sabato 12 dicembre 2015

Il comunismo e l'arca di Noè

Mi rincuora leggere questo brano nel libro Oltre la gabbia d'acciaio di Gianfranco La Grassa e Costanzo Preve (ed. Vangelista, Milano 1994); mi pare sempre attuale e particolarmente natalizio. Scrive Costanzo Preve all'inizio della parte intitolata "Marxismo e filosofia alla svolta del duemila": "La sconfitta del comunismo storico novecentesco, consumatasi nel triennio 1989-1991, è stata immediatamente interpretata dagli apologeti del capitalismo come fine della storia e come affermazione di una modernità postmoderna, cioè di una modernità ormai rassegnata a riprodurre indefinitamente le proprie contraddizioni, rinunciando definitivamente ai sogni di emancipazione. La teoria della fine della storia è infatti la specifica filosofia della storia della postmodernità.
I marxisti escono da questa vicenda come un pugile sconfitto sul ring. Ancora intontiti per i colpi ricevuti, non hanno certo la capacità di progettare futuri incontri, ma hanno soltanto la forza di ritornare al proprio angolo, mentre l'arbitro solleva il pugno del vincitore. In realtà, questa immagine è fuorviante. Il vincitore ha dovuto drogarsi per riportare la sua effimera vittoria e l'antidoping lo squalificherà. Per riportare questa vittoria sul comunismo storico novecentesco (usiamo questa espressione perché sia ben chiaro che non identifichiamo questo comunismo con il progetto di Marx!), infatti, il capitalismo si è drogato con le spese militari, con la speculazione finanziaria, con lo stravolgimento integrale della cultura attraverso i media, con l'impoverimento selvaggio e scandaloso dei paesi oppressi dall'imperialismo. E' allora bene passare ad un'altra immagine. Il comunismo ci sembra oggi somigliare a Noè, ai suoi figli e agli animali che portava con sé (cioè, fuor di metafora, alla natura che occorre salvaguardare e salvare), che escono tutti dall'arca dopo il diluvio, e che hanno salvato però l'essenziale per ripopolare la terra…" (p 119).

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