C'era troppa enfasi intorno alla donna del capo. Dovrebbero essere altrettanto valorizzate, se non di più, scrittrici che non siano Elsa Morante, per esempio Livia De Stefani e Lalla Romano, che si sentono poco nominare e hanno scritto almeno due cose davvero interessanti. Mi riferisco al racconto Viaggio di una sconosciuta, del 1963, per fortuna recentemente ristampato da Cliquot, di cui ho parlato (qui http://voltandopagine.blogspot.com/2018/11/una-scrittrice-ingiustamente.html o qui http://voltandopagine.blogspot.com/2019/06/diciottenni-suicide.html), e a Nei mari estremi (Einaudi, Torino 1996). Ma si è parlato anche di loro, soprattutto a suo tempo, direte. Se n'è parlato, ma su di loro è caduto quasi l'oblio, forse perché erano un po' sperimentali, autrici che hanno rischiato qualcosa sulla pagina. Voglio pensare questo piuttosto che sia così perché non hanno sposato Alberto Moravia... Una battuta? Forse. Ma Elsa Morante è una scrittrice decisamente sopravvalutata, vogliamo ammetterlo? Un'autrice che, in un secolo così innovativo come il Novecento, ha riproposto gli schemi tradizionali del romanzo ottocentesco, intrecci melodrammatici e quell'idea, alquanto discutibile, che esistano isole incantate dell'infanzia. Il tema dell'infanzia è molto più convincente in Meneghello, che pubblica Libera nos a Malo negli stessi anni (1963, mentre L'isola di Arturo è del 1957). Se poi vogliamo parlare di dopoguerra e di vittime della Storia, è più profondo La pelle di Malaparte che La Storia di Morante; eppure accanto a Moravia, Pasolini e pochi altri si vede spesso citata Morante, mentre Malaparte, messo ingiustamente all'indice, non viene ricordato. Ma in sostanza Elsa Morante è ancora una scrittrice ottocentesca in pieno Novecento, la quale fa operazioni di retroguardia, mentre per esempio Livia De Stefani e Lalla Romano si portano all'altezza dei tempi.
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