Era già la quinta che vedevamo, ma era prevedibile che non trovassimo subito. Troppo cupa, angusta... Si sarebbe potuto cambiare il colore delle pareti ma, si sa, la prima impressione è quella che conta. Il cliente mi disse che, entrando, era riuscito solo a immaginare candele accese, letture a lume di candela, lugubri veglie notturne. Certo quel soppalco, un senso di claustrofobia, lo dava… All'esterno tirammo entrambi un sospiro di sollievo.
Se la prima visita gli avesse fatto una buona impressione, mi avrebbe proposto di fare un secondo sopralluogo insieme con la ragazza. Dovemmo aspettare l'ottava visita per avere l'onore della sua compagnia, che in effetti ravvivò notevolmente l'entusiasmo della ricerca.
Nel corso della perlustrazione dei vani di quell'immobile sito in un quartiere residenziale, lei ebbe addirittura una folgorazione: "Ho visto i bambini! Caro, credimi, questa è la nostra casa!", non fece mistero di esclamare abbracciando il mio cliente per la gioia. Mi spiegò che nel vano cucina, stretto ma luminoso, aveva visto chiaramente loro quattro seduti al tavolo centrale, cioè loro due con i figli futuri: la grande finestra allargava notevolmente il senso dello spazio. Si provò a parlare di compromesso, ma la proposta non fu accettata dai proprietari. La ragazza restò così delusa che non comparve per un po'. Lui invece, flemmatico, sistematico, proseguì con una o due visite la settimana.
Gli piacque un appartamento che trovai anch'io molto grazioso. Le piastrelle dietro l'acquaio ricordavano gli azulejos portoghesi; inoltre la cucina dava su un'ampia veranda straripante di piante e di utensili da giardinaggio. In un angolo così curato persino lavare i piatti avrebbe potuto riservare occasioni contemplative, occasioni che il mio cliente era ansioso di cogliere, a quanto pareva. Da parte sua la ragazza, ancora "in lutto" per la visita precedente, non volle venire a vedere lo stabile. In attesa che si riprendesse, passammo ad altri appartamenti.