martedì 25 marzo 2025

Renitente alla leva dei romanzieri (convenzionali): Gherardo Bortolotti

Tecniche di basso livello (Gherardo Bortolotti, Lavieri, Caserta 2009): un titolo che, fra le altre cose, potrebbe alludere al "mestiere" di scrivere. Quali sono queste tecniche? Narrative forse?

Si procede per frammenti dall'ordine scomposto, i cui numeri di riferimento non si presentano consequenziali: primo atto d'insubordinazione verso la trama. Si nota subito anche l'anomalia dei personaggi. I nomi propri iniziano con la lettera minuscola, sono nomi che potrebbero appartenere a robot e risentono di un'impronta seriale, omologata. L'uomo di Marcuse, schiacciato su un'unica dimensione e condannato a una passività appena pensierosa, abita queste pagine. L'orizzonte culturale appare circoscritto da proposte dell'industria musicale e cinematografica o, per meglio dire, legate alla produzione televisiva, alla pubblicità e alle serie, che pervadono ogni angolo della coscienza e finiscono per dissolvere ogni tentativo di pensiero autonomo e critico: "Impegnati in trame minori…", "abituati al ruolo di comparsa…" si trova scritto, "ci eravamo allontanati dai telegiornali, dalla lettura dei quotidiani, perché la realtà era un genere sclerotizzato, una nicchia di mercato sempre più ristretta e lasciata agli addetti ai lavori." (pag 17); "Lontani dagli abusi sui clandestini, seguivamo le vicende della nostra serie preferita e ci preparavamo a esprimere opinioni in merito al giorno d'oggi..." (pag 63); "La distanza tra lo stato delle cose e la curva dei nostri progetti aumentavano il senso di una conclusione incongrua (…) Senza morali da trarre, guardavamo il telegiornale, affascinati dalle immagini in movimento." (pag 69).

Ritmi televisivi e abitudini sonnolente a parte, la dimensione attiva della vita è impegnata nel lavoro, non gratificante ma, a inizio anni 2000, ancora in grado di infondere una sensazione di stabilità e sicurezza. Il Giano bifronte della condizione di lavoratori che riescono persino a elevarsi a un discreto benessere è ben espresso da frasi contrapposte come: "Le villette a schiera, i quartieri periferici ci parlavano di un benessere continuo, di una forma socialdemocratica di eternità." (pag 11); "A vantaggio di un futuro altrui, accettava l'orrore della sveglia e l'allucinazione del salario, e rimandava alle ore della sera l'occasione di pensare e di sentirsi vivo." (pag 54). Queste ultime tre righe riescono a rendere in una sintesi efficace quanta parte della vita ci venga sottratta dal lavoro, quanto di noi sia sottoposto alle dure leggi del capitale. 

Tuttavia il lavoratore dei giorni nostri è anche e soprattutto un consumatore:; "L'accessibilità della merce appariva come la controparte di un accordo rispettabile. Le campagne promozionali in corso ci procuravano una serenità più generale, quasi oggettiva." (pag 13) "Dall'attesa della morte, ci distraevano le pubblicità delle agenzie di viaggio. Come robot buoni, ci incamminavamo dentro lunghi vicoli ciechi…" (pag 53). Si subisce il fascino di "modelli di vita diffusi dal marketing di un prodotto di consumo (un dopobarba, un'automobile…)" (pag 61). E nel riferimento al dopobarba non possiamo non cogliere un richiamo all'Aldo Nove di Woobinda e del bagnoschiuma Vidal (Castelvecchi, Roma 1996). A inizio 2000 si viveva ancora nell'atmosfera degli anni Novanta in cui perduravano, indisturbate, le esigenze pervasive e ottundenti della società dei consumi.

Benché la potenza di Eros, cieca, arcaica, sia l’argomento principale di Romanzetto estivo (Tic edizioni, Roma 2021), ben lontano quindi dai desideri indotti artificialmente dalle esigenze di mercato e governabilità presenti nelle Tecniche, persino in questa raccolta di poesie, o prose poetiche, talvolta affiora l’immancabile effetto di straniamento del personaggio che, in un modo o nell’altro, sente di non avere in mano il suo destino: “… quello che mi /accade davvero accade sempre altrove… “ (pag 52).

In Tutte le camere d'albergo del mondo (Hopefulmonster, Torino 2022) si configura un orizzonte meno deterministico. Cosa rimane della costruzione di Tecniche di basso livello? Accanto a ciascun titolo di capitolo troviamo dei numeri, numeri un po' ambigui che non è chiaro che cosa indichino: il primo numero di capitolo per esempio, anziché 1, è 1002. Ve ne sono alcuni consecutivi ma a un certo punto si passa dal 1035 al 1040 oppure dal 1057 al 1065. L'osservazione più banale è che i numeri dei capitoli corrispondano a numeri di camera e che dimostrino semplicemente che alcune camere sono occupate, altre no. Ma l'arbitrio numerico potrebbe anche significare che certi capitoli sono rimasti mentre altri sono stati espunti dal capriccio dell'autore. Qualcosa manca, insomma, qualcosa di vistoso che rimanda a una forte volontà di elisione, di cancellazione. E in effetti anche le trame imbastite per ogni stanza sono stralci di vita di persone che appena s'intravedono, di cui non si conosce il passato e che non si sa cosa andranno a fare.

domenica 23 febbraio 2025

Il male oscuro

Il male oscuro (Rizzoli, Milano 1964) di Giuseppe Berto rappresenta uno degli esperimenti romanzeschi più riusciti degli anni Sessanta. L'autore si concede di lasciarsi andare a un flusso ininterrotto quasi senza punteggiatura sul suo stato d'ansia solo parzialmente spiegabile. Mentre si può riscontrare, a distanza dall'effetto sorpresa del 1963, un certo manierismo in alcuni romanzi dei Novissimi, constatiamo la piena ragion d'essere e modernità del Male oscuro. Il legame con Svevo è dichiarato a pag 314 dell'edizione Neri Pozza (Vicenza 2016). Ma è presente già nel riferimento al nome Augusta per la figlia (moglie di Zeno nella Coscienza) e, per esempio, nel gioco con sé stesso che fa il protagonista di Berto nel rimandare a più riprese la stesura del quarto capitolo della sua opera, così come Zeno rimandava continuamente il momento in cui avrebbe smesso di fumare. "... il capolavoro per dirla francamente era una specie di gioco a rimpiattino tra me e le mie disgrazie, ossia tre capitoli bene o male ero riuscito a scriverli e forse neanche tanto male ma poi la faccenda era rimasta lì ed era anche del tutto improbabile che andasse avanti inquantoché della speranza di andare avanti io avevo bisogno come della salute con la quale in fin dei conti era tutta una cosa..." (pag 317). Giocare a nascondino con le proprie tentazioni (la sigaretta) o illusioni (il capolavoro)... Giuseppe Berto capisce che sia Zeno sia il suo personaggio prendono in giro sé stessi, che la loro nevrosi li prende in giro, quindi occorre cercare una cura. I malati meglio avviati sulla strada della guarigione sono senz'altro quelli curiosi nei confronti dei loro malesseri.

Solo che proprio quando le cose sembrano essersi messe a posto, il protagonista del Male oscuro acquisisce fiducia in sé stesso e persino il suo analista lo congeda dicendogli che è guarito, la vita gli fa uno sgambetto, lo mette alla prova con un'inattesa separazione della moglie e lui riprecipita in uno stato di debolezza. Troppo facile un lieto fine.