A
proposito del dibattito emerso intorno al 1° maggio su reddito di cittadinanza
vs difesa del posto di lavoro in settori di produzione in declino, ecco che si
potrebbe aprire un campo vastissimo di azione per molti operatori della
conoscenza, tutto un lavoro educativo ad ampio spettro tale da convertire
un'istruzione in larga misura finalizzata strettamente al lavoro per la
maggioranza della popolazione, fino a poco tempo fa destinata a vite di lavoro
in fabbrica o negli uffici con giornate intere prive di tempo libero, a
un'educazione a lavorare sul proprio tempo, cioè a trasformare l'ozio in
creatività. Ciò che spaventa molte persone, oltre ai problemi concreti di
sopravvivenza legati al baratro che si apre attualmente per i senza-lavoro in
una società abituata a fare dei disoccupati solamente un esercito di riserva
per tenere bassi i costi del lavoro o da utilizzare nel lavoro sommerso o nel
largo giro degli affari illeciti, è anche il vuoto del tempo libero, l'angoscia
che può sommergere chi si trovi improvvisamente di fronte a cambiamenti
radicali di vita e di abitudini con molte ore prive di occupazione. Invece di
un'educazione finalizzata al lavoro, un'educazione in sostanza a stare
rinchiusi lunghe ore in luoghi coercizionari, a stare al proprio posto, a
ripetere a memoria le lezioni, a recepire passivamente le nozioni, a vivere con
le orecchie tappate, con una sensibilità ridotta e quindi più adatta allo
sfruttamento, come direbbe Adorno nella Dialettica
dell'illuminismo (ai lavoratori-rematori compagni di Ulisse sono state
tappate le orecchie affinché non odano il canto delle sirene; cfr anche mio
post su questo sito http://voltandopagine.blogspot.it/2013/10/il-canto-delle-sirene.html)
ci sarebbe tutta un'altra prospettiva da mostrare: il vasto mondo dell'arte e
della cultura, finora rimasto in larga misura inaccessibile a chi non poteva
permettersi di non lavorare. C'è tutta una mentalità da cambiare, tutta
un'educazione da rifare; discorso che vale a cominciare da noi stessi.
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