Olio di gomito
per pulire gli elementi della cucina, poi di corsa a un evento pomeridiano di Bookcity.
Quest'anno forse riesco a seguirne due o tre, anche se me ne ero prefissa
cinque o sei.
Nel grande
teatro del centro la sala principale è dedicata alla presentazione di un
romanzo storico-rosa che sta spopolando. È difficile
entrare per la ressa: una moltitudine di ragazze in coda per farsi firmare le
copie dall'autrice ostacola non poco l'accesso alle altre sale che ospitano diversi
eventi. Il mio è al primo piano: Mappe nel caos della poesia contemporanea.
I relatori cercano di dire qualcosa su un mondo corporativo e autoreferenziale
(sic), quello della poesia contemporanea che cita e ordina sé stessa,
consegnandosi alla posterità già confezionata in alcune antologie e mappe
orientative.
La saletta non è
proprio vuota, anzi più piena del solito, perché, a differenza dei tre-quattro
ascoltatori che abitualmente costituiscono il fedelissimo pubblico dei reading,
qui si stanno concentrando una decina di persone, forse qualcuna in più, delle
quali soltanto alcune si salutano, altre è la prima volta che si vedono: e
questa sì che è una gran differenza rispetto alle solite letture pubbliche di
poesia, dove i pochi convenuti si conoscono, si sono già letti e ascoltati, se
la cantano e se la suonano, comunque contenti di ascoltarsi e auscultarsi vicendevolmente.
I lettori di poesia sono i poeti stessi, si diceva qualche tempo fa; ora si può
aggiungere che i poeti stessi sono anche i critici della poesia. Un relatore
osa di più: per un certo periodo i veri e propri critici (quelli non poetanti?)
hanno avuto paura a pronunciarsi sulla poesia attuale.