giovedì 3 agosto 2023

Sottotraccia

La Trilogia della scomparsa ha festeggiato già alcuni compleanni. Pubblicata da un piccolo editore senza lancio pubblicitario in un anno difficile, il 2020, ha circolato in qualche modo sottotraccia fra lettori "forti", poeti, redattori di blog letterari, critici e amanti della letteratura in tutte le sue forme.

Ecco alcuni commenti di critici intercettati:

Francesco Muzzioli

Cara Roberta Salardi,

ho terminato la lettura del suo libro, iniziata con le solite perplessità che ho sempre riguardo alla narrativa italiana. Devo riconoscere che la sua prova è interessante. Soprattutto nella costruzione della trilogia che cambia di prospettiva e di narratore (anche – nel terzo episodio – di genere del narratore, che è sempre un esercizio benemerito). Questa pluralità strutturale, che tocca l’acme nel commento intercalato del secondo episodio, è accompagnata da una buona dose di eterogeneità e interpolazione dei materiali (diari, dialoghi, lettere). Personalmente trovo che gli spunti migliori vengano dalle impennate onirico-visionarie, dalle allucinazioni deliranti e dagli esercizi di scrittura automatica (e metto in questa eredità surrealista anche l’utopia finale, che mi è parsa davvero “eroica” di questi tempi). Allo stesso tempo, fanno parte dell’eterogeneità anche le ipotesi antropologiche che attraversano il libro e gli appunti filosofici della terza parte. Qualcosa però trattiene il lavoro dentro un certo orizzonte odierno: a mio avviso è soprattutto nei dialoghi che il linguaggio è normale. Una scelta che è anche dovuta alla impostazione diaristica (confessione dell’io, sia pur di volta in volta diverso) che rende improbabili sperimentalismi a quel livello. È vero che la formula del libro consente di ritenere tutti i dialoghi un monologo mascherato, e dunque crea un monodialogismo che impegna il lettore; il punto critico resta la ricaduta esistenziale (la solitudine, l’insensatezza della vita) ovvero la risoluzione drammatica, direi, che alle somme unifica i diversi prospetti della trilogia. Penso però che nel momento attuale la complessità ottenuta per questa via sia già un buono e prezioso risultato.


La ringrazio della lettura e le auguro di procedere con coraggio e autonomia nella ricerca.

Molti saluti. Francesco Muzzioli (mail del 6.7.2021)

Massimo Rizzante

Cara Roberta,

Allora, Celati mi piace, ma sono un allievo di Kundera, che di filosofia ha letto parecchio, anche se i filosofi lavorano con i concetti mentre gli scrittori con le parole.

La cosa è ben diversa, anche se molti critici, quasi tutti, hanno fatto di Kundera un mezzo filosofo. Così come di altri scrittori che amo, vedi Broch, vedi Musil… altrimenti tirano fuori il romanzo-saggio, il romanzo-mondo, il romanzo-massimalista e altre definizioni passe-partout con cui credono di risolvere tutto… Mode accademiche…

In ogni caso da quanto ho letto, la terza parte è sì, come dici tu, raziocinante, ma mi sembra che la materia venga trattata, come è giusto che sia, da scrittore, cioè con quel senso del paradosso e con quella irriverenza che gli scrittori possono e devono permettersi. Forse dei tre è il romanzo che mi è piaciuto di più.

Perché? Perché gli altri due sono, come dici tu, più poetici. Brutalmente, troppo corporali. Del resto, questo non è un difetto. Solo che li sento di meno, sebbene dal punto di vista della costruzione sono entrambi originali. Certo, al lettore le tue costruzioni narrative possono risultare difficili da seguire, ma solo perché sono abituati a leggere le opere letterarie come articoli di giornale. Roberta, il problema della tua opera non è la tua opera, ma il lettore che non c’è quasi più: la letteratura è un modo di leggere, diceva Borges. Tra accademia e neoanalfabeti, capisci bene che i lettori che la tua opera può captare non sono molti. Ma non importa. Continua a non scomparire…

un saluto, massimo (mail del 26.10.2021)

Paolo Giovannetti

Gentile Roberta Salardi,

mantengo la promessa fatta, e le scrivo con deplorevole (però) ritardo.

In generale, si coglie il suo talento per la scrittura narrativa, e anche lo stile, la lingua lo sorreggono. Lo so che è una banalità, ma a volte validi narratori scrivono male e bravi prosatori non sanno narrare.

Il suo modo di raccontare avrebbe tratto vantaggio, però, dalla valorizzazione (quasi l’ingrandimento) di una delle tre parti in cui si divide la sua opera. Più esattamente: “Il corpo della casa” funziona bene, ha una sua coerenza e riuscita; le altre narrazioni mi sembrano non solo più deboli, ma anche poco narrative, sbilanciate come sono verso la saggistica e il diario. 

Il progetto di una trilogia, in questo senso, finisce per essere qualcosa di eccessivamente privato, autobiografico, e perde di risonanza letteraria, cioè strutturale, narrativa, persino “ideale” (nel senso che un’opera d’invenzione tende sempre a dire qualcosa di più della propria occasione privata).

Perdoni la brevità. In ogni caso, il talento c’è. Si tratta, per il futuro, di non disperderlo…

Un cordialissimo saluto, Paolo Giovannetti (mail del 28.4.2022)

Mariano Bargellini

Ciao, Roberta.

Una nota in margine di pagina, suggerita da ''Doppio diario''. Ci sono pieghe e svolte, nell'andamento della storia di Sergio, tali da rassicurarti sulla impervietà di questo romanzo breve a qualsiasi concessione obbligata, dovuta al romanzo ''generalista'' e ai canoni editoriali. La sparizione di Sergio, le sue telefonate notturne (ma non si sa di dove chiama), il ritrovamento del suo corpo in fondo a un burrone vicino a casa, misteri da risolvere (e che verrebbero risolti in un romanzo di genere), permangono viceversa irrisolti. A differenza di un romanzo di genere o qualunque. La reticenza calcolata, astuta, ha un risultato e lancia un segnale. ''Doppio diario'' vuole essere (e lo è) una narrazione letteraria. Aliena dal puro intrattenimento. Il senso della storia di Sergio, per conseguenza si complica, s'allarga.    

Mariano Bargellini (mail del 2.5.2022)

Si prosegue con commenti in tono amichevole, di lettori amici di Facebook:

Paolo Gentiluomo

Ciao. Più o meno bene. Tu? Scusa se non ti ho scritto prima, ma ho già finito da un po' il tuo trittico che mi è piaciuto, soprattutto il primo "pannello", quello dove la follia, progressiva mancanza di appigli al reale, ha un corpo che respira e palpita. Si ha la sensazione di poter toccare le cose che succedono. Il terzo "pannello" l'ho trovato un po' troppo teorico, se mi passi il termine: all'inizio un eccesso di filosofia che poi si riflette pur nella distopia. Insomma il primo l'ho trovato molto più caldo e io soffro il freddo. Il "pannello centrale" si piazza efficacemente in mezzo ali altri du­­e. Comunque il risultato finale mi è piaciuto. Sono molto curioso di leggere il testo di cui mi parli e osservarne le potenzialità. Paolo Gentiluomo. Un abbraccio e a presto (messenger di Facebook, 26.10.2020)

Rosaria Lo Russo

Che bella prosa teatrale. E che titolo. Brava

(Commento a un brano apparso su Nazione Indiana, 7.11.2020)

Giorgio Mascitelli

Cara Roberta,

Ho letto il commento di Rosaria Lo Russo e secondo me contiene una considerazione importante e cioè che c’è un aspetto da monologo teatrale a cui non avevo pensato. Io ho letto solo il primo dei tre romanzi e mi sembra senz’altro la tua cosa migliore, ma in effetti il suo punto di forza sono certi monologhi in cui emerge la soggettività della protagonista e i temi della solitudine e dell’elaborazione del lutto, più che l’articolazione narrativa che procede per giustapposizione.

Ciao Giorgio (mail del novembre 2020) 

Antonella Bontae

Ciao ho ricevuto il tuo libro. Delle tre parti di cui è composto ho preferito l’ultima. Un’opera che si distingue per lo stile e il contenuto. Brava! Antonella

(Messenger di Facebook, 11.9.2021)

Davide Gatto

Ciao Roberta, ho letto la tua Trilogia. Spremendo al massimo la sintesi: molti centri di gravità della riflessione che abbiamo in comune (il tema del corpo, quello del male “fondativo”, quello del “tutto pieno” della nostra epoca), una scrittura poetica sempre bella con alcuni apici davvero notevoli, una interiorizzazione del mondo così assoluta da farlo – appunto – scomparire. Già sai che su quest’ultimo punto stiamo agli antipodi: io predico – innanzitutto a me stesso – un ritorno al fuori, dopo decenni di esilio nel dentro. Proprio questa distanza rende però interessante – parlo per me – un confronto. Fammi sapere. A presto, Davide.

(Messenger di Facebook, 29.12.2021)

 Marina Corona

Davvero un bel libro, complimenti!

(Messenger di Facebook, 28.2.2022)

Invece Daniela Brogi:  

Cara Roberta, qualche giorno fa mi è arrivata la tua Trilogia della Scomparsa. ti ringrazio. come ti accennavo, come saprai bene, sono settimane complicate. e così ho letto rapidamente, purtroppo, ma l'ho fatto perché stimo il tuo lavoro. per lo stesso motivo allora ti dico una mia rapida impressione. è un progetto ambizioso il tuo, ben sostenuto dall'impianto; ma meno devo dire dalla qualità della scrittura, quasi forse fosse sstato più il tempo dedicato al pensiero e alla progettazione che alla stesura effettiva. Mi è mancata la cura per la frase, per le parole. io di più non posso sccriverti, perché sto lavorando anche di domenica; ma ci tenevo a dart un riscontro. a presto, Daniela (messenger di Facebook, 27.9.2020)

Prima che il libro nascesse Angelo Guglielmi ne lesse alcune parti in fieri e ne scrisse così all'autrice:

Cara Roberta Salardi

Finalmente sono riuscito a leggere il suo manoscritto, La prima parte con interesse le altre due frettolosamente perché ripetitive e uguali a se stesse

Mentre leggevo il suo primo tomo leggevo anche il romanzo di Foer “Molto forte e incredibilmente vicino” e mi compiacevo che tra i due testi scorresse lo stesso vispo disordine

I suoi personaggi sono distinti e riconoscibili ma anche indefiniti.  Martina è sorella di Fabiola  no Fabiola è solo l’amica  ha un fratello Fulvio ma Fulvio è l’ospite  che  ha accolto in casa   forse è un figlio non nato   sua figlia è morta    Valeria è sua figlia   no Valeria è figlia di Fabiola che  è sua sorella minore    no la Madre dice che ha solo un fratello e così intrecciando continuamente le parti  tra pensieri pensati azioni sognate amori veri e molta infelicità  i personaggi ombra della prima parte si mettono in scena comunicando al lettore puro piacere senza il desiderio di saperne di più. L’impressione è di un mazzo di carte mischiato e poi buttato sul tavolo mentre una mano consapevole le rimugina creando quadri sempre eccitanti.


Le altre due parti che abbandonano i salti nel buio (rinunciando alla frammentazione moltiplicativa) per un racconto lineare sono più noiose e non poco ambizione. i personaggi ridotti a due Fabiola la figlia Valeria si scambiano ragionamenti sulla vita e la morte che sono sempre difficili e corrono il rischio di cadere nella più gridosa  retorica.

Né le cose cambiano con la terza parte dove dopo un inizio positivamente disordinato torna il ron ron ideologico drammatico

Sento di essere ingiusto ma non mi pento perché penso che lavorando sulla prima parte (legga Foer che non le è lontano) può a qualcosa di veramente interessante.

Mi perdoni il ritardo e gli errori di ortografia è colpa del computer. Angelo Guglielmi 

(mail del 20.5.2016 sulla Trilogia ancora in fieri. Qui il nome Valeria è usato al posto di quello del personaggio, Virginia; lapsus del critico.)

 

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