mercoledì 7 marzo 2012

Pensiero-e-azione


Non è raro constatare l’ininfluenza di articoli e appelli lanciati dai giornali. Un esempio? Il celebre appello di Saviano “Presidente, ritiri quella norma” (2009), che raccolse centinaia di migliaia di firme senza impedire che in Parlamento venisse in seguito approvata la norma sul processo breve. In quel caso la partecipazione collettiva richiesta fu ampia ma a bassa intensità, consistendo semplicemente in una firma on-line da apporre in calce all’appello. Ancor meno si richiede attraverso la pubblicazione di articoli di giornale: l’articolo viene letto, apprezzato quindi posato sul tavolo o sulla scrivania, anche se in alcuni casi, affiancato quotidianamente da articoli dello stesso tenore, può contribuire a condizionare l’opinione pubblica.
Più originale e suggestiva mi è parsa un’operazione mediatica di discreta risonanza in questi anni, legata a un’azione di lotta ma che non passò principalmente per la carta stampata. Mi riferisco all’Isola dei cassintegrati. Fu costruita anch’essa da “operatori della conoscenza”, sebbene meno in vista di Saviano. Due  blogger, Michele Azzu, laureato in comunicazione e musicista, e Marco Nurra, giornalista, decisero di sostenere con la creazione di un gruppo Facebook e successivamente con un blog (www.isoladeicassintegrati.com ) la lotta di un gruppo di cassintegrati della Vinyls di Porto Torres occupanti l’ex carcere dell’Asinara (2010). Inscenando e mandando in rete un’abile parodia del seguitissimo reality televisivo L’isola dei famosi, riuscirono a ottenere l’attenzione di stampa e tv e a tenerla viva per mesi. Il blog è attualmente aperto e segnala varie lotte di lavoratori sparse sull’intero territorio nazionale. 
Vorrei ora considerare alcune azioni altamente comunicative intraprese da comuni cittadini, semplici lavoratori divenuti intellettuali-comunicatori nel momento dell’azione politica. (Sul tema dei cittadini-intellettuali si può leggere anche su Alfabeta2 del 27-11-11 quest’intervista a Luca Rastello: http://www.alfabeta2.it/2011/11/27/piccola-apologia-della-vivisezione-intellettuali-e-potere/ ).
“Siamo tutti intellettuali,” scriveva Antonio Gramsci. A maggior ragione la sua asserzione si può ritenere valida oggi che molti hanno accesso a strumenti e mezzi di comunicazione largamente diffusi come videotelefonini, videocamere, macchine fotografiche, registratori, collegamenti radio, computer, internet. Se non vi ho accesso io, il gruppo intorno a me diffonde per me il mio messaggio, qualora lo ritenga importante.
Quando vi è una lotta in corso, alcuni membri della comunità in lotta da lavoratori-attivisti che sono possono diventare gli “intellettuali” del gruppo, coloro che si fanno carico della comunicazione del messaggio. L’antica netta distinzione fra lavoratori, combattenti e pensatori è caduta, cosicché una sola persona può riassumere in sé anche tutti e tre i ruoli. Il che ci riporta al discorso sempre attuale dell’inestricabilità di pensiero e azione. Restano tuttavia i limiti, le censure e le alte barriere del silenzio da superare per essere notati o ascoltati.
I licenziati delle ditte esterne che si occupavano dei treni notte cancellati da Trenitalia, saliti sulla torre-faro della stazione Centrale di Milano con la loro imprevista e spettacolare iniziativa (2011), si sono assunti il compito di elevare la protesta degli 800 licenziati della loro azienda nonché quello di sottolineare l’assurdità di una decisione che, riducendo drasticamente i collegamenti Nord-Sud, per molti aspetti taglia in due la penisola. Altri lavoratori in questi anni, prima e dopo di loro, hanno scelto di fare azioni eclatanti. Fra i primi ricordo i lavoratori della Innse (2009), proprio a Milano, quattro dei quali salirono su una gru e vi resistettero fino a ottenere l’acquisto e il rilancio della fabbrica. Salire sul punto più alto si può intendere come forma di reazione al silenzio e alla sottomissione in cui abitualmente, nella vita di tutti i giorni, i lavoratori dipendenti sono tenuti. Il gesto liberatorio della fuga e della salita verso l’alto, oltre alla ricerca della visibilità, che è la prima ragione, si può anche interpretare come reazione a una condizione subordinata e inascoltata. “Abbiamo rialzato la testa,” dichiaravano i lavoratori della Innse.
In circostanze di questo tipo si può felicemente osservare come un operaio o un contadino dei nostri giorni arrivi a esprimersi in maniera chiara ed efficace allo stesso modo di un tecnico specializzato o di una persona che abbia accumulato molte competenze. L’intervista rilasciata da Luca Abbà, piccolo agricoltore e attivista del movimento No Tav, per il programma Piazzapulita lo dimostra pienamente. L’intervistato parla in maniera corretta, con proprietà di linguaggio e con chiare e comprensibili argomentazioni. Riesce ad assumere un atteggiamento mite, privo di quella retorica “ideologica” (oggi guardata con sospetto) o aggressiva che potrebbe alienargli le simpatie degli ascoltatori. Punta su valori difficilmente contestabili come la difesa del proprio territorio, della casa proprietà di famiglia da generazioni, del lavoro sua unica fonte di sostentamento. La convinzione e la semplicità con cui si esprime lo rendono molto credibile. L’appello ai valori della famiglia e della proprietà potrebbe conquistargli anche le simpatie del pubblico conservatore. Il richiamo al legame con la natura rimanda invece alla battaglia ecologista, il discorso più universalista della lotta No Tav. Situata al crocevia di istanze come terra, casa, lavoro, questa lotta glocal (locale e globale insieme) si presenta nello stesso tempo come antica (difesa del territorio), moderna (difesa di casa e lavoro) e proiettata nel futuro (difesa dell’ambiente). Grazie a questo ampio spettro di sfumature, è in grado di coagulare il consenso d’individui e soggetti sociali diversi. In una fase di crisi economica e di sfiducia nella rappresentanza politica com’è quella che stiamo vivendo, funziona infine da catalizzatore del dissenso e del disagio sociale.
La filosofia ambientalista di Abbà, intrisa di elementi universalistici e non-violenti, al momento dell’azione, gli fa scegliere una prassi non-violenta. In un momento decisivo per lui, cioè quando le ruspe sono arrivate a toccare le recinzioni della sua terra, prova a fermarne l’avanzata mettendo a rischio la sua vita. Anch’egli come altri che sono saliti in questi anni su gru, torri, tetti, tenta di raggiungere una posizione sopraelevata, di alta visibilità. Prova ad arrampicarsi su un traliccio dell’alta tensione. Tramite un collegamento radio (si tratta di Radio Black Out, che sta seguendo e coordinando alcuni degli spostamenti degli attivisti per la montagna) continua a comunicare con altri del gruppo, a cui racconta minuto per minuto il succedersi degli eventi. La sua azione quindi è fin da subito altamente comunicativa. Cerca la visibilità e fa un racconto di ciò che accade.
In una stratificazione simbolica più profonda il traliccio come la torre, come la gru sono varianti del mitico albero del mondo, collegamento fra terra e cielo, punto d’incontro fra umano e divino. L’azione rischiosa, che termina nel giro di pochi minuti con un incidente grave, collega idealmente il sacrificio sfiorato a quello dei monaci buddisti che s’immolano per i diritti civili o a quello del tunisino Mohammed Bouazizi che, datosi fuoco per protesta, diede inizio della “primavera araba”; mentre la lotta per il territorio instaura una somiglianza con quelle che potrebbero essere le rivendicazioni di un palestinese cui le ruspe stiano per buttare giù la casa.
Dopo l’azione di Abbà, con l’estendersi delle manifestazioni in tutta Italia, non si è attenuata la ricerca d’impatto mediatico del movimento. Alcuni No Tav a Roma hanno fatto irruzione nella sede del Partito Democratico per essere ascoltati; altri hanno manifestato davanti alla sede di Repubblica, dove una delegazione ha chiesto che venissero espresse con onestà e chiarezza tutte le ragioni della protesta. Dalla parte dei Sì Tav un poliziotto sindacalista ha pubblicato su Facebook una lettera aperta ai manifestanti in cui ha esposto il suo sentire.
Tutte persone che, oltre a partecipare, si sono pronunciate e si pronunciano su una realtà complessa e aggrovigliata: hanno enunciato argomenti, fatto emergere il lato umano della situazione, suscitato emozioni o apportato dati e statistiche, come i ricercatori precari che hanno stilato questo documento http://siamostatiinvaldisusa.wordpress.com/ .
Ecco, siamo ritornati al documento. Anche qui c’è un documento, ma acquista senso solo se qualcuno lo fa vivere.


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