Mi rincuora
leggere questo brano nel libro Oltre la
gabbia d'acciaio di Gianfranco La Grassa e Costanzo Preve (ed. Vangelista,
Milano 1994); mi pare sempre attuale e particolarmente natalizio. Scrive Costanzo Preve all'inizio della parte intitolata
"Marxismo e filosofia alla svolta del duemila": "La sconfitta
del comunismo storico novecentesco, consumatasi nel triennio 1989-1991, è stata
immediatamente interpretata dagli apologeti del capitalismo come fine della storia e come affermazione di
una modernità postmoderna, cioè di
una modernità ormai rassegnata a riprodurre indefinitamente le proprie
contraddizioni, rinunciando definitivamente ai sogni di emancipazione. La teoria della
fine della storia è infatti la specifica filosofia della storia della
postmodernità.
I
marxisti escono da questa vicenda come un pugile sconfitto sul ring. Ancora
intontiti per i colpi ricevuti, non hanno certo la capacità di progettare futuri
incontri, ma hanno soltanto la forza di ritornare al proprio angolo, mentre l'arbitro
solleva il pugno del vincitore. In realtà, questa immagine è fuorviante. Il
vincitore ha dovuto drogarsi per riportare la sua effimera vittoria e l'antidoping lo squalificherà. Per
riportare questa vittoria sul
comunismo storico novecentesco (usiamo questa espressione perché sia ben chiaro
che non identifichiamo questo comunismo con il progetto di Marx!), infatti, il
capitalismo si è drogato con le spese militari, con la speculazione
finanziaria, con lo stravolgimento integrale della cultura attraverso i media, con l'impoverimento selvaggio e
scandaloso dei paesi oppressi dall'imperialismo. E' allora bene passare ad
un'altra immagine. Il comunismo ci sembra oggi somigliare a Noè, ai suoi figli
e agli animali che portava con sé (cioè, fuor di metafora, alla natura che occorre salvaguardare e
salvare), che escono tutti dall'arca dopo il diluvio, e che hanno salvato però
l'essenziale per ripopolare la terra…" (p 119).
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