Seconda parte del Cammino dell’acqua
Da
un certo punto in poi il Cammino dell’acqua dell’associazione culturale
Repubblica nomade si trasforma in una marcia di solidarietà alla GKN di Campi
Bisenzio. Il percorso attraverso le terre romagnole e toscane che furono
alluvionate nella primavera e nell’autunno 2023, fra il 16 e il 29 giugno di
quest’anno non è mai stato una flânerie anzi il contrario, per motivi
organizzativi e d’impulso attivista; diventa comunque decisamente più arduo
sull’appennino tosco-emiliano, soprattutto per motivi climatici. Un
sorprendente nubifragio contrassegnato da allarme meteo si abbatte anche sui
camminanti, ma non impedisce la continuazione a un drappello dei più
determinati. Passata la burrasca, in prossimità dell’arrivo, il gruppo si
ricompatta e si amplia. Vi si aggiungono altre e altri solidali con la lotta
degli occupanti e si arriva davanti ai cancelli la mattina del 29 giugno.
Dal
18 maggio gli ex operai avevano iniziato una tendata di protesta sotto la
Regione, in quanto da sei mesi erano stati lasciati senza stipendio né
ammortizzatori sociali, sempre in attesa di risposte chiare a domande semplici.
La tendata è poi durata 35 giorni con 13 giorni di sciopero della fame. In
tutti questi anni ai lavoratori non sono mancate la forza di volontà,
l’inventiva, la determinazione. Ben presto, a breve distanza da quel 9 luglio
2021, da quando tutti i 500 lavoratori GKN si ritrovarono licenziati dal fondo
britannico Melrose con un semplice sms, insieme con ingegneri ed economisti
solidali si iniziò a pensare a un piano di reindustrializzazione dal basso:
così leggiamo nel libro di Valentina Baronti (una degli attivisti di supporto
esterno), La fabbrica dei sogni, che ripercorre con chiarezza le varie
tappe di un percorso complesso e accidentato. Si cercò di allargare l’orizzonte
e di coinvolgere nella lotta il maggior numero di soggetti possibile. Questa
era una pratica già nota agli operai molto sindacalizzati della fabbrica ex
Fiat (il colosso GKN aveva rilevato il complesso dalla Fiat negli anni ’90, un
colosso aveva inglobato un altro colosso); in seguito continuò a essere
utilizzata e incrementata con sempre nuove trovate, per l’esigenza di tener
viva l’attenzione su una questione anno dopo anno mai risolta. Un’intera
comunità “ora è chiamata a farsi intelligenza collettiva, per uscire dal
calcolo solito con cui si chiudono le fabbriche: un ammortizzatore sociale che
serve solo a coprire, con soldi pubblici, la fuga della multinazionale o del
fondo finanziario, la nomina di un advisor che deve trovare un
reindustrializzatore, che però non arriverà mai e piano piano la vertenza si
spegne, i lavoratori si licenziano alla spicciolata, lo stabilimento si svuota
e rimane uno scheletro industriale su cui avviare una speculazione edilizia”:
osserva Valentina Baronti (cit., pag 40). Del resto, si trova scritto poco più
avanti, “quando ti compra un fondo finanziario, lo sai che prima o poi chiudi.
Comprano per ristrutturare, dicono loro, che in realtà vuol dire
licenziare e poi rivendere, guadagnando in borsa”. GKN fu acquistata dal fondo
Melrose nel 2018; non si dovette attendere molto perché si concretizzasse ciò
che un po’ si temeva fin dall’inizio. Diverse volte, fra il 2021 e la fine del
2023, i giornali cantarono vittoria annunciando una svolta decisiva a favore
dei lavoratori, ma le speranze vennero puntualmente frustrate. Si rispose
cercando di lanciare la palla sempre più lontano: fu organizzato, anche con
l’apporto di sindacati e associazioni straniere, un Festival di letteratura
working class a inizio aprile 2023, cui perfino il regista Ken Loach fece
pervenire un forte messaggio di sostegno; nello stesso anno si promosse una
consultazione popolare e si raccolsero 17000 firme che esprimevano il desiderio
di una fabbrica pubblica e aperta alla società. Tanti giovani di diverse
associazioni, fra cui Fridays for future, manifestano per un nuovo tipo di
fabbrica che vuole avviare una produzione sostenibile. Scrive un autore fra i
partecipanti al Festival di letteratura working class: “Siamo le seconde
generazioni della classe operaia. Spesso siamo i primi in famiglia che sono
andati all’università. Scriviamo sulle spalle dei nostri vecchi, a volte con un
inquietante senso di colpa, pensando ai sacrifici che hanno fatto per farci
studiare. Non di rado con le nostre scritture cerchiamo una sorta di giustizia
poetica che possa in qualche modo compensare tardivamente la durezza della
vita dei nostri genitori.” (Alberto Prunetti, Non è un pranzo di gala.
Indagine sulla letteratura working class). Giustizia sociale e giustizia
climatica che diventano giustizia poetica… una bella sintesi di tutto
ciò che si vorrebbe nello slogan Abbiamo fame di un mondo nuovo… Si
forma e si estende sempre più quel progetto di “fabbrica socialmente integrata”
di cui parlano i volantini e che si propone come tema centrale anche alla
festa-ricorrenza del 12 luglio 2024 a Firenze. Intanto si progettano e si
cominciano a costruire prototipi di pannelli solari e cargo bike, biciclette
per il trasporto ecosostenibile.