Giocare con il realismo
Roberta Salardi
Trilogia della scomparsa:
Il corpo della casa -
Doppio diario – Nell’altra stanza
Effigie, Pavia 2020
352 pagine, euro 25
Eccoci di fronte a
un’opera inattesa,
una fortuna che
capita di rado. Di co-
sa tratta, cosa racconta
Trilogia della scomparsa?
Opera complessa, intensa
e problematica questa di
Roberta Salardi. La forma
scelta è quella del diario o
dei diari, attenzione però
alle differenze. L’opera
è affascinante perché
accidentata, succede e non
succede, è e non è. Non
teme di allontanarsi dalle
forme del realismo e con
il realismo però sempre
giocare; fa apparire quello
che è imprevedibile, porta
su strade sconosciute, non
lascia mai il lettore troppo
comodamente sprofonda-
to nelle sue certezze, gli
chiede di mettersi in gioco,
anche se giocare ha un
costo.
I personaggi femminili
creano realtà, le racconta-
no e subito dopo le fran-
tumano, è vero questo o è
vero quello? Forse la verità
sta da un’altra parte. E non
fidiamoci neppure troppo
dei nomi che dovrebbero
fare personaggio o per-
sonaggia. Le due sorelle
scrivono diari fantastican-
do, s’inventano storie e ci
cascano dentro. Perché di
solito si scrive un diario?
Per ritrovarsi, per stabiliz-
zarsi, per cercare di capire,
ma i diari di Martina e
Fabiola fanno altro. Questo
nella prima e seconda par-
te della trilogia. Nella terza
parte Andrea, un giovane,
cerca di far meglio facen-
dosi aiutare da scrittori e
autori conosciuti a scuola e
letti anche dopo. I risultati
non sembrano infine per
lui e per noi così rassicu-
ranti.
Il primo romanzo della
trilogia, Il corpo della casa,
subito ci affascina per
come la scrittura ci con-
duce pur avendo a che fare
con frammenti, allusioni
e appunti. Si incontrano
persone reali e inventate;
inevitabile il probabile in-
contro con i morti perché
«loro forse hanno pietà di
noi e ogni tanto ci vengono
a trovare».
Nel secondo romanzo,
Doppio diario, troviamo
Fabiola, però nello stesso
diario scrive anche sua
figlia Virginia che po-
trebbe sembrare la tipica
adolescente arrabbiata
con la madre; lei commen-
ta, ha da ridire, si mostra
soprattutto consapevole e
preoccupata dell’attuale
stato del pianeta. È questo
uno dei temi centrali della
trilogia.
Nella terza parte, ecco An-
drea: ha avuto un inciden-
te, sua madre malata, lui
giovane che qualcosa vuol
fare ed essere. Si occupa
e preoccupa soprattut-
to di filosofia, dialoga e
discute con un suo amico
che si chiama anche lui
Andrea, pensano a un
mondo diverso. La madre
muore, così ci racconta
Andrea, ma anche a lui non
dobbiamo sempre crede-
re: inaffidabili forse tutti
questi estensori di diari,
logorati da forme di follia
più o meno passeggera che
sembra voler soffiar via le
loro e nostre certezze.
C’è un ordine in
quest’opera, ci sono
richiami, riferimenti,
niente sembra lasciato al
caso. L’autrice ha lavorato
molto, senza però mai voler
dare ai lettori un filo per
poter percorrere con una
certa sicurezza i labirinti
della mente e del mondo
nel quale stiamo. Scrivere
libri come questo vuol dire
avere anche molta fiducia
nella letteratura, in quello
che può ancora essere.
Non salverà il mondo la
letteratura, non salverà
neppure noi singolarmente
presi, però qualcosa
abbiamo, lo sentiamo
leggendo. Quest’opera
non ci lascia soli e, come
diceva Leopardi «par che
s’ingrandisca l’anima del
lettore».
Viviamo in un gran brutto
momento, e non sto solo
parlando di virus più o
meno maligni; non si può
continuare a raccontare
facendo finta di niente,
devono cambiare i modi e
i percorsi della narrativa:
questa Trilogia della
scomparsa mi sembra un
interessante esempio.
Claudia Zaggia
Articolo pubblicato sul numero 147 della rivista "Leggendaria" (maggio 2021) a firma di Claudia Zaggia
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