mercoledì 10 febbraio 2021

Conversazione con Claudia Zaggia, una scrittrice dotata di stile

Roberta    Cara Claudia, nel suo romanzo Naufraganti (Italic, Ancona 2015) si può rintracciare uno stile, una sintassi che contraddistingue nettamente il suo modo di scrivere. Una dichiarazione di poetica si trova a pag 165: "La leggerezza, deve essere tutto abbastanza leggero. La scrittura, l'andamento, quello che dicono." Calvino parlava di "planare sulle cose dall'alto" in uno dei punti delle Lezioni americane. A me pare di rinvenire traccia di questo tocco leggero in frasi come queste: "In quelle prime ore del mattino già si dicevano così tante cose che si creavano piccoli vortici e turbamenti vari." (pag 189); "Suo figlio, quei suoi occhi, fingeva di dormire e poi si accorgeva che lui la stava guardando e con uno sguardo così serio, così attento." (pag 214). Parlerei di ventosità della frase, lievemente scombinata al suo interno: "Ma adesso più niente, potersi liberare di tutti i libri, lo farei se solo sapessi come, cerco intanto di perderli, di lasciarli in giro, li abbandono, qualcuno mi insegue, lo ritrovo, me lo riportano indietro." (pag 266). Giri di frase che con poche virgole hanno piccole svolte, tipo questa: "Forse era solo la legge dell'abitudine, l'abitudine lo sorvegliava, lo teneva a bada, fidarsi di lei?" (pag 206) oppure questa: "Poi ad un certo punto ecco che tutto quell'insieme cominciò a diradarsi, ad allontanarsi, più niente, solo un cielo vuoto." (pag 210). I discorsi dei passeggeri sulla nave sono spesso interrotti, stralciati dalla brezza marina. Ed è delicato anche il modo di tratteggiare i personaggi, per esempio l'assassina che se ne sta appartata: ha già scontato la pena, coinvolta in un delitto dalle motivazioni poco chiare, donna non più giovane, molto educata e gentile, ora pare serena nonostante i tanti anni di prigione; riservata, è fra quei passeggeri che escono di notte. Come le persone che hanno molto sofferto, appare particolarmente sensibile anche la madre che scrive lettere alla figlia morta; mentre la pazza della nave, la donna che parla quotidianamente coi suoi morti come se fossero presenti, coltiva a sua volta una follia discreta, protettiva...

Claudia    Sto cercando di ricordare quel mondo, quei personaggi che stanno sulla nave, ricordo quando ho iniziato a scrivere quest’opera, era un lontanissimo 1995, ci furono dopo molte interruzioni, arrivò come niente il 2000 e l’opera non era ancora finita: c’erano sempre alcune revisioni da fare. Passarono altri anni e infine tutto sembrava pronto: si poteva cercare di farla pubblicare. Qui inizia tutta un’altra storia che un poco ho anche raccontato. Tra un rifiuto e l’altro arriva abbastanza rapidamente il 2015, Naufraganti viene pubblicato, adesso dovrebbe iniziare il bello: far conoscere, far leggere l’opera, vedere cosa ne dicono gli altri, gli altri non dicono molto, qualcuno non dice niente. Pazienza, me lo aspettavo, saluto un poco tutti e mi metto a scrivere altro. Sullo stile e la scrittura potrei riportare quello che altri hanno detto, tutti comunque abbastanza d’accordo, evito l’elenco, non credo sia importante. Sicuramente rileggo molto, ascolto la frase, tolgo anche molto e butto via. 

Roberta    Sulla nave "non dialogano tra di loro, questo no. Che brutta parola, non usarla mai." (pag 132). Non ci si confronta, si allacciano invece pacate conversazioni, spesso interrotte, parole lasciate scivolare. E anche nella vita del personaggio-narratrice i dialoghi che lei ha avuto con altri si trasformano subito in pensieri, discorso indiretto libero oppure riflessioni tout court che seguono i dialoghi, per esempio a pag 13: "La vita sociale, disse. Quale vita sociale? Da tempo non ne ho nessuna, non ne ho mai veramente avuta una. Frequento poche persone, esco poco e per incontrare sempre meno gente, cammino soprattutto da sola, lontana da tutto". Questo discorrere con se stessi di alcuni personaggi, e soprattutto della narratrice, accentua il senso di solitudine. Sensazioni dominanti sono la solitudine e il senso di fallimento. Sono diffusi nella società o appartengono soprattutto a scrittori e artisti?

Claudia    Scrittori e artisti dovrebbero essere più consapevoli, più attenti a certe cose, di fatto lo sono, se non vengono troppo distratti dall’attualità e dalla chiacchiera. Sulla nave c’è gente che scrive, alcuni sono anche scrittori famosi, forse. Poi ci sono scrittori evocati, presenze che portano ad altre storie, uno soprattutto: Marcel Proust, ma quasi altrettanto importante è Henry James, questo americano che come pochi altri capì e amò un certo modo di essere dell’Europa e che a Venezia era di casa.  Poi come fantasmi si aggirano appartenenti a quel mondo mitteleuropeo che tanti scrittori ha dato e soprattutto personalità affascinanti.

Roberta  Un altro aspetto molto interessante di questo romanzo è l'accostamento alla narrazione di note di scrittura, di modo che seguiamo la stesura nel suo farsi e cogliamo aspetti biografici e storicosociali che, se pure appartengono alla narratrice-personaggio, ci danno un'idea del contesto in cui il libro fu scritto, a fine millennio (nel 1999, a quel che si dice). La vita della narratrice intradiegetica del romanzo è afflitta da disagio psichico e fisico. Morirà prima della fine del libro (credo a pag 269) e forse si ripresenterà in fondo al mare a salutare i suoi personaggi nell'ultimo paragrafo, con un tocco surreale, quando sono tutti morti. L'ultimo capitolo, che aveva già scritto, viene collocato dopo la sua morte (se non erro). Non ha avuto una vita piacevole, tutt'altro, per motivi familiari, affettivi, psicologici e sociali. Sempre asimmetrica rispetto agli altri, a come essi l'avrebbero voluta. Si può vedere in lei il destino che tocca agli artisti: in questo nostro tempo per nulla capiti? L'arte e le città d'arte qui parrebbero in via di estinzione. Si registra la messinscena delle mostre ma con scarsa sensibilità nella ricezione da parte del pubblico, che si muove in folti gruppi indifferenti e sostanzialmente ostili all'arte e all'anticonformismo…

Claudia    Sono nata a Venezia, vivo a Venezia anche se non sempre, so dunque bene cosa sono, che uso si fa oggi delle città d’arte. Potrei qui parlare a lungo, mostrarmi indignata e offesa, di fatto lo sono. In questa città più che altrove domina la monocultura turistica, una gran brutta cosa, ma su questo sono state fatte molte analisi, sono stati scritti ottimi libri, non che siano serviti a molto, solo un poco di consapevolezza in più. La narratrice è sicuramente una persona infelice, una che non si trova bene da nessuna parte ed è però in buona compagnia, ho in mente Thomas Bernhard. L’arte e l’artista oggi? Non saprei, dipende, non è facile, sicuramente della parola arte si abusa e noi, come la narratrice, viviamo stati di smarrimento e di malessere. D’altra parte mi sembra vengano scritti molti romanzetti con i quali non c’è mai il rischio di farsi male e ci sono troppi scrittori con il salvagente.