Una posizione puramente depressiva non favorisce il racconto. Deve accadere (o essere accaduto) qualcosa che generi un meccanismo perlomeno emotivo, se non di azioni concatenate. Come sottolinea Leopardi in diversi punti dello Zibaldone, chi non conserva un minimo di amor proprio non riesce ad amare neppure qualsiasi attività esterna, non riesce più ad applicarsi a niente. Che dire del Verbale di Le Clézio? Lì il protagonista si appassiona a piccoli eventi quotidiani, come uccidere un topo, ed è affascinato da microepifanie... ma il terremoto interiore, il crollo psichico, è già avvenuto nel passato, è dato per scontato: qui il personaggio si presenta fin da subito molto anomalo, deragliato ai margini della società. E comunque la sua posizione è piuttosto maniacale che depressiva. Prima di venire ricoverato in un reparto psichiatrico, verso la fine del romanzo, si asserraglia in una scuola in un accesso paranoico, determinando l'intervento della polizia. Forse è un personaggio al confine fra i due stadi.
Che dire di alcuni esseri postumani di Beckett, quasi del tutto interrati in giare in quell'opera estrema che rimane L'innominabile (per esempio)? Lì siamo ai limiti del narrabile e del dicibile: limiti difficilmente superabili.
Vi sono personaggi, creati pure in epoche precedenti, che rasentano la morte psichica, come il celebre protagonista del racconto melvilliano Preferirei di no, edito nel 1853 (che spicca per estremismo rispetto al più mite-moderato Oblomov, il cui omonimo libro fu edito nel 1859): appunto si tratta di personaggi che si sono molto distinti nell'ambito romanzesco e sono rimasti casi unici, poco imitati. Una variante più recente di quel tipo umano possiamo rintracciarla nell'Uomo che dorme di Perec (1867), tuttavia più mobile, vagabondo, meno bloccato del celebre renitente di Melville.
Se desideriamo conservare nell'invenzione marcati riferimenti umanistici, sebbene ritenuti superati nel tipo di società tecnoscientifica in cui ci è toccato di vivere, ci troviamo ancora immersi nel brodo degli affetti. E quindi scintille affettive e un motore a scoppio emotivo mi paiono insopprimibili per movimenti o, almeno, increspature narrative.
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