giovedì 31 dicembre 2020

Voltando pagine: le prime

Cosa troviamo in prima pagina nei romanzi di successo? Diamo un’occhiata.

Nel Colibrì di Sandro Veronesi (La nave di Teseo, 2019), ultimo premio Strega, un Narratore forte esercita quattro o cinque volte nella stessa pagina la funzione metanarrativa, prende per mano il lettore, gli anticipa che sta per arrivare una notizia della massima importanza, gli sgombra l’orizzonte da particolari noiosi (“… e per adesso tanto basti: inutile descriverlo oltre, perché una sua descrizione potrebbe risultare noiosa…”), insiste a dire che sta per accadere qualcosa di decisivo, promette, invita… Fa gli onori di casa, fa sentire il lettore ben accolto, di modo che possa accomodarsi nel romanzo come in un luogo confortevole eppure interessante.

Un incipit più d’effetto è invece quello di Nicola Lagioia nella Ferocia (Einaudi 2014, anch’esso premio Strega) con una donna nuda che vaga insanguinata nella notte, che sospettiamo moribonda, probabilmente vittima di aggressione o forse di un incidente mortale, comunque nuda e senza soccorso, di cui non si trascura, pur nella drammaticità della scena, il particolare delle unghie dei piedi laccate di rosso. Donna nuda in seconda pagina per Lagioia, dopo una descrizione del paesaggio vicino a una villa: il primo quadro, nella pagina iniziale, è la campagna notturna, attraversata dalla bellezza impalpabile delle falene, resa inquietante da scene di caccia fra piccoli animali. L’inizio classico con descrizione di un ambiente (qui, naturale) è presto infranto dall’artificio di un’immagine ad effetto.

Più (fintamente) trasgressivo, Alessandro Piperno. In Con le peggiori intenzioni, (Mondadori, 2005) propone un inizio stuzzicante con promessa di un eros multiforme e adulterino, che strizza l’occhio più direttamente ai maschi sciupafemmine (o che sognano di esserlo) ma conformisti, le cui trasgressioni vengono comunque riportate nell’orizzonte delle convenzioni sociali con regali e denaro, distribuito ad hoc. Libertà ma con denaro, sembrerebbe il motto di Piperno.

Più trasgressivo ancora, e un po’ dissacrante, si annuncia Aldo Busi in El especialista de Barcelona (Dalai 2012), che si diffonde sull’odore di piscio che caratterizza alcune piazze della Spagna, non rinunciando nemmeno a un’irriverente invito al papa teologo a sincerarsi di persona di cosa sia quest’odore di umanità.

Si cambia registro con Walter Siti, che ci dice subito che fa sul serio. Un morto ammazzato in prima pagina: e con rito mafioso e con particolari raccapriccianti. Crudo realismo che annuncia cose forti e il distanziamento morale dell’autore in Resistere non serve a niente (Rizzoli 2012, premio Strega).

Paolo Cognetti (Le otto montagne, Einaudi 2016, altro premio Strega) invece mette un matrimonio in prima pagina, quello dei suoi genitori, più precisamente il loro innamoramento sulle montagne delle Dolomiti, coronato dallo sposalizio presieduto dallo stesso prete che li ha fatti incontrare. Cosa c’è di meglio per sentirsi rassicurati? È predisposta una solida cornice di ordine e armonia.

Domenico Starnone Via Gemito (Feltrinelli 2000, premio Strega) inizia con una bugia che non può essere creduta. E in un altro libro, Spavento (Einuadi 2009), con un sogno di morte però buffo.

Una dimensione surreale all’inizio della Leggenda privata di Michele Mari (Einaudi 2017), dove una congrega di brutti fantasmi dell’infanzia chiede all’autore minacciosamente un’autobiografia. 

Una sostanza sottile di Franco Cordelli (Einaudi 2016) colpisce per la tecnica compositiva. La situazione è il decollo di un volo aereo che deve ricongiungere un padre e una figlia. Ma soprattutto curioso è il cambiamento della voce narrante dall’io-padre all’io-figlia già a fondo pagina senza soluzione di continuità. Durante tutto il libro, s’immagina, ci sarà questo spostamento continuo del punto di vista. Sarà una narrazione in cui il narratore è fuori centro, come continuamente spostato, oscillante. 

In minoranza fra i premi Strega, come  al solito, le donne. Margaret Mazzantini con Non ti muovere (Mondadori 2001) sceglie un incipit drammatico con un’articolazione del discorso insolita. Anche lei inizia in medias res con la scena di un incidente grave, forse mortale, non narrato però convenzionalmente in terza persona bensì nel discorso rivolto da un io a un tu, dove il tu è la vittima dell’incidente.

Trionfo dello sguardo da fuori invece nel premio Strega La ragazza con la Leika di Helena Janeczek (Guanda 2017): oltre che in copertina subito in seconda pagina, dopo poche righe di prologo, si può ammirare una foto d’epoca dei due protagonisti, quindi la si descrive. L’evidenza dell’immagine s’impone, prende quasi tutto lo spazio della carta. Le ragioni e giustificazioni ci sono tutte: si tratta di un romanzo biografico e storico. Ma è anche un segno dei tempi in cui viviamo, tempi che si sentono fortemente attratti dalle immagini, che corrono verso le immagini, che non ce la fanno a trattenersi dal gettare le braccia (e le parole) intorno a un'immagine.

Nessun commento: