lunedì 16 novembre 2020

Naufragare non è dolce

Mi ha messo sulle tracce di Naufraganti di Claudia Zaggia (Italic Pequod, Ancona 2015) una recensione trovata sulla rivista Leggendaria nel 2020: a significare quanto poco si sia parlato di questo libro interessante che per anni non ha avuto visibilità.

L'aspetto che sicuramente lo contraddistingue nettamente è il personaggio della narratrice intradiegetica che accosta capitoli del libro nel loro farsi ad aneddoti e riflessioni sulla sua vita, dando luogo a un diario che procede di pari passo con la stesura di un romanzo. Gli argomenti di entrambe le scritture sono simili: l'avvicinarsi della morte, l'inconsistenza della vita, la superficialità dei rapporti umani che in molti casi non riescono ad ancorarci più strettamente al vissuto e a dargli valore, l'inadeguatezza, l'incapacità di percepire appieno i segnali che la natura e gli altri esseri ci mandano.

Il romanzo si presenta quindi avvolto da un cappotto metanarrativo che lo rallenta, lo rende meno scattante, e appetibile come prodotto commerciale e per questo più significativo come documento dei tempi. La stesura del romanzo non si può considerare avulsa dal contesto di una società sfilacciata e degradata e quindi rimane impaludata nelle difficoltà esistenziali, comunicative e sociali dell'io narrante, che scrive in solitudine, non trova interlocutori o interlocutrici, rimane sconcertata o sconvolta le poche volte che ha un'occasione di scambio con critici e scrittori affermati. La decisione di lasciare lo scritto in una forma non del tutto finita, non limata, testimonia delle difficoltà di completare un lavoro difficile ancor più perché si prevede indesiderato, non letto: "A volte sto qui a ripensare una parola, la cambio, la sposto, la rimetto dov'era prima, poi mi sembra tutto una sciocchezza. Penso soprattutto che gli altri leggono frettolosamente e non si accorgono di nulla." pag 245; "Naufragi: mi affascina, io già naufragata, io sono quella che porta al naufragio. Ho spesso parlato di cose naufragate. Ho scritto, sto scrivendo, finisco e poi sempre riprendo a farlo. Dovrò lavorare molto a quest'opera, però sarà ancora una volta tutto insopportabilmente niente." pag 15. La scrittrice, suggestionata dai rifiuti accumulati, dubita spesso delle sue stesse capacità: "Mi sdraio, sono stanca, sto qui sdraiata e mi sembra possa essere per sempre, non ho alcun talento mi sento dire..." pag 242; "Dovrei andare a rivedere, rileggere queste note, ma non ho tempo, forse dopo, quando avrò finito di scrivere il romanzo, ma è poi un romanzo?" pag 48; "Adesso riprendo a scrivere prima che sia troppo tardi, devo andare avanti e finire, e dopo ci saranno i tempi lunghi della rilettura, della revisione, ho fastidio per quello che troverò." pag 187; "Non ho mai creduto di essere una scrittrice, non mi sono neppure mai presentata come una scrittrice, ho sempre scritto però. Scrivevo perché... adesso ho smesso, sto rileggendo qualcosa, ma faccio fatica. Mi chiedo quante menzogne anch'io mi sono raccontata per tirarmi un poco fuori dalla disperazione." pag 241.

Nelle pagine del diario sottolinea più volte di non ricevere risposte: "Mando lettere, scrivo lettere su fogli che dopo non trovo, a volte sono invece nel computer, ma chissà dove, perdere lettere dentro un computer. Così non spedisco molte lettere, le risposte sono comunque rare. Avrei avuto bisogno di una risposta qualche volta, di qualcuno che mi dicesse di aver letto, considerato, capito, un po' magari il solito gioco di dire e non dire. Tornare a casa e vedere che anche oggi non ci sono lettere." pag 38; "Anche lui non mi fu di alcun aiuto, mi disse che per quanto eccetera quello che io scrivevo non aveva i presupposti eccetera, naturalmente." pag 124; "Finisco di scrivere qualcosa, lo mando a qualcuno che potrebbe forse essere interessato. Qualcuno ne dice un gran bene, qualcuno tace, i più fanno finta di niente. Passa il tempo, io continuo a scrivere, questa continuità di scrittura certo non merita nessuna particolare attenzione. Ormai so che cosa piace a quelli che danno i premi, alle giurie piace il realistico consolatorio facilmente detto e con dei buoni propositi, i buoni propositi sono tutto nella cattiva letteratura." pag 43. Altri segnali mandati dall'ambiente culturale sono questi: "L'ultima volta parlando con quell'editore, ma non ricordo bene, forse non era un editore. Abbassiamo i livelli, lei deve abbassare i suoi livelli mi aveva detto" pag 17; "Tutto verso il basso, tutto per la classe media che soddisfatta si spalma di cultura e di arte ma non ne capisce nulla, niente in assoluto e poi... in realtà loro detestano l'arte e soprattutto gli artisti, accettano solo quelli che sono falsi." pag 241.

Una spia stilistica che potrebbe costituire un esempio di voluta leggerezza e mancanza di cura nei confronti del testo (che si prevede non accolto) è data dalla punteggiatura in cui abbondano le virgole (persino sostitutive dei punti) mentre il punto e virgola o i due punti sono scomparsi: le pause di riflessione ridotte il più possibile con il discorso che scorre via. Viene reiterato con nonchalance quest'uso impreciso e approssimato della punteggiatura, mancante anch'esso di qualcosa. Analoga leggerezza pervade i dialoghi, aborriti dalla voce narrante nella forma compiuta e stringente di un interloquire curioso, indagatore, sapido di verità o, se non altro, di ricerca di qualche verità e lasciati invece nella forma di vaghe conversazioni o frasi carpite al vento che piacevolmente spazza la nave. La brezza della crociera sul mare calmo della vacanza che sembra lenire le inquietudini e i dolori di ciascuno, trasporta messaggi e li cancella, dice e non dice, illude che la guerra non sia alle porte, anzi già cominciata e con le mine sparse nell'Adriatico. "Naufragi: e così tutti in quella nave sono presenze di un mondo finito e li guardiamo perché anche noi siamo finiti, ma ben diversamente, e loro erano, o facevano finta di essere, raffinati, persino troppo. Non è certo il nostro caso, noi siamo solo condannati." pag 48. L'autrice sposta l'inizio della crisi della nostra civiltà, l'inizio di una vera e propria catastrofe senza rimedio un secolo fa, prima della Grande guerra. L'Europa allora iniziò il suo disfacimento, la sua perdita di potere e prestigio ma nessun'altra egemonia altrettanto sviluppata e raffinata fu in grado di sostituirla secondo la scrivente. La società è ormai considerata gravemente malata e troppo degradata per avere una speranza di salvezza: "Le città come dei relitti, i centri storici come relitti sempre più circondati, ogni tanto ripuliscono qualcosa, imbiancano, restaurano. Città terminali, piene di morte, sono le peggiori perché ti vorrebbero ancora illudere di qualcosa, il passato, i ricordi, l'arte, il bello. Non è vero." pag 126; "Camere a gas grandi come città, sono città infatti, noi stiamo dentro e respiriamo, non è possibile fare altrimenti, alla fine tutte queste città diventeranno dei grandi cimiteri, in alcune zone lo sono già." pag 165; "... siamo ai tempi supplementari di questa civiltà occidentale, è mediocre oggi, è fondata sul mito della mediocrità." pag 243. 

La demoralizzazione permea anche i pensieri di vari personaggi immaturi o nostalgici, spesso amareggiati dalla sensazione che alla loro vita manchi un incontro o una scoperta importanti, un approdo decisivo. Quasi tutti i personaggi sono privi di un nome, solo ad alcuni viene assegnato nell'ultima parte del libro; dalle conversazioni riportate non si distinguono propriamente gli uni dagli altri; solo dopo molte pagine si è imparato a riconoscerne alcuni. 

Talvolta nella pesante amarezza brilla l'ironia, come in questa frase: "L'ultima volta che l'ho visto è stato ad un premio letterario, lui è sempre a tutti i premi letterari, fa parte della giuria naturalmente, qualche volta sta invece tra i premiati, credo che alla fine anche lui faccia confusione, mi stupirei del contrario, non deve essere facile." (pag 129).

Nelle ultime pagine si immagina che la narratrice si ammali gravemente e muoia prima di aver potuto dare un'ultima mano; l'ultimo capitolo appare quando si suppone chi l'ha scritto ormai non ci sia più. Ma la figura del narratore si diffrange in diversi personaggi che passeggiano sulla nave da crociera destinata al naufragio: una scrittrice che si chiude in cabina coi suoi fogli per tutto il viaggio ed evita gli altri; una scrittrice famosa che rimane fuori scena, madre di una delle viaggiatrici, di cui si racconta che nonostante lo scarso talento abbia fatto i soldi vendendo molti libri e lasciato alla figlia una considerevole eredità; uno scrittore che non scrive più, occupato più che altro a guardare i giovani marinai; e poi tanti estensori di lettere, fra cui anche una madre che scrive alla figlia morta. In tutte queste diverse incarnazioni dello scrittore si riscontra il pallido riflesso di una figura ormai tramontata (abbiamo visto: poco considerata, vilipesa persino, da chi ha smesso d'interessarsi ai suoi discorsi e, forse, a una funzione etica e sociale dimenticata da tempo).





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