lunedì 28 gennaio 2013

Vis polemica


Mi si accusa da tutte le parti di essere troppo polemica. Capirei se vivessimo in un mondo in cui quasi tutto fila liscio o va per il meglio… E mi limito a dire: quasi tutto… Ma finché non sarà così, non vale la pena che si facciano sentire persone critiche, polemiche, dubbiose, puntigliose, combattive, bastian contrari, addirittura blasfeme e molto di più?
A me pare di essere stata fin troppo indulgente in tantissimi casi, di essermi messa nei panni dell'altro o nella logica inerziale delle cose, di aver lasciato correre, di non aver risposto a tono. Per esempio, quando sono stata accusata da un intellettuale illuminato di avere la mania del complotto perché avevo dichiarato di non voler partecipare a un riunione Tq fissata a Roma in occasione di una fiera del libro (non mi piaceva l'associazione Tq-fiere editoriali). Era da poco uscito il testo Senza trauma di Daniele Giglioli (Quodlibet, Macerata 2011) e molti lo citavano a proposito e a sproposito. Faceva molto in, in quel periodo, parlare di "mania del complotto"; e perché non appioppare questa psicosi anche alla prima antipatica di passaggio? Così… tanto non è nessuno, chi la conosce?, sarà sicuramente una che non conta niente, che non avrà né la mia intelligenza, che sono un intellettuale illuminato, né il carattere né l'influenza per rimettermi al mio posto. Certamente non saprà nulla né di psicopatologie né di psicanalisi, non capirà nemmeno di cosa sto parlando… Ebbene, non sono stata a infierire nella risposta, non ho sottolineato l'ignoranza, la presunzione, il ridicolo di chi cita a pappagallo e si permette di sparare giudizi su qualcuno che nemmeno ha mai visto in vita su­­­a. Eppure ricordo d'aver pensato con lucidità: ma i nostri intellettuali leggono, studiano, si documentano? Possibile che parlino così alla leggera di psicosi e nemmeno sappiano che cosa stanno dicendo? Senza la minima perplessità, curiosità, dubbio…
In ogni caso non mi convince chi interpreta la psicoterapia o la psicanalisi come metodi per "normalizzare" le persone. Innanzitutto mi si dovrebbe portare di fronte una persona "certificata" normale da un'équipe di psichiatri e studiosi (i quali comunque, facendo parte pur sempre di questa società, non possono non essere del tutto esenti da pregiudizi e condizionamenti). Poi conterebbe anche la mia opinione sulla persona chiamata a modello; anzi, sarebbe decisivo sapere se tale persona gode della mia stima oppure no.
Gli amanti del conformismo, della tranquillità e del quieto vivere che cosa farebbero di un personaggio come Aldo Busi: lo chiuderebbero in uno studio analitico e getterebbero la chiave?
A proposito, cito qui di seguito alcune frasi sferzanti e irriverenti che mi hanno divertito moltissimo durante la lettura del suo ultimo romanzo, El especialista de Barcelona (Dalai, Milano 2012):
"Infine l'arte contemporanea resta la migliore e più impunita lavanderia di denaro sporco mai inventata da Al Capone in poi… (…) Resto tuttora basito nel constatare quanto installazioni e manufatti e ninnoli artigianali e decorazioni in serie illimitata che andrebbero forse bene per fare le vetrine di Natale e poi, via, nel cassonetto della spazzatura, diventino in un museo altrettante collezioni permanenti, ci vuole un fegato dal geniaccio per gli affari unico per trasformare in qualcuno finanziariamente appetibile un cretino bricoleur che si presta alla fuffa e alla truffa o che ci tenga a diventarlo, 'sto qualcuno; ho conosciuto tanti artisti, tanti galleristi, tanti critici d'arte, tanti direttori di museo, tanti curatori di mostre e di aste, e di tutti quanti, nessuno escluso, potrei ripetere quanto avevo blandamente detto all'ultimo artista situazionista che mi aveva chiesto un parere sulla sua opera, una bambola gonfiabile crocifissa con tanto di rosario che le si sgranava fuori sul davanti partendo dal didietro, 'Sei così ignorante, analfabeta, furbastro, finto modesto, pieno di te, mediocre ma leccaculo di ogni potente fascistone di palazzinaro che mi stupirei se non diventassi qualcuno di catalogo in catalogo'." (pp 86-87);
"Perché nessuno è sincronico al suo tempo, chiunque viene limato e piallato da gente vecchia per niente e quindi da amori e da interessi e da modi e da pregiudizi e da inibizioni e da convenevoli e da crudeltà e da sessualità e da onanismi e da politiche e da culti e da dogmi e da misoginie del secolo prima, non fai in tempo a nascere fresco fresco che devi conformarti al sorridente putridume che ha le sue idee, mai le tue che stai ancora per farti." (p 199);
"… sottomissione incontestabile a quell'ignobile orpello tribale chiamato religione… (…) Sarebbe l'unico modo per dare un senso a questi primi stupidissimi centomila anni persi a causa degli ultimi duemila. Spazzare via dalla faccia della terra cristiani e mussulmani, se possibile ebrei, buddisti e ogni altro satanista, ripristinare i bellissimi e tantissimi e multietnici dei scoperecci che confluiscono nell'Olimpo, e mai più spostarsi da lì, quattromila anni dovrebbero bastare…" (p 199-200).
Qui si parla dei papa-boys&girls "che, pagati e spesati, non fanno che andare in su e in giù da Plaza de Catalunya fino in fondo alla Rambla cantando a squarciagola le loro angoscianti filastrocche sull'amore e la pace e la fratellanza e, in particolare, sulla misericordia della figura più mostruosa mai inventata da mente umana, un Padre addirittura Eterno." (p 209).

Nota. Fuori dal margine vorrei dire due parole su Senza trauma di Daniele Giglioli. In quel libro viene posta un'enfasi sul concetto di trauma che mi ha un po' sorpreso­­ dal momento che in psicanalisi è tutt'altro che fondamentale. Anzi, si potrebbe dire che tutta la psicanalisi va controcorrente proprio rispetto alla nostra idea di realtà, dei puri fatti, dei puri accadimenti, di ciò che sta alla luce del sole. Freud abbandonò la teoria del trauma specifico quasi all'inizio delle sue ricerche su nevrosi e psicosi, elaborando i concetti di pulsione e complesso, che poi divennero il fantasma di Lacan oppure gli oggetti interni della Klein. E' insomma l'interiorità, la fissazione, la composizione del carattere a determinare il comportamento umano, più della storia vissuta, importante anch'essa ma non decisiva. Due persone possono vivere lo stesso evento ma elaborarlo in maniera diversa, come si può constatare dal confronto fra le vite di fratelli. E' vero che dalla lunga bibliografia citata dal Giglioli­­ sul tema del trauma si deduce che trattasi di un tema ossessivo di questi ultimi anni, ma proprio questa elefantiasi è un segno che si tende a respingere sempre più ai margini la psicanalisi (ovvero una riflessione approfondita e non banale sul comportamento umano), almeno in Italia, sostituita persino nella clinica da terapie farmacologiche o da varie alternative new-age. E' un segno che ci sarebbe la necessità, forse, di ritornare a studi più meditati.
Un punto debole del testo critico di Giglioli, peraltro molto interessante per le complesse questioni sociopsicologiche sollevate, è l'espressione un po' contorta "trauma dell'assenza di trauma", che a mio avviso si può sintetizzare semplicemente così: pulsione di morte. 

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