Visualizzazione post con etichetta christian tito. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta christian tito. Mostra tutti i post

venerdì 22 giugno 2018

Lettura di una poesia di Christian Tito

Dalla raccolta Ai nuovi nati, Fiori di Torchio, Seregno 2016

Ho tolto il relitto dal giardino, mamma
impediva all'erba di crescere

questa è la mia casa
qui ci sono i miei figli

ho aperto il cancello e l'ho lasciato andare

E' difficile costruire un cancello,sai?
Ancora più che metterci dietro una casa
che sia la tua casa

senza lavoro non c'è mutuo
ma per questa mia casa
c'è voluto un muto lavoro

è stato quello
che mi ha insegnato a parlare.



La poesia nasce da un momento di sollievo perché l'io del poeta pare essersi liberato di un peso: il relitto che impediva addirittura all'erba di crescere non c'è più, l'io narrante ha forse trovato il modo di metterlo fuori dal cancello ("lasciato andare" è ben detto poiché allude anche a una vita e volontà propria che il relitto ancora possiede). 
Il cancello inizialmente viene mostrato aperto, ma nei versi successivi la situazione sembra ribaltata: il cancello acquista valore per la sua funzione difensiva per casa e figli (il relitto potrebbe anche tornare indietro? qualche altra minaccia potrebbe profilarsi all'orizzonte?). Il cancello passa in primo piano rispetto alla casa stessa, il che fa pensare che la posizione difensiva per l'autore sia molto importante, insomma sia la sua posizione, con un cancello difficile da costruire, una difesa che gli si presenta difficile giorno per giorno.
La poesia aperta dalla leggerezza di quel cancello che si apre e di quella cosa pesante in giardino che esce come in volo, nella seconda parte è piegata da un senso di pesantezza, veicolato dal tema del lavoro, del mutuo, delle fatiche quotidiane.

lunedì 17 aprile 2017

Intervista a Christian Tito

Christian, tu hai dimostrato di essere una persona versatile e creativa in vari ambiti, dalla scrittura alla cinematografia alla musica. Com’è stata la tua formazione?

La mia formazione è stata esclusivamente legata alla soddisfazione della curiosità e dell'innata passione, da fruitore, per l'altrui arte. Non ho fatto nessun percorso accademico; posso dire che le mie espressioni artistiche sono state alimentate da continue e inesauribili fonti dirette assorbite e poi filtrate attraverso la strutturazione della mia identità e sensibilità.

E’ interessante notare che nonostante i molteplici interessi in campo letterario e artistico, tu svolga un lavoro di routine in una farmacia. Com’è avvenuta questa scelta lavorativa?

E’stata una scelta conseguente al mio percorso di studi scientifici di cui non sono pentito. Ho studiato Chimica e Tecnologie Farmaceutiche all’Università di Bologna, un percorso affascinante che può aprire e sollecitare molto la mente. Nello stesso tempo vivere Bologna negli anni novanta da studente amante anche dell’arte è stato un privilegio notevole, non solo per le occasioni che offriva di assistere a eventi, concerti, mostre ecc..., ma anche perché era ed è una città che emana un’energia creativa difficilmente riscontrabile in altri luoghi e favorisce incontri e scambi molto stimolanti. Una volta terminati gli studi ho scelto di lavorare in farmacia poiché, tra le varie possibilità che la mia laurea offriva, mi piaceva l’idea di restare a contatto con la gente, di lavorare col pubblico, fattori per i quali mi sentivo predisposto e che possono offrire occasioni di crescita umana. Non è pensabile in questo Paese e in questi anni di crisi economica, ma forse non è pensabile in assoluto poter sostenere se stessi e i propri figli (ne ho due) con le forme d'arti con cui mi esprimo io soprattutto perché, non per scelta, ma per vocazione, sono sempre espressioni poco commerciali o commerciabili. Come autore bisogna tenere conto con realismo che la poesia generalmente di soldi te ne fa perdere e mai guadagnare (ad eccezione di massimo una dozzina di nomi in Italia); la musica che suonavo (ho suonato in una rock band quando ero studente all'università), nella migliore delle ipotesi, assicurava divertimento, qualche birra gratis e tentativi più o meno falliti di risolvere le nostre nevrosi di ragazzi un po' problematici; venendo al cinema, se consideri che registi che per me sono fondamentali riferimenti quali Herzog, Kaurismaki, Kieslowski o, molto più di nicchia, come Vittorio De Seta, e che io ho solo girato cortometraggi con mezzi poveri da presentare al massimo in festival del settore, capisci bene perché finisco col fare tutt'altro lavoro. Però l’attività che svolgo, quella che mi consente di pagare le bollette, il mutuo ecc..., non è così di routine, dipende molto dal modo in cui la si interpreta e, se ho dato l'impressione che lo fosse, me ne dispiaccio, perché i problemi che ho avuto non sono stati con questo lavoro, ma proprio di rapporto col lavoro in generale e non certo per pigrizia. Nel tempo, attraverso un percorso di analisi, sono riuscito a modificare questo grumo che mi ha dato grande sofferenza e a trovare piacere nella mia attività trovandovi anche molte fonti d'ispirazione per l'arte.

mercoledì 22 marzo 2017

Una poesia di Christian Tito

         Ho degli occhi strani in questo periodo, simili a quelli di
conigli appesi ai ganci di una macelleria di paese.
        Senza più viscere né pelle racchiudono tutta la forza della
 vita che li ha attraversati in quegli occhi gelidi e severi per chi
 li guarda. Non capisce l’animale eppure sa.


(Christian Tito, Tutti questi ossicini nel piatto, Zona, Arezzo 2010, pag 38).