Questo l'incipit del gustosissimo Limbo delle fantasticazioni di Ermanno Cavazzoni: "Il primo grande guaio delle faccende artistiche, letteratura compresa, è che sembrano promettere una via accelerata al successo. (...) In questo senso l'arte e la letteratura può essere una brutta faccenda, di prevaricazioni, una strada accelerata per la vendetta sul genere umano; e i suoi prodotti bolle d'aria, gonfie di vanagloria (e di puzza)." (Quodlibet, Macerata 2009, p 7)
"E' così che si genera uno stato permanente di guerra tra tutti gli artisti. Mentr'invece questo è un campo in cui dovrebbe regnare la pace come di fatto regnava in Siria, in Palestina, in Egitto, nel III, IV, V secolo dopo Cristo, quando ci vivevano sparsi a distanza di due o tre chilometri l'uno dall'altro i grandi santi anacoreti, ognuno nascosto nella sua grotta, o esposto al sole e alle mosche, magari in piedi su una colonna, e i miracoli venivano da soli, non li cercavano, guai!; e così la gloria eterna, guai a cercarla!; un santo anzi stava nascosto, dissimulato (come dovrebbe fare un artista)..." (p 10)
La continuazione del discorso: "... se l'eremita non cedeva, continuava ad esempio a fare il suo lavoro in tutta umiltà e concentrazione, allora poteva accadere che improvvisamente splendesse, le campane suonavano e chi era rimasto se era cieco vedeva, e i paralitici anche loro si mettevano a correre..." (p 11)
"Purtroppo quest'epoca della santità ad un certo punto è finita molti secoli fa, ed è subentrata l'era dell'arte, la quale tuttavia possiede io credo una regola interna un po' simile. E come non c'è il colpo gobbo tra i santi, credo che anche nell'arte e nella letteratura, l'idea del colpo gobbo sia un'idea controproducente (un'illusione del diavolo), o comunque un handicap grave già in partenza." (p 12)
Un paragone analogo si trova in una frase del critico Gian Maria Annovi reperibile nella raccolta di scritti sul romanzo sperimentale (Gruppo 63. Il romanzo sperimentale. Col senno di poi, L'orma editore, Roma 2013): "La foresta urbana del Romanzo sperimentale, in cui non fatico a confessare di essermi perduto anch'io, è fatta però d'alberi alquanto strani. Si tratta di tronchi senza rami, colonne di varia altezza, tralicci, pali della luce sulla cui sommità si trovano, come stiliti, non stinchi di santo ma scrittori sperimentali." (pag 386).
Un paragone analogo si trova in una frase del critico Gian Maria Annovi reperibile nella raccolta di scritti sul romanzo sperimentale (Gruppo 63. Il romanzo sperimentale. Col senno di poi, L'orma editore, Roma 2013): "La foresta urbana del Romanzo sperimentale, in cui non fatico a confessare di essermi perduto anch'io, è fatta però d'alberi alquanto strani. Si tratta di tronchi senza rami, colonne di varia altezza, tralicci, pali della luce sulla cui sommità si trovano, come stiliti, non stinchi di santo ma scrittori sperimentali." (pag 386).
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