Un romanzo epistolare di Tiziano Colombi
Sebbene per Tiziano Colombi Tua, Marguerite Yourcenar (Zandonai, Rovereto 2014) sia già il quarto libro, a me pare che si possa considerare il suo romanzo di formazione, scritto in effetti diversi anni fa. Un singolare romanzo di formazione, in cui la figura dello scrittore che cerca se stesso viene spostata in un altro tempo e in un'altra identità, identità per una volta femminile (il che è di per sé un piccolo fatto straordinario per le nostre Lettere e per il nostro Paese notoriamente maschilista, da festeggiare con gioia). Qui il giovane autore s'identifica con la celebre scrittrice, mettendone in luce gli aspetti meno conosciuti: il lato emotivo, passionale, volubile di quando era una giovane donna dai costumi molto liberi, attratta sia da donne sia da uomini, grande viaggiatrice, apolide, inquieta, non ancora famosa. Ma l'identificazione con una donna scrittrice non è l'unica eccezionalità di questo lavoro raffinato, brillante, ricco di suggestioni, pubblicato ancora una volta, come tante opere insolite e non banali dei giorni nostri, da un piccolo editore, Zandonai (ci sarebbe il precedente dell'americano Michael Cunningham, Le ore, Londra 1999, tradotto da Bompiani, dove l'autrice di riferimento era Virginia Woolf, ma eravamo appunto in area anglosassone). Voglio credere che ci troviamo di fronte a un romanzo epistolare, non semplicemente a un epistolario inventato. Il genere romanzo epistolare, una delle radici del romanzo moderno, in gran parte trascurato e dimenticato nell'era di internet, rivisse ancora non molto tempo fa per esempio nell'Anonimo lombardo di Arbasino e mi pare giusto torni a vivere ancora in qualche modo. Perché ritengo che questo epistolario frutto d'immaginazione sia proprio un romanzo? Il lavoro dell'immaginazione più che quello della raccolta documentaria s'insinua fra il detto e il non detto, l'accennato, il desiderato, sempre con grande freschezza e sensibilità. Sono tratteggiati con decisione i caratteri dei personaggi, almeno i due principali, Marguerite e Grace: passionale, mutevole e tormentata l'una; devota ma non scialba l'altra. Queste lettere fra donne innamorate o amiche o confidenti riescono a esprimere il brio, il tormento, talvolta la pena di scritti autentici.
Sebbene per Tiziano Colombi Tua, Marguerite Yourcenar (Zandonai, Rovereto 2014) sia già il quarto libro, a me pare che si possa considerare il suo romanzo di formazione, scritto in effetti diversi anni fa. Un singolare romanzo di formazione, in cui la figura dello scrittore che cerca se stesso viene spostata in un altro tempo e in un'altra identità, identità per una volta femminile (il che è di per sé un piccolo fatto straordinario per le nostre Lettere e per il nostro Paese notoriamente maschilista, da festeggiare con gioia). Qui il giovane autore s'identifica con la celebre scrittrice, mettendone in luce gli aspetti meno conosciuti: il lato emotivo, passionale, volubile di quando era una giovane donna dai costumi molto liberi, attratta sia da donne sia da uomini, grande viaggiatrice, apolide, inquieta, non ancora famosa. Ma l'identificazione con una donna scrittrice non è l'unica eccezionalità di questo lavoro raffinato, brillante, ricco di suggestioni, pubblicato ancora una volta, come tante opere insolite e non banali dei giorni nostri, da un piccolo editore, Zandonai (ci sarebbe il precedente dell'americano Michael Cunningham, Le ore, Londra 1999, tradotto da Bompiani, dove l'autrice di riferimento era Virginia Woolf, ma eravamo appunto in area anglosassone). Voglio credere che ci troviamo di fronte a un romanzo epistolare, non semplicemente a un epistolario inventato. Il genere romanzo epistolare, una delle radici del romanzo moderno, in gran parte trascurato e dimenticato nell'era di internet, rivisse ancora non molto tempo fa per esempio nell'Anonimo lombardo di Arbasino e mi pare giusto torni a vivere ancora in qualche modo. Perché ritengo che questo epistolario frutto d'immaginazione sia proprio un romanzo? Il lavoro dell'immaginazione più che quello della raccolta documentaria s'insinua fra il detto e il non detto, l'accennato, il desiderato, sempre con grande freschezza e sensibilità. Sono tratteggiati con decisione i caratteri dei personaggi, almeno i due principali, Marguerite e Grace: passionale, mutevole e tormentata l'una; devota ma non scialba l'altra. Queste lettere fra donne innamorate o amiche o confidenti riescono a esprimere il brio, il tormento, talvolta la pena di scritti autentici.
Una Yourcenar meno
classica della matura autrice delle Memorie
di Adriano, quella tratteggiata in questo volume; ma sappiamo che il suo
testo più importante fu più volte abbandonato, perfino ripudiato nelle prime
stesure, ripreso e completato soltanto dopo la fine della seconda guerra
mondiale, superati i quarant'anni. L'epistolario immaginato da Tiziano Colombi
fa riferimento agli anni fra il '37 e il '42, periodo in cui la scrittrice
attraversò anche una depressione, ed è segnato da continui cambiamenti d'umore,
di luoghi, d'interessi e attaccamenti, fra i quali pare affermarsi e resistere
a tutto soltanto l'amore per la giovane americana Grace, che diventerà la
compagna di una vita. E la componente spiccatamente passionale è un altro degli
elementi che rendono così attraente e romanzesco
questo scritto, un romanzesco dal
fascino moderno e ribelle, legato alla sua natura epistolare, quindi volubile,
divagante, elusiva, frammentaria, trasgressiva. Com'è per esempio questo
frammento di una lettera scritta da Marguerite ad André, un uomo omosessuale
che la respingeva ma nella cui conquista lei si ostinava come in una sfida
impossibile: "Oggi sono acqua, zolfo, pineta di mare, papavero, tralcio di
vite, fruscio di vento, spina di cardo, fiore viola di malva odorosa.
Cosa me ne
faccio di questa buona educazione, se non posso vivere liberamente i
sentimenti?
Eccomi ancora,
nel nuovo anno, a scrivere. Fanno male le ossa, tanto la passione stritola fino
alle midolla.
Come puoi
ostinarti a respingermi? Non vedi la zampa ferita? E' inutile che ti rifugi nei
locali alla moda, che cerchi di scappare non appena mi vedi arrivare,
confondendoti in mezzo alla folla (…) Nella notte verrò a prenderti
nell'accampamento nemico.
Non m'importa
se, con l'inganno, ti dovrò catturare; inventerò uno stratagemma; alla fine
cadrai nella battuta di caccia." (pag 13).
Romanzo
epistolare, romanzo sentimentale, ma non è tutto: pure romanzo di formazione.
Perché lo sostengo? In una delle ultime lettere Marguerite approda ad alcune
certezze letterarie: "Cara Grace, sono sola in casa. Sento la radio, cerco
di sintonizzarmi sulle alte frequenze.
Ho bevuto una
birra e mi sta uscendo una bella malinconia.
Ho riletto il
diario. Mi piace, sembra scritto da un altro. E' soggettivo quello che è
scritto solo da te; è oggettivo quello che è corretto o letto in bozza da te,
ma come se fosse scritto da qualcosa di più grande.
Penso che ci
siamo quasi.
Però mi
chiedevo: che vita sto facendo? Mi sono rifugiata in un sogno. Non potevo reggere
la gravità del nostro tempo. Ho assistito impotente alla fine di un mondo che
non tornerà mai più. Cosa potevo fare?
Vivo vite
parallele: di giorno vado all'università, mi sveglio all'alba, viaggio per tre
ore, bevo l'ennesimo caffè lungo, guardo in faccia le ragazze in prima fila e
insegno, tre o quattro ore. Appena ho finito mi rifugio in biblioteca, studio,
appunto tutto e, di notte, mi chiudo in camera, ceno da sola e lavoro, scrivo a
dirotto.
Guardo il
caminetto, il letto, la luce tremolante, le ombre sui fogli. Mi avvicino a
quell'epoca lontana, nascosta.
Mi metto in
comunicazione con quella grande vita e, per rispetto, mi annullo più che posso.
Quando correggo
le bozze, non faccio altro che correggere la mia vita.
Credo di aver
trovato il giusto punto di vista per scrivere.
Adesso che posso
scorgere all'orizzonte il profilo della mia morte." (pag 128)
Ci troviamo nel
Connecticut nell'agosto del 1942, ma già negli anni precedenti il riferimento
alla scrittura è costante. Tiziano Colombi immagina un breve scambio epistolare
pure fra Marguerite Yourcenar e Virginia Woolf, di cui la prima fu traduttrice.
In occasione della revisione del testo francese delle Onde le due scrittrici s'incontrarono. Fra loro passarono
confidenze, una breve amicizia, forse qualcosa di più. Non mancano i consigli
letterari: "Consigli di scrivere, scrivere e non badare alle parole, che
peraltro si affacciano da sole alla mente, si dispongono autonomamente. Il
consiglio è prezioso, presto più attenzione al ritmo e lascio fare al testo;
che venga a galla quel che c'è in fondo al pozzo.
Non ostacolo più
con continue censure. T'invidio che sai vivere più vite, senza ipocrisia. Io
non riesco ancora ad accettare fino in fondo di essere una straniera,
un'estranea, una diversa. Faccio buchi nella sabbia. Avrei bisogno di una
compagna fissa, di una Vita, di un satellite che viva di luce propria e
m'illumini." (pagg 31-32).
Così si rivolge
Marguerite a Virginia, dove la più burrascosa, romantica e sperimentale delle
due è colei che qui fa la maestra. Marguerite aspirerà a diventare un classico,
ma la lotta con se stessa sarà lunga prima di poter dire: "… mi annullo
più che posso. (…) Al mattino, mi sveglio presto e brucio tutto. Sopravvivono
solo poche righe, le più resistenti all'urto della lucidità del mattino."
(pagg 128-129).
Articolo apparso sul Primo amore il 13.12.2014
Nota aggiunta il 26.09.2016 Mi pare che il lavoro di ricostruzione o imitazione dello stile molto marcato di un altro scrittore sia in ogni caso un lavoro di ricerca, di orientamento verso uno stile, verso una propria individuazione, quindi vada in senso opposto alla spersonalizzazione di certe forme omologate e semplificate secondo i dettami correnti. Penso agli esempi molto espliciti di omaggio a Thomas Bernhard di Vitaliano Trevisan nei Quindicimila passi, di Mariano Baino nei confronti di Gadda in Dal rumore bianco, all'omaggio di Fabio Greco a Stefano d'Arrigo nel Nome dell'isola, oltre che a Tua Marguerite di Tiziano Colombi, su cui mi sono appena soffermata: tutti lavori da ammirare e valorizzare appunto come ricerca di uno stile.
Nota aggiunta il 26.09.2016 Mi pare che il lavoro di ricostruzione o imitazione dello stile molto marcato di un altro scrittore sia in ogni caso un lavoro di ricerca, di orientamento verso uno stile, verso una propria individuazione, quindi vada in senso opposto alla spersonalizzazione di certe forme omologate e semplificate secondo i dettami correnti. Penso agli esempi molto espliciti di omaggio a Thomas Bernhard di Vitaliano Trevisan nei Quindicimila passi, di Mariano Baino nei confronti di Gadda in Dal rumore bianco, all'omaggio di Fabio Greco a Stefano d'Arrigo nel Nome dell'isola, oltre che a Tua Marguerite di Tiziano Colombi, su cui mi sono appena soffermata: tutti lavori da ammirare e valorizzare appunto come ricerca di uno stile.
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