domenica 20 gennaio 2019

Conversazione con alcuni antispecisti

Fra gli oppressi oggi rientrano a pieno titolo anche gli animali e le piante. Il conflitto tra uomo e uomo, che sembra meno cruento nell’Occidente benestante o limitato ad aree circoscritte del pianeta o tenuto in qualche maniera a bassa intensità, si è spostato col suo enorme potenziale tecnico sulla natura, gravemente e pericolosamente depauperata. Sono drammatici, per esempio, i numeri relativi alla riduzione della biodiversità o alle macellazioni di animali d’allevamento, la cui alimentazione richiede taglio di foreste ed enorme quantità d’acqua, con pesanti conseguenze sulla vita vegetale, animale e umana.


Roberta: E’ da poco trascorso il Natale, festa religiosa trasformata in festa dei grandi consumi. In rapporto all’equilibrio delle forme viventi e delle risorse sul pianeta, quali consumi secondo voi dovremmo soprattutto contenere?
  
Ornella: E' il consumismo in sé,  pratica promossa dal capitalismo e dal neoliberismo, che dovremmo abbattere, Natale o meno.

Gigia: E il natale ne è l'apoteosi... ma direi soprattutto consumi alimentari, visto che periodi come questo sono caratterizzati dalle grandi abbuffate, e i soliti ne fanno le spese... 

Aldo: La domanda stessa è regressiva rispetto a quanto già è acquisito. Ogni antispecista sa già come regolarsi individualmente, ma sa anche che "normativizzare" e dare indicazioni a altri è praticamente inutile.

Ale: si dovrebbe iniziare a fare il contrario di quel che si fa di solito. Se a natale, invece di regalar oggetti, ognuno facesse un NON regalo (si facesse dare dall'amico un oggetto inutile di cui sbarazzarsi) ci accorgeremmo di quanta inutilità siamo circondati.

Fabio: A livello dei singoli andrebbe adottato uno stile di vita più “parco” riducendo il più possibile le spese superflue come, ad esempio, il cambio del telefonino ogni 6 mesi, comprare dei vestiti quando veramente servono, convertire i regali di Natale con versamenti ad associazioni che operano nel sociale o meglio animaliste impegnate a diffondere l’antispecismo e la tutela degli animali salvati e da salvare. Per quanto riguarda l’aspetto sociale più ampio, penso che il sistema non arretrerà di neanche un millimetro sulla scia d’imporre alla popolazione elevati consumi. Forse, un amministratore comunale “illuminato” potrebbe adottare politiche locali all’insegna del risparmio e della riduzione degli sprechi (dal problema dei rifiuti a quello delle sacche d’inefficienza, ecc…).


Roberta  Il movimento antispecista è intrecciato alla questione ambientale e all’emergenza inquinamento?

Ornella: Il movimento antispecista si dovrebbe muovere, in maniera intersezionale, per evidenziare e quindi analizzare i livelli di forza e di oppressione che riguardano lo sfruttamento e la presa antropocentrica  sui viventi e sulla terra. E' l'antropocentrismo la causa principale della devastazione ambientale e di messa a morte dei corpi che non contano.  

Gigia: Si può parlare di corpi e non del loro spazio vitale? 

Aldo: Se si parla di corpi è d'obbligo parlare dello spazio vitale. Quindi, direi di sì, ma forse bisognerebbe ripensare anche la questione ambientale secondo una prospettiva che non sia quella oggi diffusa.

Ale: Dipende da che punto di vista si guarda alla faccenda. Se si considera l'inquinamento causato dagli allevamenti intensivi innanzitutto un danno per l'ambiente (e non si considera principalmente la inimmaginabile sofferenza animale) la questione ambientale e l'inquinamento hanno poco o nulla a che fare con il movimento antispecista. Viceversa, se si considera la tragedia che gli animali subiscono nella distruzione degli habitat, il tema è centrale anche per l'antispecismo. 

Fabio: Purtroppo no e a mio avviso lo dovrebbe essere con molta forza e determinazione. Sembra che il movimento antispecismo in generale non colga lo stretto collegamento tra presenza (numerica e tecnologica) dell’essere umano sul pianeta terra, insieme agli altri viventi. Vuol dire cercare di mettere la nostra specie al nostro posto calcolando la capacità portante e osservando la nostra impronta ecologica, per determinare e decidere quali e quanti spazi utilizzare per la nostra specie e rimettere in discussione la riproduzione della nostra società con tutto ciò che essa comporta. Pur essendo antispecisti, alcuni, non colgono il loro stesso atteggiamento antropocentrico (frutto di millenni di educazione e insito nel nostro DNA); non si rendono ancora conto che una società pacificata ed in armonia con gli altri viventi, può realizzarsi solo attraverso pesanti trasformazioni sociali e, parallelamente, attraverso un rivolgimento interiore che gran parte di noi ancora non vogliono accettare.

 Roberta:  E’ saggio condividere battaglie o scelte economiche proposte per esempio dalla green economy?

Ornella:   A questa domanda risponde Aldo, che è meglio.

Aldo: La green economy (e anche la blue economy) è prona al sistema capitalistico, quindi da rigettare. 

Ale:  Il fatto che il nostro sistema economico e sociale spinga fortemente verso la green economy dovrebbe dire molto su cosa sia questa economia e sulle sue illusorie soluzioni. È possibile che la green economy sposti un po' più in là l'esaurimento delle risorse energetiche ma solo se saprà anche ridurre (almeno di un po' i consumi). Di certo non sposta nulla rispetto alla direzione in cui la società capitalista sta precipitando se stessa e il resto dei viventi.

Fabio:  La green economy è solo un palliativo e rimanda a una data più in là nel tempo la nostra futura autoestinzione (e quella di numerosissime altre specie). Comunque, è un passaggio obbligato che dovremo prendere in considerazione ma in prospettiva di un programma di trasformazione profonda della società attuale; se si adotterà mantenendo l’attuale status quo, tutto ciò sarà perfettamente inutile.


Roberta:  Le grandi questioni della guerra o della diseguaglianza sociale sono oggetto di attenzione anche per il movimento antispecista o rimangono esterne al suo discorso?

Ornella: Il movimento antispecista si dovrebbe muovere in un'ottica di abbattimento di ogni gerarchia, di ogni categorizzazione.  Include e ingloba naturalmente l'antimilitarismo e l'uguaglianza sociale  tra le sue pratiche, messe in campo essenzialmente come  contrasto al capitalismo.

Aldo: Francamente mi sembra un programma troppo ambizioso per come l'antispecismo si è formato. A mio modo di vedere ci vorrebbe una nuova teoria che incorporasse gli obiettivi dell'antispecismo in un quadro più ampio. ma allora non sarebbe più antispecismo. Sarebbe un'altra cosa.

Ale: Alcune frange del movimento antispecista sono consapevoli del bisogno di sostenere una posizione politica ben precisa anche su questioni intraumane, ma si tratta di una piccola percentuale degli antispecisti.

Fabio:  Questi argomenti sono molto intrecciati con il movimento antispecista,  perché le ragioni di fondo che fanno in modo che alcune classi sociali o alcuni gruppi umani siano vessati, attraverso dei rapporti di forza, sono le stesse che giustificano l’orrore che riserviamo agli animali. Con le dovute differenze, il movimento antispecista si dovrebbe confrontare con queste problematiche di disuguaglianza sociale interrogandosi su quali sono i meccanismi profondi che permettono e giustificano la violenza inter e intra specifica.


Roberta:   “L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui, l'inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l'inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all'inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”: queste le parole di Italo Calvino nelle Città invisibiliOgnuno di noi può cercare nel suo piccolo di avere comportamenti meno distruttivi nei confronti della natura. Se non si riesce a rivoluzionare completamente il proprio stile di vita, si può cercare di attuare una riforma su se stessi per contenere i danni. Diteci 5 buoni propositi per l’anno nuovo che non siano di difficilissima attuazione.

Ornella:  Se, come è vero, l'inferno dei viventi è già qui, non bastano certo  i buoni propositi  né un cambiamento di stile di vita. Occorre al contrario un serio e quanto mai urgente, rovesciamento strutturale  dell'inferno stesso per  dare vita a una nuova convivenza dove l'inferno non sia. 

Aldo:  Perfetto. Non ci sono enclave dentro l'inferno. Solo che per rovesciare un sistema occorrono due cose: Per prima cosa occorre che quel sistema sia giunto al capolinea. E fin qui ci siamo. Poi occorre sapere con cosa sostituirlo. E qui non siamo a zero, ma a meno di zero.

Ale: Il problema è che chi è causa dell'inferno (le nostre società opulente e noi ricchi occidentali) non lo vede o, se lo vede, non vuole modificare nulla perché ogni modifica significherebbe accettare la logica di abbassare lo standard di vita medio. Il cambiamento causato dal cambiamento individuale è un'illusione prodotta dal sistema stesso che finge di potersi fare modificare dai suoi singoli cittadini/consumatori. L'unico motivo valido per "cambiare a livello personale", nel "proprio piccolo", è quello di allenarsi a imparare a vivere con poco, cercando di proiettarsi con la fantasia nel futuro. Magari si scopre di poter fare a meno di tantissime cose e vivere lo stesso bene. Senza la paura di diventare troppo poveri sarà più facile tentare una rivoluzione?
Propositi: più determinazione, più allegria, più aggressività, più amicizia, più solidarietà

Fabio:  Compro solo ciò che mi serve (senza essere influenzato dalla moda e dalla pubblicità).
2. Cerco di fare il contrario di quello che il sistema propone: dall’acquisto di oggetti agli ambienti da frequentare.
3. Mi libero delle cose inutili (vestiti, oggetti, ecc..) che non uso più regalandoli a chi ne ha più bisogno.
4. Limito il più possibile i viaggi dall’altra parte del pianeta terra, non contribuendo all’inquinamento e alla depauperazione di posti bellissimi che dovrebbero restare incontaminati e non rovinati dalla presenza umana.
5. Devolvo parte dei mie guadagni ad associazioni ONLUS e/o no profit che si occupano di animali, o a organizzazioni che si occupano di dignità umana (penso, per citarne un paio, ad esempio all’accoglienza dei migranti, oppure alla VIDAS che procura un’assistenza umanitaria a chi sta per morire per una grave malattia).

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