Un estratto
E anzi, girando lo sguardo verso l’orizzonte, verso quel confondersi di mare a cielo e cielo a mare, verso i gabbiani che volteggiavano eleganti, gli parve che dall’isola, anziché la malasorte, gli arrivasse in quel momento una buonasorte anzi una buonissima sorte camuffata da donna, un donnone salentino, donnone inteso per altezza e larghezza, un’erculona tanta, boterosa, con spalle larghe, larghi i fianchi, larghissime cosce e petto assai, che s’appressò alla costa da dietro all’isola delle Pazze. Masello la vide sbucare al remo d’una barchettina mezz’affondata con la linea di galleggiamento a livello sponda, un’eccezione a qualsiasi legge fisica, che c’era da chiedersi come potesse quella barchetta di legno, esile e fradicia, sostenere tutta quella massa senza sprofondare, come potesse non incamerare acqua a ogni beccheggio, a ogni ondata, a ogni movimento di braccio e di spinta di remo, pericolosamente s’inclinava pelo pelo all’acqua, s’inchinava al mare e all’onda e subitamente si rialzava, ripigliava contegno per poi prostrarsi dall’altro lato e ripigliare posizione una volta ancora, a farci venire in mente a Masello quei pupi da prendere a pugni che ritrovano sempre l’equilibrio. Da lontano pareva sissignore una balena, non a modo di dire grossa come una balena, cicciona come una balena, grassa come una balena, proprio una balena vera, pareva un dorso di balena che faceva il paio con quel dorso di balena ch’era l’isola delle Pazze, forse un po’ più piccola, un’infante di balena al seguito della balena madre, e la cingeva torno torno, le faceva il giro e il rigiro in cerca della mammella, la barchetta navigava come un vaporetto trascinata dal ritmo della remata, tagliò quel latte ch’era diventato il mare, intra un’unica linea di nero, la barca avanzava a sobbalzi e sovvertimenti, emergeva la prua con quel suo nome pittato, Mariabbondanza, si sganciava dall’acqua e ricadeva, pareva fosse la barchetta a farci tutta la fatica, a sbuffare e crocchiare intra a quel cambio di fase tra acqua e aria, a darsi la spinta e lo sforzo per sfuggire all’onda: Masello se l’osservò quella barca e quella donna, a mezza voce mormorò, Ma che ci starà a pescare la Mariabbondanza? senza sapere che nominando la barca diede pure nome alla donna – se ne stava sopra alla barchetta con le anche aperte per tenere l’equilibrio e, a ripetizione, come pigliata da un astio contro l’acqua marina, gettava le reti e le ritirava a bordo. A Masello, quel nome gli faceva una tavolozza di colori intra alla capo, un quadro a meraviglia si faceva, se l’azzuccherava a destra e a manca, s’accavallavano pensieri che partivano dal suono che faceva quel nome, quasi sentiva una musichetta a pronunciarlo, a scivolare su quella legatura tra nome e opulenza, Mariabbondanza, che pigliava la rincorsa all’inizio della parola e poi si lasciava trasportare fino alla fine, come fare un salto e ricadere, a una a una unì altre parolette per assonanza, Mariabbondanza/ ci chiudemmo intra alla stanza/ ti spogliai con crianza/ tutta culo tetta e panza/ tu m’attizzi Mariabbondanza e sebbene ancora non la conoscesse di persona, già gli faceva il rimbambimento d’innamorato, una con quel nome, che da sola se ne andava per mare, che donna era questa donna, a sé stessa bastante, la Mariabbondanza? Gli era talmente familiare e reale e presente intra a se stesso che si convinse fosse, non già uguale, ma molto simile a una statua di madonna che aveva fatto l’anno prima, quasi che n’avesse fatta prima la statua e poi la persona, quasi l’avesse immaginata prima ancora d’incontrarla.
E anzi, girando lo sguardo verso l’orizzonte, verso quel confondersi di mare a cielo e cielo a mare, verso i gabbiani che volteggiavano eleganti, gli parve che dall’isola, anziché la malasorte, gli arrivasse in quel momento una buonasorte anzi una buonissima sorte camuffata da donna, un donnone salentino, donnone inteso per altezza e larghezza, un’erculona tanta, boterosa, con spalle larghe, larghi i fianchi, larghissime cosce e petto assai, che s’appressò alla costa da dietro all’isola delle Pazze. Masello la vide sbucare al remo d’una barchettina mezz’affondata con la linea di galleggiamento a livello sponda, un’eccezione a qualsiasi legge fisica, che c’era da chiedersi come potesse quella barchetta di legno, esile e fradicia, sostenere tutta quella massa senza sprofondare, come potesse non incamerare acqua a ogni beccheggio, a ogni ondata, a ogni movimento di braccio e di spinta di remo, pericolosamente s’inclinava pelo pelo all’acqua, s’inchinava al mare e all’onda e subitamente si rialzava, ripigliava contegno per poi prostrarsi dall’altro lato e ripigliare posizione una volta ancora, a farci venire in mente a Masello quei pupi da prendere a pugni che ritrovano sempre l’equilibrio. Da lontano pareva sissignore una balena, non a modo di dire grossa come una balena, cicciona come una balena, grassa come una balena, proprio una balena vera, pareva un dorso di balena che faceva il paio con quel dorso di balena ch’era l’isola delle Pazze, forse un po’ più piccola, un’infante di balena al seguito della balena madre, e la cingeva torno torno, le faceva il giro e il rigiro in cerca della mammella, la barchetta navigava come un vaporetto trascinata dal ritmo della remata, tagliò quel latte ch’era diventato il mare, intra un’unica linea di nero, la barca avanzava a sobbalzi e sovvertimenti, emergeva la prua con quel suo nome pittato, Mariabbondanza, si sganciava dall’acqua e ricadeva, pareva fosse la barchetta a farci tutta la fatica, a sbuffare e crocchiare intra a quel cambio di fase tra acqua e aria, a darsi la spinta e lo sforzo per sfuggire all’onda: Masello se l’osservò quella barca e quella donna, a mezza voce mormorò, Ma che ci starà a pescare la Mariabbondanza? senza sapere che nominando la barca diede pure nome alla donna – se ne stava sopra alla barchetta con le anche aperte per tenere l’equilibrio e, a ripetizione, come pigliata da un astio contro l’acqua marina, gettava le reti e le ritirava a bordo. A Masello, quel nome gli faceva una tavolozza di colori intra alla capo, un quadro a meraviglia si faceva, se l’azzuccherava a destra e a manca, s’accavallavano pensieri che partivano dal suono che faceva quel nome, quasi sentiva una musichetta a pronunciarlo, a scivolare su quella legatura tra nome e opulenza, Mariabbondanza, che pigliava la rincorsa all’inizio della parola e poi si lasciava trasportare fino alla fine, come fare un salto e ricadere, a una a una unì altre parolette per assonanza, Mariabbondanza/ ci chiudemmo intra alla stanza/ ti spogliai con crianza/ tutta culo tetta e panza/ tu m’attizzi Mariabbondanza e sebbene ancora non la conoscesse di persona, già gli faceva il rimbambimento d’innamorato, una con quel nome, che da sola se ne andava per mare, che donna era questa donna, a sé stessa bastante, la Mariabbondanza? Gli era talmente familiare e reale e presente intra a se stesso che si convinse fosse, non già uguale, ma molto simile a una statua di madonna che aveva fatto l’anno prima, quasi che n’avesse fatta prima la statua e poi la persona, quasi l’avesse immaginata prima ancora d’incontrarla.
Una normalissima questione privata
cui s’era ritrovato ad assistere
manco ci stesse spiando dal buco della serratura,
un gesto, per dirla, che quasi lo fece crollare al suolo
Intra a
tutta quella vastità che voleva essere, tutta quell’acqua, quell’apertura,
Masello c’ebbe l’impressione a un impicciolimento di tutto, un restringimento
come intra a un catino, il mare rimaneva sullo sfondo e invece la
Mariabbondanza s’ingigantiva al confronto: Masello non riusciva a scorgerne il
volto, ne sentiva solo lo sforzo intra a quella remata, faceva tale e tanto
movimento che le onde s’irradiavano dalla barca trascinando quel biancheggio di
medusa intra al saliscendi d’acqua e di schiuma. Il nome di Mariabbondanza
sulla fiancata, d’un chiaro simile al pallido di mare, risultava più evidente
intra al contrasto con il nero pece dello scafo. La barca aveva percorso un
centinaio di metri ed era quasi scomparsa alla vista, dietro uno spuntone di
roccia che apriva a un’insenatura più avanti, un piccolo porto che prendeva il
nome di Posto Rosso. Prima di raggiungere la costa, che ci bastava quasi tirare
la fune per essere portata a secca, disegnò un occhiello intra a mare, girò
lentamente su se stessa e rimise la prua verso il largo per poi fermarsi dopo
pochi minuti. Pareva che la barchettuzza c’avesse fatto tutta la manovra per
assistere a uno spettacolo, che dopo essersi pigliata popcorn e limonata
c’avesse messo i piedi distesi sopra a un puff. Ancora più strambo gli
arrisultò quello che fece la Mariabbondanza, la femmina e donna. Si levò, per
dirla, in piedi sopra alla barca, quasi maremotando il mare intorno, intra a un
gran sollevarsi d’onde e di schiume, si sistemò a prua, sollevò la veste fino
alle cosce e s’assittò pizzo pizzo alla paratia della barca, con il culo
strabordante fuori bordo e la gonna a calare lungo la fiancata, che anziché
Mariabbondanza, ora si leggeva Mari e danza, a dire danza di mari, un balletto
che ci facevano le acque, acque sopra e acque sotta, con la spumarola a
movimentare la barca o viceversa la barca a provocare la marea, intra
all’impresa di non affondare lei e lei, Mariabbondanza e Mariabbondanza: che ci
starà a fare quella benedetta donna, dopo essersene andata mare mare, ora
decide di piantarci le tende, la Mariabbondanza Rimase tutto fermo intra a
quella maniera per alcuni minuti, la barcuzza in obliquo a rischio di
catapultarsi e la donna assittata con la faccia rivolta all’isola e il culo
all’acqua. Masello camminò lungo un sentiero inghiaiato tra rocce e arbusti di
mare, tenendo un occhio al terreno per non capitombolare e un occhio sopra a
quel mistero di donna e di barca. La Mariabbondanza si rimise in piedi,
s’allisciò la gonna lungo i fianchi e rimase a rimirarsi il mare da quel lato.
Masello s’accorse allora che una parte della scritta Mariabbondanza s’era passata
da bianca candida a giallastra, intra a una macchia che partiva dall’alto e
finiva intra all’acqua: eccolo lì il grande misterio glorioso, misterio
naturale e normalissimo, una pisciatina a mare aperto della Mariabbondanza,
acqua intra acqua, a sbeffeggiarlo lo Ionio ammedusato, una normalissima
questione privata cui s’era ritrovato ad assistere manco ci stesse spiando dal
buco della serratura, un gesto, per dirla, che quasi lo fece crollare al suolo,
giacché se l’era disegnato uguale sputato intra alla capo per tutta la vita,
d’una donna sicura e fragile allo stesso tempo, capace d’andarsene da sola per
mare e di trovarsi naturalissima col culo di fora accasciata sopra all’acqua, e
quella donna siffatta, quella donna sarebbe stata per l’appunto la donna della
sua vita. Gli parve pertanto, intra a quella intimità che gli aveva offerto,
intra a quella sua raffigurazione precisa identica della statua della madonna,
gli parve di conoscere quella donna da sempre pure che nella realtà l’avesse
vista una volta sola e da lontano, che magari quello era per l’appunto amore –
hiii che parole Masello! Amore…
Brano apparso su Nazione Indiana il 30.11.2015. Il libro è stato in seguito pubblicato col titolo Il nome dell'isola da Autori riuniti, Torino 2016
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