lunedì 2 gennaio 2012

Non sono nata da una costola né dalla casta


Fino a non molto tempo fa una scrittrice nota e considerata era in numerosi casi la moglie di uno scrittore noto e considerato (Elsa Morante, Dacia Maraini, Carmen Llera, per citarne almeno tre, furono in momenti successivi mogli dello stesso scrittore, Alberto Moravia) oppure una personalità bizzarra e isterizzante, talvolta un vero e proprio caso di psicosi conclamata (Alda Merini e Amelia Rosselli, per fare due esempi arcinoti). Nel primo folto gruppo possiamo includere tranquillamente tutte le figlie e parenti d'arte (citiamone una famosissima, Margaret Mazzantini, e una giovanissima Viola Di Grado). I casi parentali sono facilmente spiegabili. Come spiegare invece quello della deferenza verso la follia?
In passato esisteva il fenomeno della glossolalia: il delirio psicotico veniva interpretato come lingua degli dei. Ecco, l'ammirazione per molte poetesse deriva a mio parere anche da qui: la donna-poeta, la donna-folle si situa nel solco delle sibille. Molti personaggi femminili del mito e della letteratura antica sono "pazze" che dicono il vero, spesso non credute, mezze imparentate con gli dei mezze disprezzate dagli uomini: Cassandra e Antigone sono due esempi eccellenti, ma di striscio entra nel gruppo anche la Sfinge, colei che pone indovinelli irrisolvibili, colei che conosce verità inaccettabili… Alla donna è concessa la poesia, restiamo nella tradizione, anche perché, come si sa, la produzione di raccolte, opuscoli e carte poetiche non s'intreccia coi grandi giri d'affari dell'editoria. Più legata a dinamiche di mercato, carriera e successo è invece la produzione di narrativa.

In un periodo storico ormai purtroppo superato, mi raccontava conversando Laura Bosio (scrittrice e collaboratrice editoriale), ci fu addirittura un momento favorevole di eccezionale apertura e ricerca di autrici, probabilmente il periodo immediatamente postfemminista, di larga diffusione della cultura e del tempo libero fra le donne, che portò al grande sviluppo della lettura e della letteratura cosiddetta "femminile" e dintorni. Ora che in quel mercato si trovano già ben posizionate diverse scrittrici molto sostenute e pubblicizzate, lo spazio si è di nuovo ristretto e, in una situazione divenuta più selettiva a causa della crisi (oltre che per il fatto che il popolo italiano è da sempre reticente alla lettura), le donne si trovano a essere penalizzate come da secolare tradizione.
Le società sono state per centinaia di migliaia di anni contrassegnate dal dominio maschile, che ancora si riconosce nei luoghi nevralgici della gestione del potere (presidenze di banche, di multinazionali, di Stati; ma non è solo questione di figure simboliche e rappresentative, si tratta anche di numeri, di quantità di azionisti, di ministri, di responsabili, d'incaricati d'incarichi significativi. Insomma il dominio maschile, come osservano sia Pierre Bourdieu (Il dominio maschile, Parigi 1998; Feltrinelli, Milano 2009) sia Lea Melandri (Amore e violenza, Bollati Boringhieri, Torino 2011), è ancora notevolmente diffuso, largamente indiscusso e sottilmente penetrante nella mentalità comune. Nessuna meraviglia perciò che si ripetano situazioni già note: nei gruppi, anche culturali, entrano a far parte più facilmente le sorelle o le fidanzate dei membri del gruppo in prevalenza uomini, cosa che può diventare decisiva negli ambienti più chiusi e ristretti, come quello letterario.
Ecco che si ricalcano procedimenti di selezione e promozione simili a quelli aziendali
La questione della maggiore abilità nel muoversi nel sociale degli uomini rispetto alle donne affonda le radici non solo nella storia, ma fin nella preistoria e addirittura nel tipo di struttura sociale dei nostri antenati primati, con i maschi da sempre dediti alla caccia e alla difesa del territorio, le femmine più legate alla società ristretta dei legami parentali. Si tratta di centinaia di migliaia di anni, se non di più, in cui le cose sono andate in un certo modo. Sperare di mutarle in pochi decenni sarebbe un'utopia. Continuiamo a impegnarci nel futuro, ma per adesso le cose stanno ancora in modo che gli uomini sono più portati a muoversi nel territorio "esterno", nella società, nel "nuovo". Non è soltanto una questione di aggressività ma anche di sensibilità e abilità nelle alleanze. Decisiva, nella caccia e nella guerra, si è infatti sempre dimostrata la capacità di cooperazione, di farsi alleati, di trasformare all'occorrenza persino i nemici in amici… Le alleanze maschili, più ancora dell'aggressività del singolo, sono la forza vincente. E in queste alleanze le donne fanno spesso una comparsa del tutto marginale o minoritaria.
Leggendo i nomi del comitato di redazione di alcune riviste, mi è venuto di pensare per associazione ai cartelli degli azionisti formatisi per la scalata a qualche importante istituto (una banca o altro). Formazioni di battaglia molto simili a cartelli per la scalata di una qualche casa editrice... Tutti uomini, le donne della redazione eventualmente una su dieci redattori; un nome femminile in più, se c'era, era puramente decorativo, cioè solo un nome a cui non corrispondeva alcuna attività della persona citata (nomi femminili messi lì, potremmo dire, per bellezza, o per dovere nei confronti del politically correct)…
Spostando l'attenzione dalle riviste alle collane editoriali, ho voluto mettere a confronto la percentuale di autrici esordienti in alcune collane che accolgono o accoglievano narrativa italiana (alcune di queste giovani collane, già poche, sono state chiuse o si trovano in via di chiusura). La scarsa, o addirittura nulla, presenza femminile all'interno di esse dà un'idea delle difficoltà che può incontrare un'autrice esordiente rispetto a un autore esordiente per pubblicare.

Collana Arno di narrativa d'avanguardia italiana e straniera (Lavieri, Caserta): autori tutti uomini
Collana di narrativa Rimmel (Laurana, Milano), casa editrice molto giovane con appena nove titoli: su 9 autori solo 1 donna
Collana Novevolt, giovane ma già in chiusura (Zona, Arezzo): 6 titoli tutti al maschile
Collana Narratori delle riserve (Transeuropa, Massa): nei primi 10 titoli nessuna donna

Qualche parola in più merita un caso letterario di Transeuropa. Dopo il decimo posto in ordine di pubblicazione nella succitata collana Narratori delle riserve, troviamo il libro erotico di una donna, Janis Joyce (Seventy Sex, 2011), lanciato nei mesi in cui riempiva le piazze d'Italia il movimento Se non ora quando. Proprio in un momento di straordinario ritorno dell'orgoglio femminile e femminista, reattivo rispetto agli interminabili scandali sessuali e di corruzione del governo e della società, la casa editrice Transeuropa non trovava di meglio da fare che spingere al massimo, con un marketing riconosciuto da tutti di grande efficacia, il solito libro di memorie sessuali al femminile, immancabilmente con protagonista minorenne di gran parte delle vicende narrate.
Un classico, l'esordio (o il lancio) scabroso, per una scrittrice di successo che non sia già "arrivata" (in quanto figlia o moglie o compagna di qualcuno dell'ambiente). Le memorie sessuali (Francesca Mazzucato, Melissa P, Janis Joyce,) accompagnano costantemente la produzione libraria al femminile, quasi che il ruolo vincente e più accettato per una donna che scrive sia quello (anch'esso di antica tradizione) della etera, della donna di facili costumi che, libera da stretti legami sentimentali o familiari, può parlare di ciò che vuole; ma di cosa parla infine? essenzialmente di sesso, il quale resta suo principale interesse, argomento e cavallo di battaglia. L'immagine tanto trasgressiva riproposta per l'ennesima volta continua a essere quella della ninfomane (che novità!), la donna che, pur con velleità ribelli e anticonformiste, non riesce a uscire dal territorio circoscritto delle fantasie e delle pratiche sessuali. La vendita di racconti erotici autobiografici, come mercanzia sessuale più raffinata e alternativa di altre, ripropone inesorabilmente l'immagine della prostituta, prostituta d'eccezione ben inteso, prostituta che sa scrivere, prostituta di talento, che va incontro alle fantasie dei maschi dominanti e del pubblico, fantasie anche inconfessabili, pedofile, trasgressive nei sensi più diversi.
I ruoli tendono a rimanere gli stessi nel corso degli anni: la moglie/sorella/figlia oppure la prostituta o, in via eccezionale, la pazza della porta accanto.
Il mio ruolo preferito sarebbe decisamente l'ultimo.

Questo articolo è apparso anche sul sito della Libera università delle donne

3 commenti:

ohan ha detto...

Pazza?

adriana ha detto...

conosci le bonobo ? sai che è una teoria ormai accettata che le antiche società non sempre discriminavano le donne? sai che esistono ancora società che non discriminano le donne, società in cui il femminile ha avuto ed ha piena parità con il maschile ?
non sono affatto convinta di quello che dici sul perenne dominio maschile, da sempre e per sempre, sembrerebbe.
vorrei leggere il tuo libro ma da questo post non capisco se mi interesserebbe, mi piace il titolo ma rimango perplessa dalle tue affermazioni sul perpetuo dominio maschile.
ah, esistono anche altri animali il cui comportamento non indica, come nelle bonobo, nessun dominio maschile
adriana
adriana@infinito.it

roberta salardi ha detto...

Bene, ci saranno sicuramente altre possibilità nelle varie specie. Credo tuttavia che noi siamo più imparentati con gli scimpazè che con i bonobo (letture fatte in proposito: diversi libri del primatologo De Waal). Anche nelle comunità umane ci sono e ci saranno varie possibilità. Alcuni studi di Pierre Bourdieu mettono molto l'accento su un immaginario collettivo dominato dal maschilismo, ma bisogna pensare positivo...