"Alla fine avevano spazzato via anche l'ultimo dei
moicani, sapete quelli con la cresta e con i cani dietro. Non ricordo bene
com'era successo: se gli avevano sparato mentre manifestava o l'avevano
bruciato vivo su una panchina. So solo che in quel periodo c'era un grande
infuriare di telegiornali e si vedeva che li pestavano tutti quanti a più non
posso: gli strani e gli stranieri, i moicani con la zazzera e quelli con la
testa rasata, i manifestanti tutti colorati e quelli tutti vestiti di nero, i
mascherati, gli smascherati e compagnia cantante. Li inseguivano perfino con le
camionette su per i marciapiedi per riuscire a bloccarli e a calpestarli in
tutte le direzioni.
Più c'erano i pestaggi e gli squartamenti, più
aumentava l'audio e la mondovisione. La mondovisione era a tutto campo e ci
spiazzava da ogni parte. Il mondo era uno sconquasso e una visione continua di
bombardamenti, di strazi e di sculettamenti perpetui, ché gli sculettamenti in
special modo si dimenavano sopra tutto, anche nei giochi che trasmettevano
all'ora di cena e anche nelle letterine dell'alfabeto. Quelle che erano più di
moda erano le veline, donne molto vellutate e leggere, sempre danzanti e
svolazzanti come dei veli appunto; ma erano anche le notizie del telegiornale,
che arrivavano sempre all'improvviso, quando meno te l'aspettavi, ed erano
disgrazie che volavano sempre dappertutto, come la disgrazia di quell'onda
gigantesca che ha cancellato un pezzo della Terra, o la disgrazia di sempre
nuovi uragani, o il terremoto che è arrivato pure da noi, in mezzo ai paesi nel
cuore della notte.
I
bombardamenti, poi, erano sparsi qua e là. Ogni tanto qualcuno veniva
bombardato in qualche villaggio lontanissimo o in qualche casa poverissima che
non avevano neppure da mangiare (e se ce l'avevano, sta' tranquillo che
gliel'andavano a strappare). I più sfortunati erano i palestinesi, che si
trovavano sempre nel posto sbagliato. Loro in realtà stavano fermi sempre nello
stesso punto, per farli stare più fermi li rinchiudevano pure dentro dei muri e
nelle prigioni; le bombe li centravano con facilità, anzi forse le bombe
continuavano a cadere lì proprio perché erano i più facili da colpire. Gli
altri colpiti erano gli iracheni, quasi sempre incappucciati: o erano
incappucciati perché avevano rapito qualcuno, o erano incappucciati perché
erano loro i catturati e dovevano stare sotto le torture. Sempre un cappuccio
avevano in testa, dimodoché non si capiva chi era iracheno e chi no. Poi sono
arrivati i pericoli sui treni e nella metropolitana, che sembrava che anche lì
sotto doveva arrivare qualche bomba. Ma non è arrivata, almeno da noi. Il tempo
di tirare un respiro di sollievo e i treni hanno cominciato a correre in fiamme
da soli all'altissima velocità, senza bisogno di una bomba… e ci è arrivato
addosso il crollo delle banche e l'inquinamento tossico che non si riesce più a
respirare... Dicono che fra poco non avremo più aria e nemmeno acqua, tant'è
vero che la conserviamo chiusa nelle bottigliette. (...)
Mia figlia Oxavia manifestava avvolta nella
bandiera della pace. Quando tornava dalle manifestazioni la faceva sventolare
anche dal balcone di casa sua, che un vigile le aveva detto di toglierla ma
lei, imperterrita, l'aveva lasciata. Adesso si vestiva dei colori più diversi e
spaiati e si sentiva amica di tutti, specialmente dei popoli più poveri e
lontani, ché di amicizie coi vicini ne aveva sempre avute poche. Sbalestrata
com'era, andava e tornava continuamente dai suoi viaggi, ché non si sapeva mai
dove stava di casa, se aveva ancora il compagno di prima o se ne aveva un
altro; ma io indovinavo che presto o tardi con quel caratterino che si
ritrovava, e specialmente con quel corpo secco secco che sembrava arrabbiato
col mondo intero, a dispetto delle bandiere (improvvisamente dimagrita non si
sa perché, secondo me per nuovi dispiaceri di cuore), doveva restare da sola,
ché in Italia le donne piacciono un po' grassottelle e anche un po' casalinghe
se possibile, e non troppo nervose.
Ché dentro le pareti domestiche come niente da un
giorno all'altro ti succedono le peggior cose.
In tivù ti facevano vedere pure la plastica delle
stragi in famiglia: come si sono rincorsi dentro tutte le stanze per cercarsi e
riuscire poi ad ammazzarsi. Una fine nei più piccoli angoli anche dei più
piccoli bambini, che certuni li buttano perfino giù dalle finestre appena nati
perché nessuno li veda, oppure li mettono nei cassetti dell'immondizia o nei
cestini, tanto piccoli sono che stanno perfino nei cestini. Oppure volano giù
dai balconi tutti insieme, figli e genitori, bambini piccoli, bambini grandi,
papà e mamma, tutti stretti stretti che si tengono pure per mano, tutti che non
sanno più come andare avanti. Li trovi nei cortili o sui cumuli
dell'immondizia, che tra l'altro è cresciuta parecchio. Ci sono dei filmati,
tutti sempre nella mondovisione, con l'immondizia che arriva già al secondo o
al terzo piano (una mattina si son svegliati e han trovato scatolette e
cartacce sul balcone, non lasciate lì dalla sera prima, ma che crescevano dal
basso come erba rampicante) e sarà anche per questo che le famiglie ci si
buttavano così facilmente, forse attirate dall'atterraggio morbido sui rifiuti.
I rifiuti crescevano e le famiglie ci nuotavano sempre più dentro… Quello che
abbiamo capito è che nella spazzatura noi ci affondavamo proprio bene, che ci
arrivava fino alla gola e anche più su.
Poi la scena cambiava e dentro le stanze private
venivano inquadrati ragazzi e ragazze che giocavano a rincorrersi, si tiravano
di tutto, si pestavano, si strappavano i capelli, si baciavano e pure si
strappavano la fidanzata l'uno con l'altro. Insomma, le stanze erano sempre
corse e rincorse da un grande viavai di fidanzati e fidanzate brilli o
ammattiti. Certuni su dei piccoli divani che sembravano proprio i lettini della
casa delle bambole o di Biancaneve riuscivano perfino a fare le cose segrete
segretissime sempre sotto le registrazioni che non li perdevano di vista un
istante. C'era sempre una luce accesa anche di notte, una luce continua che non
spariva mai ed era l'occhio illuminato della televisione. Tutti erano molto
interessati alle storie di quella casa di bambole e di innamorati, le
guardavano a tutte le ore, pure mentre si mangiava e mentre si dormiva. Nessuno
dormiva più, nessuno aveva più voglia di dormire, i ragazzi ballavano tutta la
notte e anche di mattina, poi prendevano l'auto e correvano sulle strade a gran
velocità, senza mai dormire, senza fermarsi mai…
Nemmeno io ho più sonno e me ne sto qui a
chiacchierare del tutto e del più…" (pagg 48-52)
Roberta Salardi, Ventriloquio della crisi, Effigie, febbraio 2017
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