Uno dei motivi per cui non ho scritto tanti libri è dovuto al fatto che non credo del tutto nelle parole, nella loro capacità di trasformazione del mondo. Vediamo per esempio che il mondo permane largamente ingiusto nonostante i grandi libri che sono stati scritti. Notiamo anche che nella società dell'immagine, o dello spettacolo, è riservato uno spazio sempre più sacrificato alla parola scritta, nonostante vi sia chi si lamenta dell'imbarbarimento del linguaggio. Insomma, l'impressione è che la società lavori contro la pratica della scrittura. Qualcuno potrebbe obiettare: proprio per questo bisogna impegnarsi affinché quest'attitudine di civiltà non venga trascurata e osteggiata. E' vero, ma non siamo solo dei parlesseri, come direbbe Lacan, o dei pensesseri, come direbbe il filosofo del cogito. C'è pur sempre una vita da vivere e una società cui contribuire anche con altre pratiche. C'è il problema più banale di sbarcare il lunario ma c'è anche quello culturale ed esistenziale del discorso inceppato, che rasentava il silenzio, già nel Novecento, con Beckett. Non ammiro particolarmente i romanzi dove il protagonista è uno scrittore che parla del suo essere scrittore o del suo diventare o non diventare scrittore. Questo ha funzionato alcune volte, è stato significativo in alcuni contesti, ma ripetuto ulteriormente rischierebbe di suonare ridondante, e classista persino, quasi la protesta per un privilegio che non si ha più. Con l'aumento di precarietà e disoccupazione sarebbe assurdo che qualcuno si lamentasse di non essere riuscito a fare lo scrittore di professione, magari premiato, intervistato e invitato periodicamente a fare comparsate televisive.
Mentre ha senso aspirare a veder pubblicati i frutti del proprio lavoro, meno senso ha pretendere una vera e propria carriera come per una qualsiasi altra professione. Non mi convince l'imborghesimento dell'arte.
Spostandoci sui contenuti, alle trame con il narcisismo dello scrittore in primo piano preferisco decisamente un romanzo come Memoriale di Volponi, dove si parla di un operaio che non riesce a fare l'operaio.
Mentre ha senso aspirare a veder pubblicati i frutti del proprio lavoro, meno senso ha pretendere una vera e propria carriera come per una qualsiasi altra professione. Non mi convince l'imborghesimento dell'arte.
Spostandoci sui contenuti, alle trame con il narcisismo dello scrittore in primo piano preferisco decisamente un romanzo come Memoriale di Volponi, dove si parla di un operaio che non riesce a fare l'operaio.
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