domenica 29 gennaio 2023

Scelte

A giustificazione del mio operato posso dire che, di fronte al ripristino di schemi narrativi ottocenteschi dopo gli azzardi stilistici del Novecento, nei miei esperimenti espressivi ho tentato di seguire le tracce di autori del secolo che mi ha preceduta, sentendomi un'erede del Novecento più che dell'Ottocento. Le soluzioni narrative ottocentesche è probabile che circolino nell'uso e consumo per comodità e semplificazione legata al mercato librario. Una causa più nobile della restaurazione ottocentesca potrebbe essere stata, in questi anni, un rinnovato innamoramento per il positivismo e una rinnovata fiducia in una visione oggettiva in un'epoca di accelerato sviluppo di scienza e tecnica. Per tacere della prevalenza di cinema e televisione con l'impressione di oggettività che suscitano. E una causa più sottile ancora potrebbe risiedere nel tentativo di rilanciare una voce autoriale forte, col ritorno appunto dell'onniscienza narrativa, sullo sfondo del caotico e rumoroso mondo mediatico che tende a sopraffare la voce degli scrittori anche di fama internazionale, come si evince per esempio dagli studi narratologici di Filippo Pennacchio Il romanzo globale (Biblion edizioni, Milano 2018) ed Eccessi d'autore (Mimesis, Milano 2020). E' da notare, in questo contesto, l'utilizzo dello scrittore come semplice inventore di sceneggiature efficaci per supportare film e serie televisive, che rischia di sminuirne la figura e ridurlo a un ruolo subalterno alle industrie editoriale e cinematografica. Autori di fama mondiale come Franzen, Littell, Bolano, Foster Wallace, per citarne solamente alcuni, hanno cercato di reagire alla morte del narratore autoriale col rilancio di strutture tradizionali, benché rese più inquiete, con l'onniscienza del punto vista o con una spiccata funzione di regia esercitata all'interno di trame complesse e pressoché inestricabili.  

Concentrandoci invece sul Novecento, si individuano due linee guida fondamentali: il fantastico inquietante di Kafka e il flusso di coscienza (o d'incoscienza) di Joyce. Quella che credo abbia avuto più seguito è quella kafkiana: la carica destabilizzante di un genere fantastico distopico, che vediamo espressa in tanti romanzi di fantascienza, spesso apocalittici e problematici, ha avuto un certo impatto e un'ampia ricezione. La carica sovversiva di un discorso immediato (più noto come monologo interiore), che si perde nell'inconscio, sembra invece rimasta più ai margini, per lasciare molto spazio invece al realismo sociologico o al giornalismo amplificato e onnipresente. Tuttavia si possono citare almeno due nomi di efficaci continuatori recenti della letteratura dell'inconscio: Antonio Lobo Antunes, con i suoi brani di stream of consciousness intarsiati e sovrapposti, ma anche Thomas Bernard, con l'incalzare serrato e ansioso del suo discorso.

Nelle mie prove personali e nel mio sostegno ad altri autori/autrici mi sono schierata dalla parte dei tentativi novecenteschi non troppo intimiditi dalle convenzioni.  

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