, con la mia competenza anche artistica, rischio di restare per
giorni bloccato così, incantato a fissare l’immagine riprodotta, specialmente
se di un qualche valore, specialmente se copia di un capolavoro ineffabile! Per
non parlare dei risvolti… a seconda dei titoli elencati nella bioblio, dei
commenti di una qualche risonanza che si leggono di sotto o di sopra rivoltando
il volume fra le mani, intanto per soppesarlo, per valutare la mole da
affrontare, il numero di giorni da dedicare… Riesci a immaginare il grado di
stress cui mi sottoponi ogni volta che mi spedisci quello che tu chiami “un
piccolo dono”?
- Ma ho pubblicato poco… solamente due libri in vent’anni… Posso
avertene spediti due al massimo e dilazionati nel tempo!
- Sì, ma si aggiungono a tutti gli altri che già mi si accumulano
sulla scrivania e sulle sedie e sulla panca dell’ingresso e sul tappeto e sotto
il tappeto! Poi, scusa, ma dell’ultimo libro mi hai mandato almeno dieci
versioni diverse prima di pubblicarlo! Basta! Non lo voglio più vedere! Le
dieci versioni dattilo le ho subito buttate ovviamente. Gioisci: nella carta da
riciclare. Purtroppo, nel dividere la carta dalla plastica della rilegatura, ho
perso anche alcuni preziosi minuti…
- Ma tu a quel tempo eri editor di una collana, per questo ti
avevo mandato degli inediti!
- Cerca di avere un minimo di senso della realtà… so che per te è
difficile, ma sforzati: già mi escono dagli occhi i libri stampati!
- Va bene, ma eri pure editor. Vabbè, continua.
Trasformatosi in narratore nel cuore della notte (di giorno
critico illuminato, di notte storyteller per sceneggiature televisive), il
celebre critico mi mette a parte di una sua fantasia romanzesca: io sarei una
paranoica convinta che il mondo… no, non il mondo, più che altro i custodi del
sapere, specie di divinità egizie che presiedono un’inquietante società
segreta…
- Senti senti cosa ti sei inventata, cosa frulla in quella tua
testolina… C’è addirittura una figura mitologica con la testa di cane che
soppesa su un suo bilancino i cuori di scrittori e scrittrici d’insuccesso,
imploranti di varcare la soglia della visibilità: chi sarebbe questo Anubi, eh?
Io? Il Simo? Il Marchi? Nella tua testolina questa setta di sapienti sacerdoti
(alla luce del giorno, critici e recensori) si riunirebbe a scadenza periodica e,
con riti arcaici, deciderebbero le sorti delle patrie lettere: pochi i salvati
e molti gli esclusi. Tu naturalmente sei fra gli esclusi, ça va sans dire.
- Ma perché fra gli esclusi? Mi leggete forse?
- Certo che no. Quante copie venderai? Appena venticinque?
- E dunque? Sarebbe più meritevole essere riuscita a vendere migliaia di racconti polizieschi? Vi guarderò dall’alto del mio fallimento... *
- Ho sognato che volevi uccidermi! Attirato in uno scantinato
milanese con la scusa di una retrospettiva arricchita da nuove
scoperte, qualche lacerto di diario ancora inedito, su De Chirico e Savinio,
che avevo presunto ambientata in un bell'esempio di archeologia industriale à la page… mi smarrivo, non trovavo i
quadri e nemmeno l’uscita… doveva trattarsi di un garage, di un sotterraneo
spettrale senz’auto e senza invitati, pure senza buffet ahimè, di che brutto vernissage
si trattava? Una trappola! E chissà quale speciale pena avevi in mente di
infliggermi? Sulle soglie dell’egizio regno dei morti qualcuno pesava il cuore…
Ti rappresentavi così la scena, no? Io, il Simo e il Marchi che incidevamo il
costato di malinconici autori dalle vendite a un solo zero, massimo a due zeri,
e soppesavamo le loro pene di scrittura… Questo è debole, qui non scorre, questo proprio non sta in piedi… Tu ti vedevi fra gli esclusi e
non sopportavi il responso, anche se meritato! Volevi eliminarci uno per uno...
mi avevi teso un tranello in quel sottosuolo postindustriale… Povero me, ti
avventavi con un’accetta!