Dopo il saggio Senza trauma di Daniele Giglioli del 2011. ripubblicato da Quodlibet nel 2022, ci sono state una pandemia, una guerra in Europa che dura da quasi quattro anni e non accenna a finire, un'escalation militare nella Ue con evocazione di guerra nucleare, un genocidio sulla costa orientale del Mediterraneo nella zona incandescente del Medio Oriente non ancora pacificata. Gli capitavano in mano da commentare più che altro testi di occidentali benestanti, di una borghesia pasciuta che al massimo guardava bombardamenti lontani alla televisione.
venerdì 19 dicembre 2025
venerdì 10 ottobre 2025
Una donna che riesce a non essere triste
Un bel libro di un piccolo editore indipendente (Exòrma) passato quasi inosservato: La donna che pensava di essere triste di Marita Bartolazzi (Roma, 2017). Il testo onirico e fiabesco è stato paragonato, nelle poche recensioni ricevute, ad Alice nel paese delle meraviglie, ma a me pare vicino a una fiaba moderna, che ha sullo sfondo una società alienata cui la protagonista cerca di sottrarsi non inserendosi in contesti definiti, non riferendosi mai a nulla di concreto, e rifugiandosi in un mondo immaginario e protetto. I personaggi con cui si relaziona, sebbene fantastici come gli animali parlanti, evocano figure di un mondo domestico che potrebbe appartenere a tutti: figli che qui appaiono e scompaiono lasciati a giocare al Supermercato; un Monumento che potrebbe somigliare a un fidanzato, perché si prende il tè con lui e vorrebbe trasferirsi a casa della donna; una Venditrice di liquerizia dell'infanzia; un Sarto che tiene comizi e inaugura un museo, il quale sottolinea la necessità di passare all'età adulta con il proprio corredo di abiti da lavoro. Nel discorso del Sarto nelle pagine finali del libro, in questo richiamo alla realtà, mi pare percepibile un'ironia che allude ai limiti molto marcati dei nostri sogni.
La "donna che pensava di essere triste", per tentare di attenuare la sua tristezza, un po' come facciamo noi nel mondo reale, fa un viaggio, sogna altri viaggi, va al Supermercato essenzialmente per comprare sogni, cerca altre sé stessa perse e talvolta dimenticate, ha un Gatto serafico e saggio che le parla e riesce a consolarla senza alcuno sforzo.
mercoledì 10 settembre 2025
Il narratore che indaga su sé stesso...
... è quello che m’interessa precipuamente in un romanzo. Lo trovo qui nel Sillabario all'incontrario di Ezio Sinigaglia (Terrarossa, Bari 2023). Pure l’indicazione “all’incontrario” è spia del fatto che ci troviamo in un campo diverso dal solito (un campo minato? Vedremo). Non avremo a che fare con dei personaggi, generalmente visti dall'esterno (almeno, non solo con dei personaggi), ma con un io, con una persona ovvero il personaggio-uomo (come si espresse un celebre critico* a proposito dei più significativi romanzi che edificarono la letteratura novecentesca). È sotto i riflettori l’essere umano che cerca di comprendere sé stesso.
“All’incontrario”: dichiarazione esplicita di sovversione. Quale, per esempio? Il testo è più che narrativo, analitico; più che sviluppato in orizzontale, sviluppato in profondità; più che svolgimento di fatti, considerazione di parole-chiave.
L’oscurità, la zona d’ombra su cui s’indaga è la depressione, al cui vortice centrale si cerca di avvicinarsi attraverso le sonde delle parole-chiave, che in effetti sono calamite di significati, risonanze, reminiscenze, simili ai densi elementi del sogno.
A questa struttura romanzesca predisposta alla meditazione, all’approfondimento, all’analisi, infonde ritmo il tambureggiare della punteggiatura. Anch’essa si presenta anomala, trasgressiva. La briosa cadenza dei due punti fa pensare a un mare increspato, un mare in apparenza abbastanza tranquillo ma le cui piccole onde incalzanti mandano sott'acqua i nuotatori senza che neppure se ne accorgano. Sono poche le pause vere e proprie, i punti fermi. Si naviga su un mare inquieto, continuamente mutevole. Infatti, quando il narratore sfida il lettore apertamente a trovare una bussola, un sicuro orientamento, il lettore capisce al volo di trovarsi difficoltà. Deve mettere alla prova la sua intelligenza, la sua intuitività, il suo istinto per comprendere la materia affascinante ma sfuggente.
Tuttavia, completato l’alfabeto, seppur rovesciato e trasgredito in più punti (non per rendere le cose difficili, per puro gusto provocatorio e sottilmente maligno, ma perché le cose sono in effetti difficili), la mia risposta di lettrice all’enigma proposto dall’autore è che le cause nascoste dello stato presente siano celate soprattutto nei capitoli Narcosi, Eros, Dilazione, Bambini. S’intravede la terribile ombra del sacrificio, ma nel mare increspato, a volte tumultuoso, di questa navigazione complicata, le certezze sfuggono rapidamente, le immagini si disfano in un batter d’occhio; si è inoltre distratti dalle piacevoli digressioni dettate dall’ironia, dalle intemperanze, dal fluire della vita, che nella sua maniera inaspettata, totalmente gratuita, persino in alcuni momenti difficili, è capace di doni generosi, tali da ribaltare tutto.
* Giacomo Debenedetti
martedì 25 marzo 2025
Renitente alla leva dei romanzieri (convenzionali): Gherardo Bortolotti
Tecniche di basso livello (Gherardo Bortolotti, Lavieri, Caserta 2009): un titolo che, fra le altre cose, potrebbe alludere al "mestiere" di scrivere. Quali sono queste tecniche? Narrative forse?
Si procede per frammenti dall'ordine scomposto, i
cui numeri di riferimento non si presentano consequenziali: primo atto
d'insubordinazione verso la trama. Si nota subito anche l'anomalia dei
personaggi. I nomi propri iniziano con la lettera minuscola, sono nomi che
potrebbero appartenere a robot e risentono di un'impronta seriale, omologata. L'uomo di Marcuse, schiacciato su un'unica
dimensione e condannato a una passività appena pensierosa, abita queste pagine. L'orizzonte culturale appare circoscritto da
proposte dell'industria musicale e cinematografica o, per meglio dire, legate
alla produzione televisiva, alla pubblicità e alle serie, che pervadono ogni
angolo della coscienza e finiscono per dissolvere ogni tentativo di pensiero
autonomo e critico: "Impegnati in trame minori…", "abituati
al ruolo di comparsa…" si trova scritto, "ci eravamo allontanati dai
telegiornali, dalla lettura dei quotidiani, perché la realtà era un genere
sclerotizzato, una nicchia di mercato sempre più ristretta e lasciata agli
addetti ai lavori." (pag 17); "Lontani dagli abusi sui clandestini,
seguivamo le vicende della nostra serie preferita e ci preparavamo a esprimere
opinioni in merito al giorno d'oggi..." (pag 63); "La distanza tra lo
stato delle cose e la curva dei nostri progetti aumentavano il senso di una
conclusione incongrua (…) Senza morali da trarre, guardavamo il telegiornale,
affascinati dalle immagini in movimento." (pag 69).
Ritmi televisivi e abitudini sonnolente a parte,
la dimensione attiva della vita è impegnata nel lavoro, non gratificante ma, a
inizio anni 2000, ancora in grado di infondere una sensazione di stabilità e
sicurezza. Il Giano bifronte della condizione di lavoratori che riescono
persino a elevarsi a un discreto benessere è ben espresso da frasi contrapposte
come: "Le villette a schiera, i quartieri periferici ci parlavano di un
benessere continuo, di una forma socialdemocratica di eternità." (pag 11);
"A vantaggio di un futuro altrui, accettava l'orrore della sveglia e
l'allucinazione del salario, e rimandava alle ore della sera l'occasione di
pensare e di sentirsi vivo." (pag 54). Queste ultime tre righe riescono a
rendere in una sintesi efficace quanta parte della vita ci venga sottratta dal
lavoro, quanto di noi sia sottoposto alle dure leggi del capitale.
Tuttavia il lavoratore dei giorni nostri è anche e
soprattutto un consumatore:; "L'accessibilità della merce appariva come la
controparte di un accordo rispettabile. Le campagne promozionali in corso ci
procuravano una serenità più generale, quasi oggettiva." (pag 13)
"Dall'attesa della morte, ci distraevano le pubblicità delle agenzie di
viaggio. Come robot buoni, ci incamminavamo dentro lunghi vicoli ciechi…"
(pag 53). Si subisce il fascino di "modelli di vita diffusi dal marketing
di un prodotto di consumo (un dopobarba, un'automobile…)" (pag 61). E nel
riferimento al dopobarba non possiamo non cogliere un richiamo all'Aldo Nove di
Woobinda e del bagnoschiuma Vidal (Castelvecchi, Roma 1996). A inizio
2000 si viveva ancora nell'atmosfera degli anni Novanta in cui perduravano,
indisturbate, le esigenze pervasive e ottundenti della società dei consumi.
Benché
la potenza di Eros, cieca, arcaica, sia l’argomento principale di
Romanzetto estivo (Tic edizioni, Roma 2021), ben lontano quindi dai
desideri indotti artificialmente dalle esigenze di mercato e governabilità
presenti nelle Tecniche, persino in questa raccolta di poesie, o prose
poetiche, talvolta affiora l’immancabile effetto di straniamento del
personaggio che, in un modo o nell’altro, sente di non avere in mano il suo
destino: “… quello che mi /accade davvero accade sempre altrove… “ (pag 52).
In Tutte le camere d'albergo del mondo (Hopefulmonster, Torino
2022) si configura un orizzonte meno deterministico. Cosa rimane della
costruzione di Tecniche di basso livello? Accanto a ciascun titolo di
capitolo troviamo dei numeri, numeri un po' ambigui che non è chiaro che cosa
indichino: il primo numero di capitolo per esempio, anziché 1, è 1002. Ve ne
sono alcuni consecutivi ma a un certo punto si passa dal 1035 al 1040 oppure
dal 1057 al 1065. L'osservazione più banale è che i numeri dei capitoli
corrispondano a numeri di camera e che dimostrino semplicemente che alcune
camere sono occupate, altre no. Ma l'arbitrio numerico potrebbe anche
significare che certi capitoli sono rimasti mentre altri sono stati espunti dal
capriccio dell'autore. Qualcosa manca, insomma, qualcosa di vistoso che rimanda
a una forte volontà di elisione, di cancellazione. E in effetti anche le trame
imbastite per ogni stanza sono stralci di vita di persone che appena
s'intravedono, di cui non si conosce il passato e che non si sa cosa andranno a
fare.
domenica 23 febbraio 2025
Il male oscuro
Il male oscuro (Rizzoli, Milano 1964) di Giuseppe Berto rappresenta uno degli esperimenti romanzeschi più riusciti degli anni Sessanta. L'autore si concede di lasciarsi andare a un flusso ininterrotto quasi senza punteggiatura sul suo stato d'ansia solo parzialmente spiegabile. Mentre si può riscontrare, a distanza dall'effetto sorpresa del 1963, un certo manierismo in alcuni romanzi dei Novissimi, constatiamo la piena ragion d'essere e modernità del Male oscuro. Il legame con Svevo è dichiarato a pag 314 dell'edizione Neri Pozza (Vicenza 2016). Ma è presente già nel riferimento al nome Augusta per la figlia (moglie di Zeno nella Coscienza) e, per esempio, nel gioco con sé stesso che fa il protagonista di Berto nel rimandare a più riprese la stesura del quarto capitolo della sua opera, così come Zeno rimandava continuamente il momento in cui avrebbe smesso di fumare. "... il capolavoro per dirla francamente era una specie di gioco a rimpiattino tra me e le mie disgrazie, ossia tre capitoli bene o male ero riuscito a scriverli e forse neanche tanto male ma poi la faccenda era rimasta lì ed era anche del tutto improbabile che andasse avanti inquantoché della speranza di andare avanti io avevo bisogno come della salute con la quale in fin dei conti era tutta una cosa..." (pag 317). Giocare a nascondino con le proprie tentazioni (la sigaretta) o illusioni (il capolavoro)... Giuseppe Berto capisce che sia Zeno sia il suo personaggio prendono in giro sé stessi, che la loro nevrosi li prende in giro, quindi occorre cercare una cura. I malati meglio avviati sulla strada della guarigione sono senz'altro quelli curiosi nei confronti dei loro malesseri.
Solo che proprio quando le cose sembrano essersi messe a posto, il protagonista del Male oscuro acquisisce fiducia in sé stesso e persino il suo analista lo congeda dicendogli che è guarito, la vita gli fa uno sgambetto, lo mette alla prova con un'inattesa separazione della moglie e lui riprecipita in uno stato di debolezza. Troppo facile un lieto fine.