Cosa troviamo in prima pagina nei romanzi di successo? Diamo un’occhiata.
Nel Colibrì di Sandro Veronesi (La nave di Teseo, 2019), ultimo premio
Strega, un Narratore forte esercita quattro o cinque volte nella stessa pagina
la funzione metanarrativa, prende per mano il lettore, gli anticipa che sta per
arrivare una notizia della massima importanza, gli sgombra l’orizzonte da
particolari noiosi (“… e per adesso tanto basti: inutile descriverlo oltre,
perché una sua descrizione potrebbe risultare noiosa…”), insiste a dire che sta
per accadere qualcosa di decisivo, promette, invita… Fa gli onori di casa, fa
sentire il lettore ben accolto, di modo che possa accomodarsi nel romanzo come
in un luogo confortevole eppure interessante.
Un incipit più d’effetto è
invece quello di Nicola Lagioia nella Ferocia
(Einaudi 2014, anch’esso premio Strega) con una donna nuda che vaga
insanguinata nella notte, che sospettiamo moribonda, probabilmente vittima di
aggressione o forse di un incidente mortale, comunque nuda e senza soccorso, di
cui non si trascura, pur nella drammaticità della scena, il particolare delle
unghie dei piedi laccate di rosso. Donna nuda in seconda pagina per Lagioia,
dopo una descrizione del paesaggio vicino a una villa: il primo quadro, nella
pagina iniziale, è la campagna notturna, attraversata dalla bellezza impalpabile
delle falene, resa inquietante da scene di caccia fra piccoli animali. L’inizio
classico con descrizione di un ambiente (qui, naturale) è presto infranto
dall’artificio di un’immagine ad effetto.
Più (fintamente) trasgressivo, Alessandro
Piperno. In Con le peggiori intenzioni,
(Mondadori, 2005) propone un inizio stuzzicante con promessa di un eros
multiforme e adulterino, che strizza l’occhio più direttamente ai maschi
sciupafemmine (o che sognano di esserlo) ma conformisti, le cui trasgressioni
vengono comunque riportate nell’orizzonte delle convenzioni sociali con regali
e denaro, distribuito ad hoc. Libertà ma con denaro, sembrerebbe il motto di
Piperno.
Più trasgressivo ancora, e un
po’ dissacrante, si annuncia Aldo Busi in El
especialista de Barcelona (Dalai 2012), che si diffonde sull’odore di
piscio che caratterizza alcune piazze della Spagna, non rinunciando nemmeno a
un’irriverente invito al papa teologo a sincerarsi di persona di cosa sia
quest’odore di umanità.
Si cambia registro con Walter
Siti, che ci dice subito che fa sul serio. Un morto ammazzato in prima pagina: e
con rito mafioso e con particolari raccapriccianti. Crudo realismo che annuncia
cose forti e il distanziamento morale dell’autore in Resistere non serve a niente (Rizzoli 2012, premio Strega).
Paolo Cognetti (Le otto montagne, Einaudi 2016, altro
premio Strega) invece mette un matrimonio in prima pagina, quello dei suoi
genitori, più precisamente il loro innamoramento sulle montagne delle Dolomiti,
coronato dallo sposalizio presieduto dallo stesso prete che li ha fatti
incontrare. Cosa c’è di meglio per sentirsi rassicurati? È predisposta una solida
cornice di ordine e armonia.
Domenico Starnone Via Gemito (Feltrinelli 2000, premio Strega) inizia con una bugia che non
può essere creduta. E in un altro libro, Spavento
(Einuadi 2009), con un sogno di morte però buffo.
Una dimensione surreale all’inizio
della Leggenda privata di Michele
Mari (Einaudi 2017), dove una congrega di brutti fantasmi dell’infanzia chiede
all’autore minacciosamente un’autobiografia.
Una sostanza sottile di Franco Cordelli (Einaudi 2016) colpisce per la tecnica compositiva. La situazione è il decollo di un volo aereo che deve ricongiungere un padre e una figlia. Ma soprattutto curioso è il cambiamento della voce narrante dall’io-padre all’io-figlia già a fondo pagina senza soluzione di continuità. Durante tutto il libro, s’immagina, ci sarà questo spostamento continuo del punto di vista. Sarà una narrazione in cui il narratore è fuori centro, come continuamente spostato, oscillante.
In minoranza fra i premi
Strega, come al solito, le donne.
Margaret Mazzantini con Non ti muovere
(Mondadori 2001) sceglie un incipit drammatico con un’articolazione del
discorso insolita. Anche lei inizia in
medias res con la scena di un incidente grave, forse mortale, non narrato
però convenzionalmente in terza persona bensì nel discorso rivolto da un io a
un tu, dove il tu è la vittima dell’incidente.
Trionfo dello sguardo da fuori
invece nel premio Strega La ragazza con
la Leika di Helena Janeczek (Guanda 2017): oltre che in copertina subito in
seconda pagina, dopo poche righe di prologo, si può ammirare una foto d’epoca
dei due protagonisti, quindi la si descrive. L’evidenza dell’immagine s’impone,
prende quasi tutto lo spazio della carta. Le ragioni e giustificazioni ci sono
tutte: si tratta di un romanzo biografico e storico. Ma è anche un segno dei
tempi in cui viviamo, tempi che si sentono fortemente attratti dalle immagini,
che corrono verso le immagini, che non ce la fanno a trattenersi dal gettare le braccia (e le parole) intorno a un'immagine.
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