Roberta:
E’ da poco trascorso il Natale, festa religiosa trasformata in festa dei grandi
consumi. In rapporto all’equilibrio delle forme viventi e delle risorse sul
pianeta, quali consumi secondo voi dovremmo soprattutto contenere?
Ornella: E' il consumismo in sé, pratica promossa dal
capitalismo e dal neoliberismo, che dovremmo abbattere, Natale o meno.
Gigia: E il natale ne è l'apoteosi... ma direi soprattutto
consumi alimentari, visto che periodi come questo sono caratterizzati dalle
grandi abbuffate, e i soliti ne fanno le spese...
Aldo: La domanda stessa è regressiva rispetto a quanto già
è acquisito. Ogni antispecista sa già come regolarsi individualmente, ma sa
anche che "normativizzare" e dare indicazioni a altri è praticamente
inutile.
Ale: si dovrebbe iniziare a fare il contrario di quel che
si fa di solito. Se a natale, invece di regalar oggetti, ognuno facesse un NON
regalo (si facesse dare dall'amico un oggetto inutile di cui sbarazzarsi) ci
accorgeremmo di quanta inutilità siamo circondati.
Fabio: A livello dei singoli andrebbe adottato uno
stile di vita più “parco” riducendo il più possibile le spese superflue come,
ad esempio, il cambio del telefonino ogni 6 mesi, comprare dei vestiti quando
veramente servono, convertire i regali di Natale con versamenti ad associazioni
che operano nel sociale o meglio animaliste impegnate a diffondere l’antispecismo
e la tutela degli animali salvati e da salvare. Per quanto riguarda l’aspetto
sociale più ampio, penso che il sistema non arretrerà di neanche un millimetro
sulla scia d’imporre alla popolazione elevati consumi. Forse, un amministratore
comunale “illuminato” potrebbe adottare politiche locali all’insegna del
risparmio e della riduzione degli sprechi (dal problema dei rifiuti a quello
delle sacche d’inefficienza, ecc…).
Roberta
Il movimento antispecista è intrecciato alla questione ambientale e all’emergenza
inquinamento?
Ornella: Il movimento antispecista si dovrebbe muovere, in
maniera intersezionale, per evidenziare e quindi analizzare i livelli di forza
e di oppressione che riguardano lo sfruttamento e la presa
antropocentrica sui viventi e sulla terra. E' l'antropocentrismo la causa
principale della devastazione ambientale e di messa a morte dei corpi che non
contano.
Gigia: Si può parlare di corpi e non del loro spazio
vitale?
Aldo: Se si parla di corpi è d'obbligo parlare dello spazio
vitale. Quindi, direi di sì, ma forse bisognerebbe ripensare anche la questione
ambientale secondo una prospettiva che non sia quella oggi diffusa.
Ale: Dipende da che punto di vista si guarda alla faccenda.
Se si considera l'inquinamento causato dagli allevamenti intensivi innanzitutto
un danno per l'ambiente (e non si considera principalmente la inimmaginabile
sofferenza animale) la questione ambientale e l'inquinamento hanno poco o nulla
a che fare con il movimento antispecista. Viceversa, se si considera la
tragedia che gli animali subiscono nella distruzione degli habitat, il tema è
centrale anche per l'antispecismo.
Fabio:
Purtroppo no e a mio avviso lo dovrebbe essere
con molta forza e determinazione. Sembra che il movimento antispecismo in
generale non colga lo stretto collegamento tra presenza (numerica e
tecnologica) dell’essere umano sul pianeta terra, insieme agli altri viventi.
Vuol dire cercare di mettere la nostra specie al nostro posto calcolando la
capacità portante e osservando la nostra impronta ecologica, per determinare e
decidere quali e quanti spazi utilizzare per la nostra specie e rimettere in
discussione la riproduzione della nostra società con tutto ciò che essa
comporta. Pur essendo antispecisti, alcuni, non colgono il loro stesso
atteggiamento antropocentrico (frutto di millenni di educazione e insito nel
nostro DNA); non si rendono ancora conto che una società pacificata ed in
armonia con gli altri viventi, può realizzarsi solo attraverso pesanti
trasformazioni sociali e, parallelamente, attraverso un rivolgimento interiore
che gran parte di noi ancora non vogliono accettare.
Ornella: A questa
domanda risponde Aldo, che è meglio.
Aldo: La green economy (e anche la blue economy) è prona al
sistema capitalistico, quindi da rigettare.
Ale: Il fatto che il
nostro sistema economico e sociale spinga fortemente verso la green economy
dovrebbe dire molto su cosa sia questa economia e sulle sue illusorie
soluzioni. È possibile che la green economy sposti un po' più in là
l'esaurimento delle risorse energetiche ma solo se saprà anche ridurre (almeno
di un po' i consumi). Di certo non sposta nulla rispetto alla direzione in cui la
società capitalista sta precipitando se stessa e il resto dei viventi.
Fabio: La green
economy è solo un palliativo e rimanda a una data più in là nel tempo la nostra
futura autoestinzione (e quella di numerosissime altre specie). Comunque, è un
passaggio obbligato che dovremo prendere in considerazione ma in prospettiva di
un programma di trasformazione profonda della società attuale; se si adotterà
mantenendo l’attuale status quo, tutto ciò sarà perfettamente inutile.
Roberta:
Le grandi questioni della guerra o della diseguaglianza sociale sono oggetto di
attenzione anche per il movimento antispecista o rimangono esterne al suo
discorso?
Ornella: Il movimento antispecista si dovrebbe muovere in
un'ottica di abbattimento di ogni gerarchia, di ogni categorizzazione.
Include e ingloba naturalmente l'antimilitarismo e l'uguaglianza sociale
tra le sue pratiche, messe in campo essenzialmente come contrasto al
capitalismo.
Aldo: Francamente mi sembra un programma troppo ambizioso
per come l'antispecismo si è formato. A mio modo di vedere ci vorrebbe una
nuova teoria che incorporasse gli obiettivi dell'antispecismo in un quadro più
ampio. ma allora non sarebbe più antispecismo. Sarebbe un'altra cosa.
Ale: Alcune frange del movimento antispecista sono consapevoli
del bisogno di sostenere una posizione politica ben precisa anche su questioni
intraumane, ma si tratta di una piccola percentuale degli antispecisti.
Fabio: Questi argomenti sono molto intrecciati con il
movimento antispecista, perché le ragioni
di fondo che fanno in modo che alcune classi sociali o alcuni gruppi umani
siano vessati, attraverso dei rapporti di forza, sono le stesse che
giustificano l’orrore che riserviamo agli animali. Con le dovute differenze, il
movimento antispecista si dovrebbe confrontare con queste problematiche di
disuguaglianza sociale interrogandosi su quali sono i meccanismi profondi che
permettono e giustificano la violenza inter e intra specifica.
Roberta: “L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è
uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che
formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce
facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non
vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento
continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è
inferno, e farlo durare, e dargli spazio”: queste
le parole di Italo Calvino nelle
Città invisibili. Ognuno di noi può
cercare nel suo piccolo di avere comportamenti meno distruttivi nei confronti
della natura. Se non si riesce a rivoluzionare completamente il proprio stile
di vita, si può cercare di attuare una riforma su se stessi per contenere i
danni. Diteci 5 buoni propositi per l’anno nuovo che non siano di
difficilissima attuazione.
Ornella: Se, come è
vero, l'inferno dei viventi è già qui, non bastano certo i buoni
propositi né un cambiamento di stile di vita. Occorre al contrario un
serio e quanto mai urgente, rovesciamento strutturale dell'inferno stesso
per dare vita a una nuova convivenza dove l'inferno non sia.
Aldo: Perfetto. Non
ci sono enclave dentro l'inferno. Solo che per rovesciare un sistema occorrono
due cose: Per prima cosa occorre che quel sistema sia giunto al capolinea. E
fin qui ci siamo. Poi occorre sapere con cosa sostituirlo. E qui non siamo a
zero, ma a meno di zero.
Ale: Il problema è che chi è causa dell'inferno (le nostre
società opulente e noi ricchi occidentali) non lo vede o, se lo vede, non vuole
modificare nulla perché ogni modifica significherebbe accettare la logica di
abbassare lo standard di vita medio. Il cambiamento causato dal cambiamento
individuale è un'illusione prodotta dal sistema stesso che finge di potersi
fare modificare dai suoi singoli cittadini/consumatori. L'unico motivo valido
per "cambiare a livello personale", nel "proprio piccolo",
è quello di allenarsi a imparare a vivere con poco, cercando di proiettarsi con
la fantasia nel futuro. Magari si scopre di poter fare a meno di tantissime
cose e vivere lo stesso bene. Senza la paura di diventare troppo poveri sarà
più facile tentare una rivoluzione?
Propositi: più determinazione, più allegria, più
aggressività, più amicizia, più solidarietà
Fabio: Compro solo ciò che mi serve (senza essere
influenzato dalla moda e dalla pubblicità).
2. Cerco di fare il contrario di quello che il sistema
propone: dall’acquisto di oggetti agli ambienti da frequentare.
3. Mi libero delle cose inutili (vestiti, oggetti, ecc..)
che non uso più regalandoli a chi ne ha più bisogno.
4. Limito il più possibile i viaggi dall’altra parte del
pianeta terra, non contribuendo all’inquinamento e alla depauperazione di posti
bellissimi che dovrebbero restare incontaminati e non rovinati dalla presenza
umana.
5. Devolvo parte dei mie guadagni ad associazioni ONLUS e/o
no profit che si occupano di animali, o a organizzazioni che si occupano di
dignità umana (penso, per citarne un paio, ad esempio all’accoglienza dei
migranti, oppure alla VIDAS che procura un’assistenza umanitaria a chi sta per
morire per una grave malattia).
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