Fogli sparsi scritti nella tana
Guardavo al di là della strada oltre la curva dove
inizia il parco: quello era il punto di fuga verso il bosco, l'unico punto di
fuga possibile, l'inizio di tutte le fughe, il passaggio per il bosco… tutte
quelle nuvole frondose che quasi si potevano toccare… alberi nuvolosi perché
stava per piovere… Erano pieni d'ombra che il vento spostava continuamente tra
le foglie. Pieni di pioggia in arrivo e di cambiamenti.
Laggiù la vita sarebbe cambiata completamente:
pensieri semplici, pratici: come sopravvivere, come trovare cose da mangiare…
Una vita finalmente vera.
Mia madre è uno status. Mia madre è status. La madre è lo Stato. Madre-Stato. Lo status quo. Mai che si sia posta il problema di cosa mangia, di cosa mi dà da mangiare, di cosa usa per vestirsi, per vestirmi. Lo stato delle cose presenti. Senza presentimenti. Madre-single. Solo madre. O madre o niente. O ti mangi questa minestra o salti dalla finestra. Saltare, appunto.
Nella tana arriva il silenzio che piega le cose in due e in quattro come abiti ai piedi del letto. Il silenzio lentamente inizia a fare rumore perché scrive sulle pareti, intaglia graffiti profondi, incide sulla carne il non-ne-posso-più. Il silenzio è silenzio perché lo sto pensando, perché ci sto scrivendo sopra una lettera a mia madre in cui le dico che rinuncio volentieri a tutto quello di cui si circonda, mi circonda: ai cuscini del divano, al cielo stellato e infuocato in rotta di collisione nel suo scialle, agli alberi del giardino e alle urla degli animali. Questo silenzio fa rumore perché ci scrivo sopra, ci parlo dentro da sola, mi fa eco e ripercuote altro silenzio in queste caverne naturali nei boschi. Con esso rifiuto la vita che mi hai dato, mamma, la tua casa confortevole, la tua nonchalance che strappa grida all'universo. Desidero separarmi da tutto il mondo civile. Non voglio più vedere nessuno di voi. Voglio solamente stare in una grotta con dei cuccioli da allevare…
«Mi hanno sparato. Gli animali che sono in me si sono nascosti per non farsi trovare»: questa è una frase sibillina di mia zia (sussurratami un giorno con sorriso complice quand'ero bambina) che mi è rimasta impressa. Cara zia, come mi capiresti! Nemmeno io voglio essere trovata.
Pensieri di una volpe (cosa deve pensare una piccola volpe in cattività)
Essere in trappola, non avere scampo… C'è poco
spazio e fa tanto freddo… Correnti fredde arruffano il pelo. La morte è in
attesa. Non posso muovermi, scappare, vedere gli alberi, farmi una tana, essere
una volpe… Sono nata volpe ma non posso essere una volpe! Non posso essere
quella che sono! Mi hanno detto che posso soltanto aspettare la morte,
nient'altro. Non cercarla, non inseguirla, non fuggirla: solo aspettarla in un
angolo, dietro le sbarre, inascoltata, nel senza-urlo, nel solo-attesa.
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