venerdì 26 dicembre 2014

Sul romanzo epistolare

Intervista a Tiziano Colombi

- Com'è nato il tuo ultimo libro, Tua, Marguerite Yourcenar? Quest'epistolario inventato di una notissima scrittrice ha richiesto una lunga fase preparatoria, documentaria?

- Questo libro è un vecchio libro, concepito e scritto tra il 2003 e il 2008, anni in cui stavo disperatamente cercando una via per la scrittura. Disperatamente, in quanto lavoravo a tempo pieno in un ufficio commerciale e riuscivo a difendere, come la protagonista del romanzo, pochissime ore di concentrazione dai predoni del tempo. Ricordo con esattezza, e una certa commozione, alcune letture svolte segretamente negli archivi della fabbrica, o in auto, prima di un appuntamento di lavoro, cui andavo sempre con largo anticipo per potere appunto leggere e scrivere l'epistolario immaginario.
Il romanzo ha richiesto effettivamente alcuni anni di gestazione, di revisioni, di riletture.
Devo qui ringraziare due persone fondamentali, due donne straordinarie: l'artista Giosetta Fioroni (di cui il bellissimo disegno Fascino del 1969 in copertina) che lo ha letto e apprezzato per prima e direi unica nella prima stesura del 2008 e Laura Brignoli (docente di letteratura francese allo Iulm e yourcenariana) che nel 2008, dopo aver letto e corretto il testo, mi ha proposto di presentarlo al seminario annuale degli yourcenariani di Cerisy La Salle, in Normandia (un luogo meraviglioso dove si sono trovate generazioni di intellettuali francesi: da Flaubert a Saint Beauve a Sartre); ma soprattutto ha atteso l'incontro con un editore (Emanuela Zandonai) che ha deciso di pubblicarlo; molti altri lo avevano letto e respinto, suggerendomi di riscriverlo in prosa, perché il romanzo epistolare è un genere che non vende.
L'incontro con Emanuela Zandonai è stato determinante in quanto mi ha spinto, come sempre accade nel momento in cui si passa dal dattiloscritto alle bozze definitive, a mettere a fuoco i dettagli, le incongruenze, a fare alcune scelte, rinunce, talvolta dolorose.

 - Nello specifico, tanto per fare un esempio, questa frase che a me piace molto "Oggi sono acqua, zolfo, pineta di mare, papavero, tralcio di vite, fruscio di vento, spina di cardo, fiore viola di malva odorosa…" è scaturita da letture di testi dell'autrice, da una full immersion nei suoi testi, da un suo romanzo particolare oppure è totalmente di tua invenzione e ti è sembrata subito adatta a uno stile femminile?

- Questo attacco è una reminiscenza di alcune bellissime annotazioni di viaggio di Yourcenar in Grecia, Montenegro e Albania, raccolte sotto il titolo: Come l'acqua che scorre. Sottotitolo molto significativo: Il tempo grande scultore.

- Secondo te esiste un'impronta propriamente femminile nella scrittura?

- E' una domanda difficile. Sicuramente, da uomo, sono molto ammirato dal lavoro di alcune autrici donne, dalla sensibilità, dalla tensione stilistica, che ho trovato finora solo in un grande scrittore: Goffredo Parise.
Solo per fare qualche esempio di lettura che mi ha influenzato negli anni di scrittura di Tua, Marguerite Yourcenar: Anna Maria Ortese (Angelici dolori, Il mare non bagna Napoli), Virginia Woolf (Una stanza tutta per , Le tre ghinee), Marina Cvetaeva (Lettere ad Ariadna Berg), Fenimore Woolson (Miss Grief).

- Che cosa ti ha colpito particolarmente di Yourcenar?

- La postura, direi. Marguerite Yourcenar ricorda il giudizio di Goethe, dopo la lettura dei poeti romantici: "questi poeti sembrano scrivere come se fossero gli ultimi a farlo". Yourcenar si fa strumento di memoria, tramite di una tradizione iniziatica che risale ai tempi dei riti Eleusini.
 
- Anche nei tuoi libri precedenti hai rivolto una speciale attenzione alla storia (il tuo esordio, avvenuto nel 1993 con Sellerio, Il segreto di Cicerone, è ambientato nella Roma del I secolo a. C.; il recente romanzo Gas, Mimesis 2014, è legato alle due guerre mondiali). Che cosa pensi del romanzo storico, negli ultimi anni molto frequentato sia da scrittori sia da lettori? E come adoperi tu questo genere: in maniera tradizionale o diversa?

- Io ho una formazione filosofica, ho frequentato l'Università statale di Milano: sono uno dei tanti studenti di allora che ha ricevuto un'educazione umanistica, risultato dell'impianto detto fenomenologico. Cioè sono molto interessato al modo in cui si presentano i fatti nella loro possibilità di conoscenza e ricostruzione storica, senza giudizio, né approccio ideologico. Direi proprio laico. Del resto, questo è l'atteggiamento con cui ho trattato un argomento come l'identità di Lucrezio, o, più provocatoriamente, nei Santi patroni padani (Effigie 2011), l'identità dei martiri cristiani di origine nordafricana e patroni di moltissime città del Nord Italia.

- Tua, Marguerite Yourcenar è soprattutto un romanzo epistolare, genere invece quasi estinto, ma da te già ripreso nel tuo primo romanzo. Mi pare che tu abbia simpatia anche per questo genere in estinzione, o sbaglio?

- Sì, è proprio così. Sono sempre stato un grande lettore di vite di scrittori e artisti (Plutarco, Cellini, Walser, Walter Pater, Schwob ecc.). Trovo che il romanzo epistolare (non vanno dimenticate opere capitali della letteratura europea scritte in forma di romanzo epistolare, quali I dolori del giovane Werter, Le relazioni pericolose, L'Eloisa o Le lettere di Jacopo Ortis) sia un genere interessantissimo perché attiva la fantasia del lettore, il quale, a seconda della sua preparazione, della sua sensibilità, può e deve cogliere collegamenti tra indizi seminati qua e là nel testo, nelle lettere nella fattispecie.
In questi anni, come ho avuto modo di dire prima, molti editor mi hanno suggerito di riscrivere il romanzo epistolare in prosa narrativa, adducendo la difficoltà delle vendite di un libro concepito in questo modo. Trovo queste risposte sbagliate: si pensi al successo di Possessione di Byatt!

- Ma a una lettura più sottile ci troviamo di fronte, credo, a un romanzo di formazione: di Marguerite come scrittrice che aspira a diventare un classico, a scrivere il suo impegnativo capolavoro sull'imperatore Adriano; e tua di scrittore che sta cercando se stesso (stiamo parlando di un testo elaborato diversi anni fa, uno dei tuoi primi scritti, suppongo)… Che cosa pensi di quest'ipotesi interpretativa: l'epistolario della Yourcenar come tuo romanzo di formazione?

- Sì, Yourcenar (le opere giovanili: Fuochi, Colpo di grazia, Moneta del sogno, Memorie di Adriano) è stato il mio primo campo di battaglia, insieme ai Sillabari di Parise. Un campo sterminato, per la verità, in entrambi i casi, ma molto utile, perché entrambi hanno lasciato una traccia precisa di cosa intendessero per stile letterario. In particolar modo, grazie all'epistolario di Yourcenar e ai taccuini che accompagnano le Memorie di Adriano.

- Questo libro così raffinato e insolito, anche per il suo carattere spiccatamente letterario, mi raccontavi che è passato per molte mani prima di approdare alla carta stampata. Quali sono stati i consigli, i suggerimenti, le opinioni degli altri scrittori o degli addetti alla produzione editoriale?

- Come dicevo in precedenza, alcune persone molto competenti lo hanno letto e giudicato positivamente. Ma, di volta in volta, emergevano dubbi sul fatto che fossero lettere troppo verosimili; che il libro fosse destinato ai soli amanti della Yourcenar; che il genere epistolare in Italia non vende, così come si dice che le biografie di scienziati non vendano.
Ora stiamo valutando l'ipotesi più temeraria: una traduzione in francese per conto di un editore francofono.



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