Claudia Zaggia divide il suo romanzo Naufraganti (Italic, Ancona 2015) in due parti: la parte ambientata su una nave da crociera del 1914, che esploderà prima di arrivare in porto (fatto realmente avvenuto), e gli appunti di scrittura che accompagnano la stesura del libro, ricchi di elementi biografici relativi a una scrittrice dei nostri giorni. Frammenti autobiografici scivolano fra i pensieri di questo personaggio-narratrice che lavora al suo libro per molto tempo, perlopiù isolata e scoraggiata nelle poche occasioni in cui tenta di farsi conoscere. Nella realtà Claudia Zaggia comincia a concentrarsi sul tema che le sta a cuore nel 1995, scrive e riscrive, taglia, rivede più volte, riceve molti rifiuti, infine arriva a pubblicare nel 2015 con un piccolo editore. Ma al momento di pubblicizzare l’opera, l’indifferenza e l’indisposizione degli altri si ripresentano. Personalmente ho avuto notizia di Naufraganti (Italic, Ancona 2015) solo nel 2020, grazie a una recensione sulla rivista Leggendaria. Questo romanzo interessante sarebbe stato accolto dunque da un silenzio di tomba se non fosse stato per la minima attenzione di un periodico femminista.
Nella
finzione la stesura del romanzo non è avulsa dal contesto
di una società sfilacciata e degradata; rimane impaludata nelle difficoltà
esistenziali, comunicative e sociali dell'io narrante, che scrive in
solitudine, non trova interlocutori o interlocutrici, rimane sconcertato o
sconvolto quando si crea qualche contatto con critici e scrittori affermati. Le
difficoltà nella stesura aumentano perché si prevede che il libro sarà
indesiderato, non letto: "A volte sto qui a ripensare una parola, la
cambio, la sposto, la rimetto dov'era prima, poi mi sembra tutto una
sciocchezza. Penso soprattutto che gli altri leggono frettolosamente e non si
accorgono di nulla." (pag 245). La narratrice, suggestionata dai rifiuti
accumulati, dubita spesso delle sue stesse capacità: "Mi sdraio, sono
stanca, sto qui sdraiata e mi sembra possa essere per sempre, non ho alcun
talento mi sento dire..." (pag 242).Talvolta invece è capace d’ironia:
"L'ultima volta che l'ho visto è stato ad un premio letterario, lui è
sempre a tutti i premi letterari, fa parte della giuria naturalmente, qualche
volta sta invece tra i premiati, credo che alla fine anche lui faccia
confusione, mi stupirei del contrario, non deve essere facile." (pag 129).
E gli incontri con la critica-ameba e con il critico-pantegana sono umoristici.
Nelle pagine del diario tuttavia prevale il
dispiacere di non ricevere risposte: "Mando lettere, scrivo lettere su
fogli che dopo non trovo, a volte sono invece nel computer, ma chissà dove,
perdere lettere dentro un computer. Così non spedisco molte lettere, le
risposte sono comunque rare. Avrei avuto bisogno di una risposta qualche volta,
di qualcuno che mi dicesse di aver letto, considerato, capito, un po' magari il
solito gioco di dire e non dire. Tornare a casa e vedere che anche oggi non ci
sono lettere." (pag 38); "Finisco di scrivere qualcosa, lo mando a
qualcuno che potrebbe forse essere interessato. Qualcuno ne dice un gran bene,
qualcuno tace, i più fanno finta di niente. Passa il tempo, io continuo a
scrivere, questa continuità di scrittura certo non merita nessuna particolare
attenzione. Ormai so che cosa piace a quelli che danno i premi, alle giurie
piace il realistico consolatorio facilmente detto e con dei buoni propositi, i
buoni propositi sono tutto nella cattiva letteratura." (pag 43). Durante
una conversazione con lei ho domandato a Claudia Zaggia cosa pensa dell’attuale
produzione editoriale e lei ha risposto che ha l’impressione
vengano scritti molti romanzetti con i quali non c’è mai il rischio di farsi
male, che ci siano troppi scrittori “con il salvagente”.
E
durante la stesura di Naufraganti
naturalmente non sono mancati i consigli ad abbassare il livello il più
possibile.
In
questo romanzo al contrario si può rintracciare uno stile, una sintassi che
contraddistingue nettamente un’autrice sui
generis: uno stile molto legato alla leggerezza (in senso calviniano) e a
umori saturnini. Parlerei di ventosità della frase, lievemente scombinata al
suo interno: "Ma adesso più niente, potersi liberare di tutti i libri, lo
farei se solo sapessi come, cerco intanto di perderli, di lasciarli in giro, li
abbandono, qualcuno mi insegue, lo ritrovo, me lo riportano indietro."
(pag 266). Giri di frase che con poche virgole hanno piccole svolte, tipo
questa: "Forse era solo la legge dell'abitudine, l'abitudine lo
sorvegliava, lo teneva a bada, fidarsi di lei?" (pag 206) o questa:
"Suo figlio, quei suoi occhi, fingeva di dormire e poi si accorgeva che
lui la stava guardando e con uno sguardo così serio, così attento." (pag 214).
I discorsi dei passeggeri sulla nave sono spesso interrotti, stralciati dalla
brezza marina. E vi è un tocco leggero anche nel modo di tratteggiare i
personaggi, per esempio l'assassina coinvolta in un delitto dalle motivazioni
poco chiare, donna non più giovane che se ne sta appartata: ha già scontato la
pena, non si era data disturbo di occultare il cadavere; molto educata e
gentile, ora pare serena nonostante i tanti anni di prigione; riservata, è fra
quei passeggeri che escono di notte. Come le persone che hanno molto sofferto,
appare delicata e sensibile anche la madre che scrive lettere alla figlia
morta. Diversi di questi personaggi, oltre a essere un po' strani e svagati,
sono anche scrittori e scriventi: c'è una scrittrice chiusa tutto il tempo in
cabina, uno scrittore abbastanza famoso che ha smesso di scrivere, rammaricato
di aver perso le cose davvero preziose della vita, un critico che deve dare un
giudizio opposto a quello che pensa, uno arricchitosi per aver pubblicato le
lettere dell'ex amante defunta, che era famosa; mentre la madre di una
passeggera viene ricordata come un'autrice di successo che ha lasciato una
ricca eredità per aver venduto molti libri alla moda. Non mancano gli estensori
di lettere private, sempre sostenute da sentimenti rispettosi dell’altro.
Nella
vita privata della narratrice intradiegetica, vita qualsiasi di una persona
qualsiasi dei nostri giorni, il contesto è squallido: città come camere a gas
che producono disagi e malattie, erotismo perlopiù anaffettivo con amanti
occasionali, sensazione di straniamento durante le sporadiche cene con
invitati, attacchi di angoscia da affogare nell’alcool e così via.
In tutte le diverse incarnazioni dello
scrittore e dell’intellettuale qui rappresentate si riscontra il pallido
riflesso di una figura messa seriamente in crisi (abbiamo visto, poco
considerata, tenuta a distanza da tutti), quando ormai pare che nessuno
s’interessi più ai suoi discorsi, a una funzione etica e sociale della
letteratura.
Articolo apparso sulla rivista on-line Il primo amore il 7.03.2021
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