mercoledì 11 gennaio 2012

Perché vengono?

Un discorso di James Hillman


Chi sono, gli animali che compaiono nei nostri sogni, e perché vengono a noi, proprio a noi che abbiamo trascorso gli ultimi due secoli a stermi­narli regolarmente, a un ritmo sempre più rapido, senza pietà, specie per specie, in ogni parte del mondo? 

Eppure, con quanta incrollabile fiducia conti­nuano a entrare nella nostra anima del sogno, nel­le nostre fantasie infantili, nel nostro immaginario artistico - e a spezzarci il cuore con le loro soffe­renze. Un cormorano cosparso di petrolio, la car­cassa di un rinoceronte macellato per il corno, i maiali che gridano nei recinti dei mattatoi, il pe­sce capovolto che galleggia, le balene arenate, morenti. 

Chi sono, loro che hanno formato il massimo sistema simbolico della coscienza umana dai tem­pi di Altamira? E noi come viviamo con loro, ora che questa intimità con il loro mondo e con la no­stra animalità ha ceduto completamente il passo alla separazione? Pur separati dalle nostre vite - a eccezione dei cuccioli che coccoliamo, feticci residuali di una comunione arcaica - essi ci perse­guitano nei sogni e nelle fantasie artistiche delle nostre poesie, dei film e dei romanzi.


Per la psicologia, e per noi nella misura in cui siamo psychai, gli animali sono il vero problema. Sicuramente non possiamo accontentarci di cre­dere che siano soltanto una parte di noi racchiusa nelle nostre teste come rappresentazioni delle no­stre brame, delle nostre bestialità e della bellezza istintuale, un'antologia di metafore riferentisi alle nostre fisionomie e ai comportamenti che ci sono propri, come se ciascuno di noi fosse un Noè ca­pace di accogliere al suo interno l'intero regno animale. (E perché mai - sia detto di passaggio - Dio avrebbe ordinato a Noè di salvare soltanto gli animali, tutti gli animali, di ogni specie, com­preso l'animale uomo - senza far cenno alla vege­tazione, al grano, all'orzo, al miglio e alle rose?) 

Così il presente libro, coi suoi poveri mezzi, vuole tentare di dar corso all'ordine divino di sal­vare gli animali nella nostra ecologia psichica, di mantenerli in vita, di accoglierli benevolmente, chiedendo loro, come faremmo con un visitatore che bussasse alla nostra porta di notte: "Chi sei? vieni da molto lontano? e cosa vai cercando qui? Sì, puoi entrare, sei il benvenuto - e benvenuti voi, scarafaggi, granchi, orsi polari, elefanti". Farò posto per voi nella mia intelligenza, perché avete già trovato la via che porta alla mia anima attra­verso i sogni. Volgerò verso di voi la mia intelli­genza e vi concederò il rispetto dei miei pensieri più profondi. 

La psicologia ha un debito particolare nei con­fronti degli animali, se è vero che essi sono il sistema simbolico primordiale, e se la psicologia non ha completamente dimenticato che anche noi sia­mo animali, mangiamo con le unghie e coi denti, soffriamo la sete, ci accoppiamo e attacchiamo al seno i nostri piccoli, sporchiamo con le nostre de­iezioni punti prestabiliti e andiamo soggetti a va­rie emozioni, al panico, alla lussuria, all'amore del nido, alla curiosità. Come possiamo capire noi stessi in quanto umani se non abbiamo familiarità con le loro immagini e i loro comportamenti nelle nostre anime? Cosa fanno con noi, e noi con loro, nell'intimità più profonda che ci sia, nei sogni? Certo c'è di meglio che osservarli a distanza nei parchi naturali, negli studi scientifici, nelle gabbie degli zoo, nelle foto patinate e nei film sulla natura. 

Balzano fuori da quelle lontananze per ritro­varsi nel nostro letto al buio. È qui che possiamo incontrarli ogni notte, non chiamandoli ma ri­spondendo alla loro chiamata. Il presente libro vorrebbe contribuire ad aprir le braccia al loro ar­rivo e a ritardarne la partenza. 


Introduzione al saggio Animali del sogno, Cortina, Milano, 1991

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