Tommaso Landolfi, Cancroregina (Adelphi, Milano 1993)
Tommaso Pincio, Lo spazio sfinito (Fanucci, Roma 2000)
Enrique Vila-Matas, Esploratori dell'abisso (Feltrinelli,
Milano 2011)
E' stato osservato di recente da Alfonso
Berardinelli che precursore dello Spazio
sfinito di Tommaso Pincio avrebbe potuto essere il Landolfi di Cancroregina, se solo fosse stato
conosciuto allora dall'autore, che invece non l'aveva letto. Avrebbe potuto
trattarsi in effetti di una proficua influenza. Sia in quella che è considerata
una delle prime opere di fantascienza italiana sia nel romanzo uscito per
Fanucci nel 2000 cogliamo la medesima sventura dello smarrimento nello spazio. In
entrambi l'aspetto propriamente fantascientifico è irrilevante: l'interesse per
le innovazioni tecnologiche o per l'incontro con altre forme di vita
nell'universo, nullo. L'astronave che va alla deriva e si perde è più che altro
un pretesto per parlare della condizione umana. Con una sostanziale differenza.
Nel lungo racconto di Landolfi prevale
un interesse psicologico. Lo spazio più sconosciuto e inquietante si rivela
quello della mente.
Riprendo qui osservazioni già presenti
su questo blog in un articolo dal titolo “Primo Novecento dimenticato”. Scritto
da Tommaso Landolfi nel 1949, dapprima pubblicato su rivista, poi in volume da
Vallecchi nel 1950, Canrcroregina
pare tragga interesse e nutrimento più che altro dai risvolti surreali che il
genere fantascientifico consente.