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martedì 7 febbraio 2012

Uomini perduti nello spazio


Tommaso Landolfi, Cancroregina (Adelphi, Milano 1993)
Tommaso Pincio, Lo spazio sfinito (Fanucci, Roma 2000)
Enrique Vila-Matas, Esploratori dell'abisso (Feltrinelli, Milano 2011)

E' stato osservato di recente da Alfonso Berardinelli che precursore dello Spazio sfinito di Tommaso Pincio avrebbe potuto essere il Landolfi di Cancroregina, se solo fosse stato conosciuto allora dall'autore, che invece non l'aveva letto. Avrebbe potuto trattarsi in effetti di una proficua influenza. Sia in quella che è considerata una delle prime opere di fantascienza italiana sia nel romanzo uscito per Fanucci nel 2000 cogliamo la medesima sventura dello smarrimento nello spazio. In entrambi l'aspetto propriamente fantascientifico è irrilevante: l'interesse per le innovazioni tecnologiche o per l'incontro con altre forme di vita nell'universo, nullo. L'astronave che va alla deriva e si perde è più che altro un pretesto per parlare della condizione umana. Con una sostanziale differenza.
Nel lungo racconto di Landolfi prevale un interesse psicologico. Lo spazio più sconosciuto e inquietante si rivela quello della mente.
Riprendo qui osservazioni già presenti su questo blog in un articolo dal titolo “Primo Novecento dimenticato”. Scritto da Tommaso Landolfi nel 1949, dapprima pubblicato su rivista, poi in volume da Vallecchi nel 1950, Canrcroregina pare tragga interesse e nutrimento più che altro dai risvolti surreali che il genere fantascientifico consente.

mercoledì 21 dicembre 2011

Per voce altra

Parlerò di tre autori, anzi ne riporterò per maggior chiarezza le pagine, i quali compiono il mirabile sforzo di entrare in contatto con gli altri o con l'altro, con realtà inconsuete, infrequentabili o strane. Prodigarsi in questo senso è a mio avviso uno dei significati della letteratura.
Il romanzo Sangue di cane di Veronica Tomassini (Laurana, Milano 2010, pp 230, e 16.00) è la storia dell'amore sconvolgente di una donna per un polacco alcolista che chiede l'elemosina a un semaforo. E' ambientato in una Siracusa metropolitana, ma potrebbe svolgersi alla periferia di qualunque centro abitato circondato da baracche di emarginati. I ripetuti tentativi della ragazza di salvare lo slavo sono occasione per rapportarsi con un mondo di esclusi, la cui presenza accanto a noi è segno di qualcosa che spesso ci rifiutiamo d'interpretare ma che inconsciamente fa appello a tutte le doti umane di comprensione e partecipazione. La scena di seguito descritta, che si svolge in prossimità di quelle grotte in cui trovano riparo i senza casa, evoca un mondo fuori dalla storia e pare svolgersi all'ingresso dell'inferno:
"C'erano le grotte dei polacchi e le grotte dei rumeni, rom rumeni di Sibiu o Valea Seaca, famiglie intere con bambini in fasce, bambini di tutte le età. Dividevate il territorio, da una parte i polacchi, dall'altra i rumeni. A pochi metri, sorgeva la chiesa degli ultimi giorni e un albergo a cinque stelle. Ma entrando in zona franca, il mondo bisognava dimenticarselo.